Articolo di Marzia Picciano | Foto di Andrea Ripamonti
“May I ask you a word, quickly, when you say ‘Rock’, what do you mean?”
Iniziano cosi i miei venti (davvero) minuti di conversazione con Pete Doherty il 29 novembre, piu o meno le otto di sera all’Apollo di Milano, un’oretta prima di vederlo sul palco per un’acoustic session ospitata da Dirty Mondays (se vi state chiedendo di cosa si tratta, qui l’ho fatto raccontare al suo fondatore), primo evento-concerto del format dei party piu’ pazzamente rock di Milano. In breve, si inizia col botto.
Tornando alla domanda, il tema e’ che me l’ha fatta lui, quello che non ha bisogno di presentazioni, il frontman dei Libertines, dei Babyshambles, dei De Puta Madres (formazione che porta avanti con la moglie, Katia De Vidas, autrice anche del suo documentario di cui parleremo), l’artista e poeta, insomma quello che rientra in molteplici playlists di vita e di camerette, icona maledetta del rock piu’ romanticamente sfatto e sfranto, uno che va avanti per generazioni mentre io dubito di superare il decennio.
Voglio raccontarvi un po’ cosa sono riuscita a tirar fuori in questa scarsa mezz’ora da un Doherty abbastanza tranquillo, in attesa di andare sul palco. Ve lo anticipo: e’ una guida a come non fare un’intervista. Insomma, e’ alla fine di un pre-serata di radio, altre interviste, Pete si e’ tolto gli stivaletti e si destreggia tra fan e l’ennesima scocciatrice in vena di domande (io). Ero curiosa di farci due chiacchiere. Anche perche’: chi e’ oggi Pete Doherty? Una persona tecnicamete diversa da quella dei suoi anni ruggenti? O e’ sempre lui? La verve non gli manca. E’ cambiato, sicuramente fisicamente, ma non troppo nel suo approccio un po’ folle e sfrontato per cui occorre sempre “maneggiare con cura”.
Ma andiamo con ordine. Ecco quello da non chiedere a Doherty.
Cos’e’ il rock, perche’ poi lo chiede a voi
Partiamo con un inizio da interrogazione delle superiori. Che poi con Doherty non sai dove potrebbe finire. Nella necessita’ di mantenere la calma e non finire nella sindrome della fan, ho persino chiesto una birra, che lui ha gentilmente ordinato per me.
Ma non demordiamo. Butto indietro la palla: cosa intende per rock, lui.
“Non sono davvero sicuro di cosa sia. So cos’e’ il rock n roll. Non dico mai rock. E’ chitarra, basso e batteria. Rock, non so davvero cosa voglia dire. Forse sono solo un po’ superficiale”. Gli dico che per me e’ un concetto che per come lo si intende, potrebbe davvero variare nel tempo. “Io non mi considero davvero rock. Ma rock n roll. E rock ‘n ‘roll puo essere davvero qualsiasi cosa. Puo’ essere questo tipo qui, che con la sua giacca sembra davvero un tipo rock’n’roll ma magari nella vita fa altro che non lo e’. Ma alla fine e’ davvero semplice. E’ chitarra basso e batteria, nient’altro per me.”
Ma nemmeno Pete e’ soddisfatto. “Scrivi per una rivista che ha ‘rock’ nel nome, allora ti chiedo cos’e’ per te”. Oh man! Del resto cosa definiamo rock oggi? “E’ che sono diventato ossessionato quasi da questa parola, rock”. Ci sono talmente tanti sotto generi e degeneri che alla fine si, mi sa che capitolo, ha ragione lui, e’ una parola abusata, manco sappiamo dire cosa ascoltiamo, viva la semplicita’ di una definizione che vede un trittico perfetto, guitar-bass-drums, ma tipo come la vede lui allora Tori Amos? Piano Rock? “Non e’ rock. Lei e’ Rock’n’roll!” Stavo per immaginare un’entrata di Nanni Moretti a urlare che le parole sono importanti, e infatti arriva la birra, propongo di brindare, e lui “Alla semantica!”
Cosa ci suona stasera
In realta’ era “cosa ci aspettamo stasera da questo live?”. Spoiler per chi non c’era: due aperture solo-chitarra (in lista erano i giovanissimi cantautori Dae e Colzani), Doherty che porta un suo poeta sul palco per una poesia, in italiano, in pieno stile maledettista – che ve lo dico a fare -, poi ancora Doherty con chitarra che ci porta la sua nuova musica (troppo poca quella sera) e poi dritti malamente indietro nel tempo con praticamente tutte, a partire con What Katie Did, fino Time for Heroes a Last of the English Roses. Folla quasi da stadio in visibilio. Cosa ci hai fatto, Pete. In realta’ il risultato di una strategia di intelligenza non da poco.
“Cosa vi aspettate da me? Non lo so… solo un tired old man playing some songs?”, risponde, laconico e ironico.
Ma come? Se ha ancora tanto da dire e offrire. C’e’ tipo un album (The Fantasy Life of Poetry&Crime).
