Articolo di Serena Lotti
La fine dei PORRIDGE RADIO e l’inizio di qualcos’altro ovvero come appellarsi al potere trasformativo dell’arte quando l’arte ci dice addio. Ieri sera in una caldissima serata d’estate, presso la Santeria di Milano, è andato il scena il congedo alle scene di una delle band inglesi più interessanti degli ultimi anni la quale ha chiuso un capitolo importante della musica indie contemporanea lasciandoci tutti con un pò di amaro in bocca. Band culto originaria di Brighton, i Porridge Radio hanno salutato definitivamente il pubblico italiano dopo averlo già fatto in Germania, Romania, Turchia, Grecia, Francia eccetera giorni, settimane fa.
È difficile spiegare chi sono (erano?) e rappresentano i Porridge Radio: mordaci e romantici al tempo stesso, malinconici, sinceri e cinici senza soluzione di continuità e nel contempo troppo disperati per essere in pace col mondo. Erano – e restano – un’emotional flame nel buio.
Facciamo un breve passo indietro
Giunti al loro quarto e ultimo disco Clouds in the Sky They Will Always Be There for Me, Margolin & soci arrivano alla fine di un periodo a dir poco estenuante. Every Bad del 2020 e Waterslide, Diving Board, Ladder to the Sky del 2022 li hanno consegnati al grande pubblico, hanno permesso loro di conquistare interessanti posizioni nelle classifiche britanniche e macinare nomination per importanti premi. Come molti artisti devono fare oggi per rimanere solvibili e mantenere lo slancio, hanno suonato no stop per tutto il 2022. Poi, chiusi dentro un sistema-mercato a compartimenti stagni che chiede sempre di più agli artisti pagando sempre meno, si sono esauriti, sfranti, svuotati. Dana è tornata a casa per riprendersi dal burnout e mentre iniziava a stare meglio, si è separata dal suo compagno, finendo in un nuovo vortice delirante. Intrecciando la sua lunga pratica poetica con un originale e mesto songwriting, ha riversato i sui guai in una serie di nuove canzoni feroci e sanguigne. Clouds in the Sky They Will Always Be There for Me è il rumore che fanno quelli che toccano il fondo e iniziano a scavare. Dana in questo ultimo disco di commiato ci parla del suo dolore, non solo del vuoto per un amore che si è spezzato ma anche di quella fama la cui realizzazione non ha portato a una vita felice ed equilibrata oltre alla lacerante consapevolezza che tutte le persone immaginarie e idealizzate che Margolin avrebbe voluto essere non si sono mai realizzate. Allora si, è forse proprio questo ultimo e necessario disco a spiegarci meglio di quanto non abbiano fatto i Porridge Radio stessi, il prezzo che lo stress ha fatto pagare loro in un’industria musicale sempre più esigente e omologata.

Il concerto è stato una cerimonia d’addio, un rito di passaggio per noi e per la band. Sedici brani che hanno attraversato l’intera parabola sonora e narrativa del quartetto di Brighton, culminati in un encore che è sembrato una confessione a cuore aperto, sussurrata e urlata insieme da Dana Margolin, che ha messo a nudo le sue vulnerabilità, accompagnate dal suo feroce modo contorto e magnetico di suonare la chitarra. Del resto lei non ha mai amato i compromessi, né musicali né emotivi e anche dal vivo, nonostante il peso dello scioglimento, non ha concesso nulla all’autocompiacimento raccontandoci un viaggio dentro e fuori il dolore.
A rendere ancora più potente l’addio dei Porridge Radio c’è l’intensità del loro ultimo lavoro, un disco che brucia, che corrode e consuma chi lo ascolta (e chi lo ha scritto). Storie, pezzi di vita nati dalla forza misteriosa di quello sfinimento che ha lasciato Dana completamente svuotata. Eppure, proprio in quella nudità emotiva, ha trovato la sua forma più pura.
