Articolo di Giovanni Tropea
Ho avuto modo di parlare con i CAMPOS qualche giorno fa (qui l’intervista) ma avevo ancora qualcosa da dire circa il loro bellissimo disco. Già perchè mi piace pensare che la scelta di far uscire LATLONG, loro terzo album, a ridosso della fine dell’autunno, non sia casuale.
Già perché questo nuovo lavoro del trio STEFANO BETTIN, DAVIDE BARBAFIERA e TOMMASO TANZINI è da ascoltare mentre i primi venti freddi ti fanno socchiudere gli occhi e provi a ripararti in quella sciarpa attorcigliata ai fili delle cuffie e all’elastico della FFP2.
“…l’aria sulla pelle…dimmi che effetto fa” sussurra nelle mie orecchie il frontman Simone Bettin nel ritornello di SONNO, primo singolo estratto, che apre l’album quasi a dare conferma alle mie parole. Un Sonno che suona di letargo, di pace interiore. L’arpeggio ipnotico che riporta ai THE DODOS di the Season e Ashley, produce vibrazioni positive e un enorme curiosità di proseguire con l’ascolto.
Le note fluiscono senza nessuna particolare pretesa in FIGLIO DEL FIUME e no, confermo, non ho paura di ascoltare e di lasciarmi andare. Forse la canzone con più stampo italiano di tutto l’album.
Quello che davvero sconvolge di questo nuovo lavoro è la credibilità che trasmettono interpretando le loro canzoni in lingua madre dopo un inizio di carriera devota alla lingua inglese. Semplicità nei loro testi così diretti e senza la forzatura di incastri accademici.
I primi secondi di RUGGINE mi fanno tornare alla memoria le note di Hostiles di Damon Albarn.
Sconvolge infatti il suono crudo e sincero della chitarra, quasi come voler mettere a nudo le loro capacità compositive. Una ricerca quasi dell’essenziale. Come natura crea.
C’è anche il tempo di abbandonarsi alla strumentale psichedelica ARNO che si vive come un fine primo tempo. Tutti negli spogliatoi quindi a bere un the caldo nell’attesa della ripresa.
BLU e ADDIO danno l’impressione di volere preparare il terreno per quella che, a parer mio, è l’opera più riuscita di questo album. L’incontro fra latitudine e longitudine, il cuore pulsante di questo nuovo lavoro targato Bettin Barbafiera Tanzini.
MANO è una carezza ad un riff sincopato e crescente dove la voce di Bettin, calda e rassicurante, ci accompagna in questo viaggio fra spazi sconfinati, dove la natura ci rende piccoli e inermi.
Canzone degna di sottolineatura è la ninna nanna LUME, dove i suoni strizzano l’occhio alle sonorità giocose delle COCOROSIE e ti danno l’impressione di camminare in viali alberati dove le foglie cadute, hanno creato un tappeto musicale che ti fa venire voglia d’innamorarti.
E alla fine t’innamori.
T’innamori di un album che scorre sincero, senza il vincolo di dover convincere o ammaliare con giochi pirotecnici.
In DAMMI UN CUORE troviamo un elenco dettagliato di tutti i “voglio” che ognuno di noi almeno una volta nella vita pretende o più semplicemente, sogna. Sonorità acustiche e innesti psichedelici fomentati dall’organo alla strawberry fields forever invogliano l’ascoltatore a rimembrare le occasioni perse, come stimoli per affrontare sfide future.
L’album si chiude con PARADISO, metafora conclusiva di questo bellissimo viaggio fatto di folk, magia, psichedelia, paesaggi e maturità.
Ogni disco ha la sua stagione e l’uscita di questo LATLONG è la conferma.
“L’autunno è sempre stata la mia stagione preferita. Il tempo in cui tutto esplode con la sua ultima bellezza, come se la natura si fosse risparmiata tutto l’anno per il gran finale” (Lauren DeStefano)
