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SLIPKNOT – All Hope Is Gone

SLIPKNOT - All Hope is Gone

SLIPKNOT - All Hope is Gone

Chi di voi conosce gli Slipknot? Finalmente, dopo 4 anni di lunga attesa, i 9 “operai” provenienti dall’Iowa sono tornati con il loro ultimo lavoro, “All Hope is Gone”: un album certamente complesso e strutturalmente delicato, che si discosta in maniera abbastanza sostanziale dal loro stile originario e, in quasi ogni sua traccia, stupisce per la capacità degli oramai affermati artisti americani di inserire sorprendenti elementi innovativi nel solco della loro personale storia musicale.

Il fatto essenziale è che chiunque non abbia un minimo di conoscenza musicale (del panorama moderno, naturalmente) e senta pronunciare la parola Slipknot, subito pensa ad un incomprensibile alternarsi di sbidonamenti (apparentemente) insensati e ad un fastidioso ronzio di grida convulse: non è affatto così.

Oddio, se si ascolta “troppo” rapidamente un album come Iowa davvero non si può non concordare con una simile impressione; tuttavia nel corso degli anni il loro stile si è considerevolmente evoluto, lasciando filtrare alcuni (notevoli?) spiragli di melodia e, soprattutto, perfezionando in maniera pressoché esponenziale la sezione ritmica, già di per sè molto precisa e potente grazie alla sola presenza di quel funambolico artista della bacchette qual è Joey Jordison. Allo stesso tempo non va assolutamente dimenticata la grande esperienza accumulata e maturata dal cantante Corey Taylor (assieme a Jim Root) negli Stone Sour, inizialmente personalissimo side-project di #8 ed ora invece conclamata realtà della musica hard-melodic rock: le atmosfere più calde e, per molti versi, intime, così come una timbrica meno urlata e molto più (fisicamente e psicologicamente) sentita, hanno considerevolmente aumentato la versatilità vocale e la profondità testuale di Taylor, il quale riesce oggi ad alternare spoken words, growl, grida e cantato melodico in maniera assolutamente naturale e sublime, dando anima e corpo a parole dai significati tanto astratti quanto però vibranti.

Proprio i precedentemente citati spiragli di melodia riaccendono, però, l’atavico problema dei cosiddetti puristi del metal: non appena una band universalmente riconosciuta come metallica (per cortesia, l’aggettivo metallaro lasciamolo ai più riprovevoli fanatici di questo straordinario genere musicale) si azzarda ad inserire un ritornello vagamente orecchiabile (catchy, per usare un termine più propriamente internazionale), ecco che subito viene tacciata di “commercialità”, di “degradazione”, addirittura di “schifezza”. Per quale ragione la melodia sarebbe una “schifezza”? Per quale motivo, soprattutto, sarebbe un delitto risultare estremamente graditi dal pubblico (poichè la commercialità implica, per sua stessa definizione, un maggior gradimento da parte del pubblico)?

Personalmente, trovo che la svolta degli Slipknot, evidente già in “Vol.3 : The Subliminal Verses” (basti ascoltare i riuscitissimi singoli “Vermilion” e “Duality”, ma anche brani più inquieti quali “The Nameless” o “Before I forget”), ma ancor più programmaticamente riconoscibile in quest’ultimo “All hope is gone” , sia non soltanto frutto di un’accurata e sentita evoluzione musicale, che nulla ha a che vedere con gli interessi più squallidamente economici (i metallari, soprattutto negli States, sono numericamente sufficienti a garantire una pensione più che decorosa anche al più banale combo metal), ma soprattutto di un’esigenza interiore che li ha spinti a ricercare una più solida completezza musicale, come si può notare anche dai toni più cupi e vagamente grunge di pezzi come “Gehenna” e “Till we die”. La purezza a tutti i costi, molto spesso manifestazione di un’innata ed esecrabile spocchia, è inevitabile sinonimo di pochezza, sia artistica che umana: bene hanno fatto i 9 “pagliacci” di Des Moines a varcare i confini del metal ed estenderli verso orizzonti meno definiti e molto più accattivanti, che certo soddisferanno anche i più indomiti fanatici dell’originalità a tutti i costi (ascoltate “Snuff” e ditemi voi se non è originale, nell’ambito dell’heavy metal, un pezzo quasi interamente suonato con la chitarra acustica).

