Foto di Andrea Ripamonti | Articolo di Giulio Taminelli
L’undicesima edizione del Rock in Riot, festival underground che dal 2010 smuove gli animi in quel di Martinengo (BG), si presenta con una line up di assoluto spessore e stilisticamente ragionata nella distribuzione delle band sui due giorni dell’evento.
Nella prima serata, dedicata a sonorità decisamente legate al mondo Hardcore, saranno tre le band che si avvicenderanno sul palco: Viscera///, Filth in My Garage e Unsane.
Arrivo a Martinengo verso le nove, circa un’ora prima dell’inizio dei concerti. Ho quindi il tempo di farmi un giro per la location e prendermi una birra. Noto con piacere che il lato cibo e bevande è nettamente separato dalla zona palco, cosa che personalmente adoro perché spesso gli organizzatori di eventi simili tendono a mettere il bancone del bar troppo vicino alla zona palco, creando non pochi problemi tra pubblico e gente in coda alle casse.
Ottima anche la gestione dei rifiuti con cestini per la raccolta differenziata ben posizionati, cosa che nel 2023 dovrebbe essere obbligatoria ovunque, ma non perdiamoci troppo in ragionamenti “logistici” e andiamo a vedere come sono andati i concerti della serata.
Viscera///


Il compito di “aprire le danze” viene dato ai Viscera///, quartetto nord italiano in attività dal 2000 nato in quel di Cremona. Una combo caratterizzato all’ascolto in cuffia da una forte spinta verso le correnti avanguardiste del punk e del metal, con particolare slancio verso l’industrial e la psichedelia, che ha saputo intessere negli anni una fitta trama di contatti e collaborazioni volte alla ricerca di contaminazioni il quanto più possibile oscure e sperimentali.
L’inizio del concerto è annichilente ed estraniante, con un progredire canoro che alterna lo scream al pulito in un letto di accordi ipnotici con basso e batteria ad aumentare la sensazione ritmica di questa oscura litania. Parlo di litania, esattamente come in una celebrazione religiosa, poiché sin dalle prime note il pubblico ha risposto riempiendo lentamente ma incessantemente il piazzale come in un evento liturgico.
Cambio ritmo improvviso e ci spostiamo su cadenze decisamente più heavy, con qualche testa che comincia a muoversi.


La sensazione sotto palco è, che nella versione live, i Viscera/// lascino buona parte della propria sonorità nelle mani di batteria e chitarre, usando basso e voce come “rafforzativi” in determinate sequenze.
Parlando del batterista, devo constatare purtroppo la poca incisività sonora durante le sequenze particolarmente rapide. Non so dire se per poca capacità di “picchiare” sul veloce o per una gestione non ottimale dell’audio in fase di soundcheck (anche se nelle sequenze più lente tutto tornava alla normalità).
Stupendo invece il momento strumentale sul finale sapientemente gestito dalle due chitarre, in grado di creare contemporaneamente melodia e ragionata confusione per circa cinque minuti, mandando in estasi ipnotica la folla.
Finale a “troncamento” forse un po’troppo troncato (ci sono rimasto male sull’interruzione) e, in definitiva, ciò che mi rimane è una buona esperienza generale d’ascolto senza infamia e senza lode.
Filth in my Garage


Per passare dal post punk al post hardcore ci vollero anni e uno spostamento d’interesse dal vecchio al nuovo continente ma, grazie alla magia del Rock in Riot, a noi serviranno solo qualche minuto di cambio palco e una birra.
I Filth in my Garage sono una band dal passato complesso. Nati con il Crossover come obiettivo musicale, nel tempo si sono ritrovati a voler esprimere il proprio animo Hardcore animato da una insolita commistione di immagini fantastiche e riferimenti a determinati ambiti della cultura pop.
Decisamente più tradizionale la loro partenza rispetto al gruppo precedente, con una batteria dalle sfumature decisamente più punk a dar ritmo alle note di Bram Stoker. Un “come va” dal cantante umanizza la situazione, rilassando il pubblico che finalmente comincia a muovere la testa. Lo ripeterò sempre: la comunicazione con il pubblico (anche non verbale) è alla base della buona riuscita di un concerto.
Nel prosieguo dell’esibizione, risulta abbastanza evidente come la linea di basso faccia da dorsale all’intero sistema sonoro, grazie a Simone che pesta veramente duro su quelle povere corde.


