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Interviste

Intervista agli HALESTORM (Arejay Hale)

Intervista di Davide Merli e Roberta Ghio | Foto di Roberto Finizio

Dopo il successo dell’ultima fatica discografica Vicious, gli Halestorm continuano la loro scalata verso i vertici del’hard rock moderno e regalano ai fans italiani un concerto entusiasmante in un Alcatraz tutto esaurito (clicca qui per leggere il reportage e vedere le foto del concerto). Proprio qualche ora prima del concerto meneghino, abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con Arejay Hale, batterista e fratello della frontwoman Lzzy. Ecco come è andata:

Ciao Arjay! Bentornato in Italia! Cominciamo parlando di “Vicious”. Personalmente l’ho trovato molto più groovy rispetto al precedente disco. Sei d’accordo con me?
Direi di si. Solitamente i produttori tendono a semplificare un po’ il tutto il songwriting cercando di arrivare subito a registrare il disco, ma Nick Raskulinecz ci ha spronato molto a creare qualcosa di più vario e pure le mie parti di batteria hanno più groove e sono meno lineari e tirate rispetto ai lavori precedenti.

Penso che questo nuovo lavoro riesca perfettamente ad immortalare pure su disco la vostra spiccata attitudine live. Vi eravate posti come obiettivo di scrivere pezzi che rispecchiassero tutta l’energia che riuscite a mettere poi nei vostri show?
Sicuramente per tutti noi questo è stato un disco davvero sentito che ha preso spunto da molte nostre esperienze personali. Tutte le melodie, i testi e il groove che abbiamo messo dentro al disco è venuto fuori da noi in maniera molto genuina, così come lo sono i nostri show, quindi direi che era sicuramente quello che volevamo trasmettere.

In un periodo dove molti gruppi rock o hard rock americani aggiungono sonorità molto moderne o addirittura contaminazioni elettroniche al proprio sound, voi siete rimasti ancora una volta molto genuini e lontani da questo trend.
Ne abbiamo parlato spesso di questo trend, ma preferiamo restare fedeli al nostro sound: è qualcosa che ci piace e che ci ha sempre reso fieri avere ormai una identità ben precisa e riconoscibile.

Tanto hard rock ed energia nel disco fino alla conclusiva “The Silence” che invece è una classica ballad. E’ stata una scelta precisa mettere il lento a fine disco? cosa pensavate di comunicare con questa scelta?
Molta gente ci ha detto che ha trovato questo disco molto dark rispetto al nostro solito e riascoltandolo devo dire che questo aspetto è venuto fuori in maniera naturale e genuina . Ogni pezzo presente nel disco rappresenta un particolare momento della nostra vita, così come “The Silence”, che parla di amore e della lontananza che spesso lo mette alla prova: è una canzone che parla di come amare e tenersi stretto tutto ciò si ama, anche quando ci si trova dalla parte opposta del mondo. Abbiamo deciso di metterla alla fine del disco per non intaccare il ritmo molto più serrato e veloce dei restanti pezzi, anche per i vecchi fan nostri, che amano i pezzi veloci ed heavy della nostra discografia.

Mi è piaciuto molto pure il video di “Do Not Disturb”. Mi ha subito ricordato il mitico “Rocky Horror Picture Show”. Di chi è stata l’idea? Vi siete divertiti a girarlo?
Sicuro! è stato il video più divertente che abbiamo mai girato. Essendo un canzone non seria anche nel testo, avevamo deciso di girare un video divertente che potesse valorizzare la canzone, in accordo con la nostra etichetta discografica che era entusiasta del pezzo. All’inizio qualcuno aveva proposto una nostra versione di “50 Sfumature di Grigio” ma l’idea è stata subito scartata! Volevamo comunque dare l’impressione ai fans che spesso amiamo non prenderci troppo sul serio e penso che ci siamo riusciti con questo video. Tra l’altro adoro il Rocky Horror Picture Show quindi fa solo piacere sentirci anche solo lontanamente comparare a quel capolavoro!