Se proprio non vi fidate di queste premesse e siete curiosi di avere almeno un assaggio prima di convincervi a gustare l’intero piatto, andate in un negozio di dischi specializzato e dite al commesso di far partire il cd dalla traccia numero 3: “Sulfur”, il singolo “Psychosocial” e “Dead memories” costituiscono una triade oltremodo gratificante per chi, come me, apprezza un metal indubbiamente compatto ma anche istintivamente cantabile. Se non siete ancora totalmente convinti dell’acquisto, distraetevi un momento e lasciate che il lettore prosegua con la traccia 6 e vi culli sfrenatamente fra le armoniche note di “Vendetta”, mirabile sintesi di un metal heavy&catchy capace di soddisfare, pur senza sfiorare le vette delle 3 precedenti canzoni, anche i palati più schizzinosi. Nel caso, invece, vi sentiate appartenenti alla schiera dei fan storici dei 9 dell’Iowa, allora certamente non potrete restare indifferenti a tracce quali “Gematria” o il singolo “All hope is gone”, le quali si riconducono in maniera più che diretta alla potenza volutamente caotica e sprezzante che tanto scalpore e successo aveva suscitato agli albori della band.

Insomma, gli Slipknot ancora una volta riescono a non rinchiudersi all’interno dei loro stessi cliché, compiono la straordinaria impresa di non ripetersi nello stile e nei suoni ma, come oramai ci hanno abituati, offrono al pubblico una proposta musicale certamente innovativa, per molti versi stupefacente, la quale però non contrasta mai coi tratti caratteristici della loro precedente produzione: rabbia, potenza, energia. “All hope is gone” certamente non cadrà nell’indifferenza generale, giacchè, seppur da punti di vista contrastanti, questo album non può non suscitare stupore ed emozioni: esattamente ciò che, io credo, ogni musicista ha come obiettivo principale.

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8 Comments

8 Comments

  1. Sardugno

    21/09/2008 at 22:48

    Sono in disaccordo su alcuni punti della recensione. In primis, il considerare “più” Metal i passati album degli Slipknot rispetto a questo. All Hope Is Gone da un punto di vista del canone (assoli, centralità delle chitarre, ecc) è molto più Metal di tutti i precedenti sforzi dei nove musicisti. Album come S/T ed Iowa hanno molti punti in comune con il Nü Metal, genere non considerato dai metallari “duri e puri” come figlio dell’Heavy Metal. Quest’ultimo ed eccezionale lavoro degli Slipknot invece è pesantemente influenzato dall’Heavy Metal, anche se i fanatici del genere colpevolmente non tributeranno mai i dovuti onori alla band, visti i trascorsi della band (una volta marchiati d’infamia dal “popolino del Metal” è pressoché impossibile venire da essi rivalutati. Il metallaro ignorante medio non perdona).

  2. Damiano

    22/09/2008 at 11:45

    Paradossalmente il tuo approfondito commento, sul quale mi trovo in perfetto accordo, non fa che confermare la mia precedente analisi: nella parte iniziale della recensione definisco infatti un album come “Iowa” assolutamente caotico (a questo rimanda la “rapida impressione di sbidonamenti”), tutt’altro quindi che Heavy Metal, genere che fa della precisione e della pulizia tecniche qualità pressoché imprescindibili alle sue più caratteristiche sonorità. Il fatto che “All hope is gone” allarghi poi gli orizzonti del metal non significa affatto che ne snaturi le peculiarità, anzi: inserire elementi oltremodo innovativi nel solco della vera tradizione metallica è un pregio che valorizza, oltre al lavoro della band, il genere musicale stesso. Purtroppo però, come hai detto giustamente tu che non ne fai parte, il “popolino del Metal” è (spesso?) ignorante.

  3. Preu

    08/10/2008 at 17:54

    Giusta secondo me l’analisi di Sardugno (anche, purtroppo, riguardo al “popolino del metal”), molto piu metal quest’ultimo dei precedenti (escluso Iowa). Mi e’ piaciuto molto l’album in generale, un po meno il primo singolo che in effetti sembra l’ennesimo tentativo di “waitandbleed-zzarsi”.

