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“Una Nave in una Foresta” dei SUBSONICA sbarca a Napoli il 7 novembre: intervista a Max Casacci

Autore: Franco Galato (una collaborazione QALT / ROCKON)

Da poco tornati sulle scene con l’album “Una nave in una foresta” (già diventato disco d’oro) i Subsonica calcheranno il palco del Palapartenope di Napoli il 7 novembre: per l’occasione Rockon, in collaborazione con QALT, ha intervistato Max Casacci sul loro nuovo lavoro, sulla loro evoluzione stilistica e su cosa lega la band di Torino al capoluogo campano.

D: Partiamo facendo un salto indietro nel tempo fino a qualche anno fa, ai tempi dell’uscita di “Eden”. All’uscita del vostro penultimo lavoro molti hanno fatto caso alla forte dose di drum’n’bass con synth preponderanti. L’accostamento più facile da fare è stato quello con i Pendulum e in rete non poche volte ho letto “i Subsonica si sono Pendulumizzati”, anche se, fondamentalmente, certe sperimentazioni voi le avete fatte molto prima della nascita dei Pendulum. Pensate che questa “confusione” possa essere influenzata anche dal sovraccarico di informazioni musicali e non che si hanno nella nostra epoca?
R: Non possiamo certo pretendere che tutti siano in grado, ogni volta, di visualizzare il percorso dal principio. I nostri primi esperimenti d’n’b risalgono a “Microchip emozionale”, quindi al ’99 (“Colpo di pistola”, “Liberi tutti”). Ma già nel primo album del ’97 avevamo con “Giungla nord” un episodio fortemente ispirato ai prodromi jungle del genere. Inoltre, ad ascoltare bene, con “Velociraptor”, sempre nel primo album, in qualche modo avevamo anticipato di diversi anni la struttura poliritmica della dubstep. È normale per ragazzi più giovani accavallare tutto. Non ci offendiamo di certo.

D: Suonerete a Napoli: che ricordo avete in particolare di questa città?
R: Tantissimi, dai primi live all’Officina alla notte passata nello studio dei 99 Posse vicino ai quartieri spagnoli, ad ascoltare con loro i primi mixaggi di “Microchip emozionale”. Al sostegno del suo pubblico. Napoli rappresenta sempre un groviglio di sensazioni difficilmente spiegabile. È una città che si annusa, che ti passa attraverso: sensuale, vitale, problematica, incasinata. I suoi ricordi hanno una consistenza inafferrabile. Ogni volta che ci ritorni capisci che la memoria non riesce a contenerne tutti gli stimoli.

subsonica-napoli

D: Il video del brano “Il vento” è girato proprio a Napoli, all’interno del Centro Direzionale: come nacque questa scelta?
R: In realtà la scelta fu del regista, Cosimo Alemà, al quale, come spesso accade, avevamo dato piena libertà. Fu una scelta felice, per quanto mi riguarda. C’è molto di Napoli nei Subsonica.

D: Nel nuovo disco sono riuscito a notare un senso di speranza in molti brani: può essere considerata la speranza quasi il tema portante di “Una nave in una foresta”?
R: L’album cattura lo stato d’animo del presente, almeno questa è l’intenzione. Paradossalmente, durante gli anni zero, con “L’eclissi” avevamo dipinto uno scenario molto più cupo pur essendo ben lontani dalla crisi attuale. Ma percepivamo una sfiducia e una disattenzione da parte delle persone più giovani nei confronti del proprio tempo. Un pessimo segnale, insomma. Oggi la difficoltà delle condizioni è sotto gli occhi di tutti, ma tra molti ragazzi non prevale lo stesso scoraggiamento. C’è una determinazione a non lasciarsi sopraffare dalla disperazione, ci sono segnali di reazione. L’alzati e cammina di Lazzaro non è una nostra esortazione, ma è la lettura di uno stato d’animo piuttosto diffuso che parla della consapevolezza di dover cercare da soli e con risorse proprie una direzione, senza aspettare da altri, come in passato, prospettive e soluzioni.