Chitarre e batteria li considero nella norma, ottimi esecutori della traccia data e “fedeli alla linea”, ma vorrei soffermarmi su Stefano, il cantante.
Sono in dubbio su di lui dal punto di vista tecnico perché non ho assolutamente apprezzato le parti in cantato pulito ma non posso fare a meno di ammettere la mia ammirazione sul suo passaggio alla voce sporca. Questo difetto si farà notare anche nel parlato, con le sequenze dialogiche tra le varie canzoni che risulteranno poco “di presa” sul pubblico.
Più che discreto aumento di ritmo sul finale ma non sufficiente ad esaltare i presenti.
Buona esibizione in ogni caso per i filth in my garage, a mio avviso indebolita dalla cattiva gestione dei tempi morti tra le varie canzoni.
Unica VERA pecca: non si finisce un concerto “pestato” con un semplice “grazie”. Vi prego, un minimo di etichetta. Presentate gli headliner, cercate un applauso… vi prego!
Unsane


Ed eccoci quindi agli headliner di questa prima serata.
Pezzo della storia del Noise e in generale di tutta quella musica nata in risposta all’appiattimento del panorama rock di fine anni ‘80, gli Unsane arrivano al Rock in Riot dopo ben trenta concerti in trentasei giorni (questo è il trentunesimo).
Sebbene la formazione sia drasticamente differente da quella di inizio carriera, con il solo Chris Spencer a tirare le redini del progetto, devo ammettere di aver provato un certo sentimento di attesa per questa esibizione.
Intro ad archi (registrati), basso effettato, due parole all’orecchio tra Chris ed il bassista Cooper. Questa la prima impressione degli Unsane dal vivo. Intro di batteria rapido, giro di basso martellante e… Chris Spencer è la rappresentazione vocale del motore Diesel.


Partenza gracchiata alla Domenico Bini che, nel giro di qualche minuto, si trasforma in una voce sporca tutto sommato apprezzabile (l’età gioca brutti scherzi ma la cosa va perdonata).
Ottima linea di basso, batteria all’altezza e tanta cattiveria.
Il cambio di passo rispetto ai gruppi precedenti è evidente, grazie soprattutto a degli accenni coreografici di basso e chitarra durante alcuni cambi, segnale chiaro di una costruzione dell’evento musicale ragionata anche sul lato visivo.
Più che discreta gestione dei tempi morti sin dalla prima fase, con cambi di batteria o accordature degli strumenti trasformate in muri sonori pur di tenere alta l’attenzione.
L’incedere della scaletta regala pian piano emozioni sempre maggiori, con la riconoscibilissima distorsione di chitarra dei primi Unsane che pian piano fa capolino dalle linee di basso.
Giri martellanti di batteria sempre più frequenti e scambi basso-chitarra migliorano l’esperienza canzone dopo canzone, come se la musica in questione fosse una struttura ancora in costruzione a distanza di anni.


Rimango colpito verso il finale dove viene posizionato ad arte un unico attimo di silenzio a cui il pubblico risponde esplodendo in un applauso.
Ragazzi, è difficile gestire a livello descrittivo una band come gli Unsane. Ascoltateli, seguiteli e guardateli live.
Vi assicuro che, citando un commento che trovai in fase di studio, sono “una band da schiaffi in faccia con la carta vetrata sulle mani”
Clicca qui per vedere le foto del primo giorno di Rock in Riot o sfoglia la gallery qui sotto:
UNSANE – La scaletta del concerto al Rock In Riot 2023
Maggot
Craked Up
Slag
Vandal-X
HLL
Cut
This Town
Streetsweeper
Committed
Over Me
Against the Grain
Only Pain
Scrape
Empty Cartridge
Get Off My Back