  4. Paolo

    20/10/2008 at 20:32

    Concordo pienamente tutto ciò che hai detto, dal nuovo arrivo dell’ultimo album degli Slipknot ‘All hope is gone’ al fatto che questo album sia molto più Heavy metal mettendolo a confronto con i primi due (e qui mi collego a quello che dissero i nostri amici).
    Sicuramente c’è stata comunque una rivoluzione, non lo tollero, però non digerisco questa storia del popolino del metal (cosa alquanto assurda per tutti noi), che dovrò ancora capire bene, molto ignorante.
    Mi hanno colpito molto tutte le canzoni, ciao a tutti i maggots!

  5. UnaVoltaEsistevanoGliSLIPKNOT

    11/12/2008 at 10:30

    Spero che questa recensione sia uno skerza, questo disco è orrendo l’apoteosi della mediocrità, l’urlo di una band che vuole in tutti i modi farsi notare dal grande pubblico, la goccia che fa traboccare il vaso e che li farà mettere nel dimenticatoio…… dove è finita la furia di slipknot i muri di suono di Iowa la sperimentazione di subliminal —- questo all hope is gone è un disco tre spanne sotto i precedenti lavori, non ha ne capo ne coda è completamente anonimo! Pessimo! sotto ogni aspetto!

    Più che un disco un sotto bicchiere. Sconsiglio vivamente l’akkuisto – al massimo se vi piacciono i singoli prendete quelli, ma vi assikuro una cocente delusione nello spendere soldi per l’intero album.

    Davvero un gran peccato……………

  6. michele

    25/02/2009 at 14:01

    Per me questo è un’ottimo disco.
    E’ vero,il sound si è “ammorbidito”,e alcune canzoni(come dead memories) sono indubbiamente più orecchiabili di altre dello stesso album, ciò,però, non vuol dire che all hope is gone sia un lavoro commerciale,ma solo che è diverso rispetto agli abum precedenti di questa band.
    Pensate agli Iron Maiden,escluso “Seventh Son of a Seventh Son”,loro hanno fatto sempre lo stesso disco,mentre gli slipknot sono riusciti a comporre 5 album diversi l’uno dall’altro.
    Senza nulla togliere alla grandezza degli Iron Miden…..

  7. Sardugno

    23/04/2009 at 23:48

    Temo che l’amico che si domanda dove siano finiti gli Slipknot non conosca “Mate. Feed. Kill. Repeat.”, primissimo e geniale album del gruppo musicale, altrimenti si renderebbe conto che in realtà la band di Des Moines si è in realtà emancipata dal fenomeno Nü Metal alla quale sembrava indissolubilmente legata. E’ pur sempre vero che Slipknot S/T, pur tagliando assoli (presenti nelle vecchie versioni delle canzoni, quando ancora Anders Colsefni era il cantante) complessità delle esecuzioni alla chitarra ed adottando uno stile più vicino alla baraonda che al “muro sonoro”, rimane un bell’album, anche se probabilmente più frutto di un fortunato “melting pot” di idee che di una pianificazione totalmente ragionata. Forse, per l’appunto, l’album Iowa, prodotto esattamente allo stesso modo del precedente disco eponimo, ci aiuta nel comprendere come gli Slipknot abbiano avuto la classica “botta di culo” con il loro primo disco ad essere pubblicato sotto l’egida Roadrunner Records. E invece, a partire da Vol. 3: The Subliminal Verses, i nostri musicisti hanno anche saputo trasformarsi, se non in band “colta”, almeno in un gruppo dalle esecuzioni più ponderate, ove l’ “anger screaming”, il manifestare, gridando a predifiato, la rabbia insensata contro tutto e tutti, non è più il filo conduttore (ed era ora, anche perché ormai é relegato a musica di bassa lega come l’Emocore).

  8. Sardugno

    23/04/2009 at 23:53

    Scusate, quando parlavo di MFKR dicendo che la band si è emancipata dal fenomeno Nü Metal, alla quale ha fatto parte suo malgrado (e più che altro per via di produttori e promotori dei loro dischi), ovviamente sottintendevo che MFKR è la prova che all’inizio col Nü Metal avevano ben poco a che fare (quel disco è una commistione di Industrial, Noise, Jazz, Metal, Funky, Hip Hop e musica sperimentale).

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