“Beh, ma un uomo vecchio e stanco puo si dirvi ancora qualcosa, certo! Non ve lo nascondo. Ho un sacco di nuove canzoni che mi piace provare e vedere se riesco a portarle dentro, ma… ho anche alcune vecchie canzoni che le persone adorano sentire”. Long story short: e’ un esperimento sociale. Ci testa, e si testa lui. Chissa’ se passiamo il test. “Davvero, non saprei dirti. Mi piace vedere come va. Vediamo com’e’ la folla. Se le persone ascoltano, se vedo che sono recettive a queste nuove canzoni, allora le faro’, qualcosa delle piu’ slow ones e concentrate sul testo, se vedo che sono belli brilli, che sono ‘inferving’ beh, allora faro’altro, come Fuck Forever e altre di questo tipo, canzoni veloci, da urlare, dove non hai troppo bisogno di… pensare. E fanno impazzire le persone” e mima un ‘yeahyeahyeahyeah’. “Ma insomma decide il pubblico”.
La sera precedente si era esibito a Parigi. Quando gli chiedo com’e’ stato, si fa serio. “E’ stato davvero molto intenso. Il pubblico era estremamente attento, era quasi strano. Stavano ascoltando tutto, davvero, sentivo una tale pressione! Anche perche’ prima di me c’era Lias Saoudi, dei Fat White Family, fucking amazing performer! Non avevo realizzato di vederlo cosi ‘country’, con la sua compagna che si occupava delle armonie, era davvero incredibile e non lo avevo mai visto cosi. Per questo non so come dire, ero quasi timido… ma e’ andata davvero bene”.
Grazie Pete per ricordarci che in questo Paese viviamo nel passato.
Quando potremo vedere il documentario sulla sua vita rock’n’roll
Piu’ che altro – e questo non lo sapeva – perche’ al momento non e’ ancora nota la distribuzione in Italia su piattaforma o altro (“it’s a shame!”). Stiamo parlando di Stranger In My Own Skin, il documentario realizzato da Katia De Vidas proprio sugli anni piu’ peculiari dell’artista, sulla dipendenza da droghe, eroina, su e giu’ da un carcere, insomma quello che ha reso Doherty anche un po’ una leggenda.
“Ha appena vinto il premio come Miglior Documentario Internazionale al Film Festival di Barcellona, ma devo dirlo, non e’ il mio documentario, e’ di mia moglie. Lei l’ha fatto, lo ha editato, non ho davvero avuto un ruolo creativo nel farlo, ma ho dato si una mano a promuoverlo, e si, credo in questo lavoro, e lo adoro.” Non avra’ avuto un ruolo attivo nella gestione della produzione, ma alla fine e’ su di lui. Anche se magari, come ha gia’ dichiarato, non ne era troppo cosciente. “E’ stato filmato parecchi anni fa, in un periodo della mia vita che definirei… interessante.” La conversazione si interrompe per un saluto a un vecchio amico. Non che dobbiamo saperne di piu’, ne sappiamo abbastanza (santa Katia), insomma vorremmo vederlo, vogliamo ricordarci chi era prima dello sbarco in Normandia alla nuova vita con moglie figli e mucche. Ma lui su questo non sa aiutarci.
Chiedergli “what’s next”
Bene, allora adesso e’ qui, finisce il tour solo di valutazione delle folle sulla sua nuova musica, e’ un artista che fa e vende arte, c’e’ anche la sua vita in un documentario che inanella premi, c’e’ anche l’autobiografia A Likely Lad. A marzo 2024 esce il nuovo lavoro con i The Libertines (All Quiet on the Eastern Esplanade) dopo il tour del ventenario di Up the Bracket l’anno scorso (qui se vi siete persi la data a Milano, la racconta bene Serena Lotti). Quindi cosa succede dopo? E che fine ha fatto il progetto De Puta Madres?
Qui si illumina. “Eh si! Anche perche e’ davvero tutto li, e stiamo cercando di capire come trovare il tempo, fare cose e’ davvero una questione di tempo. Anche perche’ ho scritto un sacco di roba, un sacco di nuove canzoni. Ma alla fine temo finiranno per essere un album solo, solo me (Pete Doherty), ho messo giu delle canzoni e sento che vorrei dovrei gia’ cominciare a registrare qualcosa, ma veramente temo che finiro’ per farlo io. E’ un tale peccato, ma sembra che finira per essere un solo record”’.
Comunque per ora non ha nuovi piani, anche se spera di tornare presto. “Sono arrivato qui, a Milano, mi sono tolto le scarpe, ora faccio il mio show, non riesco a pensare a nient’altro davvero”.
Se ci fa un altro Dj Set da Dirty Mondays
Concludiamo con l’amarcord. “Il mio primo e unico dj-set l’ho fatto qui, con Dirty Mondays”. Ed e’ stato figo? “Oddio non lo so, dovresti chiederlo a chi c’era. Pero’ mi sono divertito io si”. Magari ce lo fai risentire, dopo. “mmm, credo di no”. Spoiler: non e’ previsto nel format di questa serata. Ma va be, io ci ho provato lo stesso.