Ormai è diventata una tradizione per voi l’EP di cover dopo il nuovo disco. Ci sarà un “Reanimate 4.0” ? Puoi anticiparci che cover ascolteremo?
Posso dirti che lo faremo! Come hai detto tu, la cosa è nata per gioco all’inizio, ma oramai fa parte di noi e quindi sicuramente faremo il nuovo EP di covers. Non ho idea però dei pezzi che riproporremo, perché siamo focalizzati per ora al 100×100 sul nuovo disco e su tutti questi show che stiamo facendo in tutto il mondo e che stanno andando benissimo. Adesso che ci penso però, non abbiamo mai fatto un cover di qualche bravo hip hop! Ho già un paio di pezzi da proporre ai ragazzi se volessimo davvero cimentarci in questa impresa. Siamo comunque aperti a tutti i vostri suggerimenti quindi fatevi sotto e scrivete nei nostri canali social!

Ho letto che tuo padre è un bassista. Ti capita mai di suonare con lui e Lizzy quando non siete in tour? Quali pezzi vi piacciono da suonare in famiglia?
Mio padre vive a Tampa, in Florida e quando non siamo in tour ci capita di andare a trovarlo. Un anno fa assieme a dei suoi amici abbiamo suonato in un locale piccolo a Tampa ed è stato fantastico: erano 15 anni che non suonavamo sullo stesso palco, ma la chimica tra noi è stata perfetta. Il nostro legame di sangue vale anche per la musica e dopo la prima jam che abbiamo fatto assieme in questo bar, la notizia che avevamo suonato assieme aveva fatto il giro del mondo sui social così quando nei giorni successivi abbiamo rifatto la jam nello stesso locale, si è presentata un sacco di gente quindi è stato molto bello, non solo per noi ma anche per il locale che era strapieno. Assieme a mio papà e i suoi amici ho suonato un sacco di classici rock di gruppi immortali come Lynyrd Skynyrd, Steppenwolf, Led Zeppelin e U2. è stato davvero bello, un tour padre-figlio per i vari locali di Tampa!

State pubblicando un disco nuovo ogni tre anni: è semplicemente una casualità o avete stabilito un ciclo vitale fisso per ogni lavoro in studio tra scrittura, registrazione, tour e riposo?
No devo dire che è del tutto casuale: non abbiamo idea se tra “Vicious” e il prossimo disco passeranno 3 anni o ancora meno. Quando apriamo un ciclo per un disco, cerchiamo di suonare in posti dove non siamo mai arrivati a suonare ed ora i nostri tour si stanno estendendo sempre di più, quindi ho la sensazione che questo nuovo ciclo sarà più lungo rispetto ai precedenti. Se col primo disco abbiamo quasi esclusivamente girato gli Stati Uniti, già col secondo abbiamo cominciato a venire spesso in Europa e poi con Into The Wild Life abbiamo suonato in paesi in cui non eravamo mai stati come Russia, Australia, Nuova Zelanda quindi adesso ci toccherà tornare in tutti questi fantastici posti oltre a cercare di arrivare sempre a suonare in nuovi stati!

In questi giorni è uscito il disco di debutto dei Greta Van Fleet. Sono molto giovani e sono stati subito catapultati nel circuito principale del music business mondiale, un po’ come voi ai tempi del vostro disco di esordio. Hai qualche consiglio da dare a questi ragazzi per sopravvivere a lungo in questo business?
Sono giovanissimi, ma hanno un talento straordinario! Sono veramente orgoglioso di vedere dei ragazzi così giovani diventare così famosi in poco tempo: ci sono così tante bands scadenti in giro, è bello vedere che ogni tanto si scommetta su dei ragazzi così bravi. L’unico consiglio che posso dare a questi ragazzi, è di restare sempre dei buoni amici prima che dei musicisti e di parlarsi tanto, anche nei momenti difficili: nessuno di noi ha mai anteposto i propri bisogni a quelli della band. Stare in una band è un po’ come avere una relazione o esser sposati: prima di tutto deve esserci comunicazione e onestà tra tutti noi.