D: Il disco, nelle sonorità, l’ho trovato molto vicino al vostro stile che è ormai diventato un marchio di fabbrica, anche se ho avvertito echi della dubstep di Burial di “Untrue”: avete ascoltato artisti di quell’universo ultimamente e ne avete tratto ispirazione?
R: Abbiamo ascoltato con attenzione, e non è certo una novità, i molti impulsi provenienti dalla galassia della musica elettronica. Four Tet, Burial, Jon Hopkins, James Holden sono solo alcuni degli artisti che abbiamo condiviso come ascolti. Burial ha un marchio di fabbrica talmente riconoscibile che nel momento in cui ti lasci ispirare da una sua una suggestione ritmica (piuttosto evidente in “Tra le labbra”, ma i Moderat avevano fatto qualcosa di simile con la bellissima “Rusty nails”) questa si trasforma subito in una sorta di tributo. In generale c’è qualcosa di molto affascinante in diversi artisti che utilizzano oggi, in modo visionario e disfunzionale, le tessiture ritmiche. Noi trasportiamo il tutto in un mondo di canzoni e di rapporto con strumenti suonati. L’impulso grezzo si trasforma in qualcos’altro. I Subsonica del resto sono nati anche così.

Max e Samuel - Foto di Vanessa Cuda

Max e Samuel – Foto di Vanessa Cuda

D: Come nasce la collaborazione con Michelangelo Pistoletto?
R: Qualche anno fa Michelangelo mi aveva coinvolto in un workshop. Si trattava di raccontare ai ragazzi la musica elettronica. Mentre lavoravamo, nella casa isolata di campagna, alla scrittura di “Una nave in una foresta”, ci ha telefonato: voleva sapere se fossimo stati disponibili per un evento/DJ set legato alla sua opera planetaria il “Terzo paradiso”. Abbiamo percepito la coincidenza come un segnale. Il concetto che sta alla base del “Terzo paradiso” è forte, visionario e contagioso. L’idea che tutti gli esseri umani possano fare parte di una “opera”, l’idea che l’arte si spinga dove scienza, filosofia, politica e religione solitamente svolgono il proprio ruolo, è affascinante. Salvare il pianeta convertendo interamente la consapevolezza tecnologica in strumento per la salvaguardia dell’ambiente naturale unendo il primo paradiso, quello della relazione vitale uomo/natura, al secondo paradiso scientifico e industriale, per sintetizzarne un terzo, è una meravigliosa utopia. Ma oggi non siamo forse proprio a corto di utopie?

D: Nell’ultimo disco si sente anche una fortissima valenza pop dei brani (caratteristica che, in ogni caso, vi appartiene da moltissimo) unita, però, a suoni “acidi” e spesso ostici per un ascoltatore distratto: cercate di raggiungere un equilibrio fra fruibilità istantanea e ricerca musicale?
R: Cerchiamo di raggiungere innanzitutto un equilibrio tra di noi. La sintesi è quello che ben descrivi.

D: La scena elettronica non mainstream in Italia vive un momento di fioritura che non può lasciare indifferenti e lo si nota anche dal numero di festival di stampo europeo che ospitano molti rappresentanti di questa scena: ci sono artisti dell’underground o comunque lontani dalle grandi major che stimate ed apprezzate?
R: Conosciamo bene la scena torinese. Personalmente collaboro ad altri progetti con alcuni di loro, per esempio con Daniele Mana, più noto come Vaghe Stelle. L’etichetta, con sede a Berlino, Gangs Of Ducks, l’etichetta No Mads, sempre di Torino, che si è trasferita a Londra: producono cose interessantissime. Apprezziamo molto i Niagara, i DYD, che, in forma più legata alle canzoni, sono band che prendono forma dall’elettronica. Tutto questo ci fa supporre che anche in altre città ci sia uguale fermento.

Una Nave in una Foresta Tour - Foto di Vanessa Cuda

Foto di Vanessa Cuda

D: La questione “industria discografica” invece come la inquadrate? Sembra che i discografici delle grandi etichette siano spesso chiusi in una loro cupola e quelli dell’etichette indipendenti emerse sembrano seguire l’hype di fenomeni che hanno poca sostanza. Voi come vi rapportate a questo argomento?
R: Ci siamo sempre relazionati da indipendenti al mondo della discografia, dove per “indipendenza” si intende una filosofia che non ha negli strumenti della vendita del prodotto la sua centralità. Anche quando, negli anni ’90, i dischi si vendevano ancora, noi li consideravamo un mezzo per promuovere la nostra attività live. Non è cambiato molto da allora. Cerchiamo di avere un buon rapporto con l’etichetta discografica, ma ci premuriamo di avere sempre l’ultima parola nelle scelte, scelte che tengono conto della natura live del gruppo, in un rapporto il più possibile diretto tra noi e il nostro pubblico. Del resto, se uno non ha mai visto i Subsonica dal vivo, semplicemente non può dire di conoscerli.

Evento Facebook: facebook.com/events/797905920251907/

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