La nostra Marzia Picciano che ha intervistato Dana pochi giorni fa ha trovato l’artista pronta a riflettere sul significato della fine e di un addio:
“Non mi pento davvero di nulla. Penso che tutto quello che ho dovuto fare, andava fatto. […] Alcuni passaggi dell’ultimo album erano molto dolorosi, e quello che è seguito è stato un crepacuore. E credo di aver dovuto lasciare andare la band perché fa parte di questo.”
Ce lo dice anche sul palco mentre urla di questa fine tragica, ma necessaria, mentre ci narra di una famiglia che si dissolve come fa la polvere, lentamente. “No need to talk about it, No need to cry about it, Like dust, it all just blows away”, canta in Don’t Want to Dance.
Il set è dunque uno storytelling necessario tra vecchi pezzi amati da sempre e i nuovi inni come il brano di apertura Sick of the Blues ci trasporta subito nel mood della serata, ovvero una messa laica per spiriti fragili, God of Everything Else ci schiaffeggia, grazie alla voce grezza e angosciata di Dana che dopo l’urlo “It was a sickness loving you,” passa alla sua chitarra acustica elettrica per una splendida esecuzione di Wednesday. Dopo, si passa al fragore assordante di You Will Come Home, agli ululati poetici di Lavender, Raspberries e ai vortici cupi e malinconici del duo In A Dream I’m A Painting e Anybody. Immancabile Back To The Radio, che con la sua intro rumorosa che funge da lento crescendo ci guida verso alcuni dei brani più potenti e rappresentativi della band.
I Porridge Radio chiudono con un encore di tre canzoni, iniziando con Margolin da sola con Waterslide, Diving Board, Ladder to the Sky.

Il momento forse più atteso The Rip, uno degli ultimi brani. Margolin alza lo sguardo al cielo e sorride “And now my heart aches”. Non è un sorriso di soddisfazione, ma di resa. Di accettazione. Perché il dolore, se attraversato fino in fondo, può diventare pace.
La band ci ha dimostrato che a volte è meglio sapere che la fine non solo sta arrivando, ma è anche vicina e si ritira così nelle retrovie prima di svanire. Accettare che liberarsi di ciò che è amiamo e che ci fa male al tempo stesso, della routine, delle esigenze e di ciò che consuma tutto è una parte necessaria della crescita personale e allevia un pò il dolore della separazione dei Porridge Radio. Come riflettono i testi di Margolin, lei è in continua evoluzione. Chiunque stia diventando.
I Porridge Radio ci lasciano così qualcosa di più delle canzoni: uno spazio libero e aperto, dove sentirsi smarriti, rabbiosi, fragili. Hanno detto ad alta voce quello che in molti sussurrano dentro di sé e l’hanno fatto con un’urgenza rara, quasi spirituale. Nel tempo dei finali infiniti, della nostalgia preconfezionata e dei reunion/birthday tour, i Porridge Radio scelgono di andarsene davvero. Di non rimanere per l’applauso, ma di salutare con dignità e silenzio, di sparire tra le nuvole, proprio come fanno quegli aeroplanini di carta su cui resta traccia dell’ultima setlist, dell’ultimo concerto degli ultimi Porridge Radio. La band stacca da terra la scaletta e ne fa origami volanti che planano e spariscono tra la gente, tra le pieghe di mani sudate.
In una serata all’insegna della liberazione, è davvero l’unico modo per concludere.
PORRIDGE RADIO: LA SCALETTA DEL CONCERTO IN SANTERIA TOSCANA
SICK OF THE BLUES
A HOLE IN THE GROUND
DON’T WANT TO DANCE
YOU WILL COME HOME
LAVENDER, RASPBERRIES
PIECES OH HEAVEN
GOD OF EVERYTHING ELSE
GOOD FOR YOU
WEDNESDAY
IN A DREAM I’M A PAINTING
ANYBODY
SWEET
7 SECONDS
BLACK TO THE RADIO
WATERSLIDE, DIVING BOARD, LADDER TO THE SKY
MACHINE STARTS TO SING
THE RIP