Vi ho visti più volte dal vivo e sono stati tutti degli show molto energici e veri. Qual’è la cosa che più entusiasma quando suoni dal vivo?
Sicuramente l’energia del pubblico: è fantastico percepire e ricambiare tutto l’energia che i nostri fans ci danno durante uno show, ci aiuta molto a non cadere nel vortice della routine. Ormai suonare è il nostro lavoro, ma non vorrei mai che sedermi su una batteria diventasse come il sedersi davanti ad un computer su una scrivania d’ufficio. Quando sto per salire su un palco cerco sempre di meditare per un secondo e cerco di percepire sempre l’energia che la il nostro pubblico emana e questo mi carica molto sempre e mi fa scatenare sul palco. Per rispondere alla tua domanda comunque, attualmente, la cosa che più mi piace è proprio interagire con il pubblico e percepire la loro energia, per questo amo di più suonare su un palco come quello di stasera molto vicino al pubblico, piuttosto che nelle grosse arene come ci capita spesso negli States o durante i festival dove c’è troppa separazione tra te ed i fans. Adoro anche i momenti in cui riusciamo anche ad uscire dai soliti binari dell’esecuzione e improvvisiamo come se fossimo in una jam in studio: ci aiuta molto a rimanere carichi ed energici durante lo show e a non cadere nella routine.

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Invece quali sono gli aspetti più negativi della vita in tour?
Come ti ho detto prima è molto importante concentrarsi sulle cose positive e non focalizzarsi su quelle negative per tirare avanti.
Sarò onesto, viaggiare e suonare quasi ogni sera è davvero dura sia dal punto di vista psicologico che fisico: ci sono giorni che i muscoli della mia schiena chiedono pietà e spesso mi ritrovo con contrazioni muscolari che sembrano palle da golf! Personalmente quando affronto un momento difficile la mia terapia è il songwriting: i pezzi, a mio avviso migliori, che abbia mai scritto, sono stati tutti concepiti in questi momenti psicologicamente difficili. L’altra mia terapia è la meditazione: cerco per qualche momento di spegnere completamente il cervello e di riposarmi mentalmente.
Per quanto riguarda l’aspetto fisico invece cerco di tenermi sempre in forma andando in palestra quasi ogni giorno ed evitando fumo, alcol e cibo spazzatura.
Per goderti pienamente un tour devi essere sempre in forma sotto questi due aspetti, fisico e mentale, quindi cerco di fare il possibile per poi andare sul palco felice e carico per divertirmi. E poi c’è il rapporto con i fan che personalmente mi aiuta molto a ricaricare le pile: è davvero bello e rigenerante stringere le mani e parlare con gente che davvero apprezza quello che fai ed io stesso ammiro davvero tanto tutti fan che ho incontrato in questi anni, anche solo per il tempo e l’amore che dedicano alla nostra band. So che sembra scontato ma per me è davvero così.

Siamo ai momenti dei saluti, ma Arejay è un chiacchierone e continuiamo a scambiare qualche battuta, per poi darci appuntamento per la serata, per il loro live!

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Nata e vissuta sul mare, da qualche anno a Milano dopo una parentesi romana. Cresciuta a pane e Bruce Springsteen, da un lato gli studi scientifico matematici, un lavoro nell'IT che mi appassiona, dall'altro l'amore per la pittura, la scultura, la fotografia, il teatro e i film di Sergio Leone. Amo sia visitare città, sia la natura e lo stare all'aria aperta. La musica è una costante nella mia vita, ogni momento ha una colonna sonora; amo soprattutto la musica dal vivo, unico modo per conoscere veramente un artista. Amo scrivere e sono alla costante ricerca del modo migliore per tradurre su carta le emozioni. Sono profondamente convinta dell'importanza dell'amare e del mettere passione in tutto quello che si fa... con anche un pizzico di ironia!

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