Foto di Andrea Ripamonti | Articolo di Jennifer Carminati
Lo storico leader e genio creativo dei Pink Floyd torna in Italia con diversi appuntamenti del suo nuovo straordinario tour denominato This Is Not A Drill Tour – His First Farewell Tour una produzione sensazionale con un avveniristico palco centrale a 360°, un appuntamento imperdibile con uno dei grandi nomi della storia della musica mondiale. Quattro le date in programma a Milano, al Mediolanum Forum di Assago, il 27, 28 e 31 marzo e il 1° aprile 2023, e all’ Unipol Arena di Bologna il 21, 28 e 29 Aprile; tutte andate subito sold-out, che ve lo dico a fare.
This Is Not A Drill è una nuova rivoluzionaria stravaganza rock and roll/cinematografica, eseguita su un palco centrale a 360°. Una straordinaria accusa alla distopia aziendale in cui tutti lottiamo per sopravvivere e un invito all’azione, ad amare, proteggere e condividere il nostro prezioso e precario pianeta che è la nostra casa e noi stessi stiamo lentamente distruggendo. Lo spettacolo a cui sto per assistere e che proverò a raccontarvi nelle prossime righe, con il doveroso timore reverenziale che ho nel farlo, include una quindicina di grandi canzoni degli anni d’oro dei Pink Floyd insieme ad alcuni brani di Waters solista. Parole e musica composte dallo stesso scrittore, stesso cuore, stessa anima, lo stesso uomo che rappresenta insieme a pochi altri la storia della musica mondiale.


Waters è alla voce solista, alle chitarre, al basso e al piano e sarà affiancato sul palco da Jonathan Wilson alle chitarre e alla voce; Dave Kilminster alla chitarra e alla voce; Jon Carin alle tastiere, chitarra e voce, Gus Seyffert al basso e voce; Robert Walter alle tastiere, Joey Waronker alla batteria; Shanay Johnson alla voce; Amanda Belair alla voce e Seamus Blake al sassofono. Tutti musicisti di grande spessore, che vedremo muoversi a loro agio sul palco e prendersi i meritati riflettori puntati addosso durante i momenti di assolo.
Waters ripudia la guerra e le sue conseguenze, sotto tutti i punti di vista: economici, sociali, politici e soprattutto in termini di vite umane perse; è stata proprio la guerra a privarlo del padre in giovane età, segnando per sempre la sua vita, e con il passare degli anni ha continuamente alimentato il suo impegno politico, prendendo posizioni nette sulla questione palestinese, fino ad arrivare alla rabbiosa campagna anti-Trump, e alle più recenti cancellazioni di alcuni suoi show sulla base dell’accusa di antisemitismo, rilanciata nei giorni scorsi da Polly Samson, scrittrice inglese ma soprattutto moglie di David Gilmour.
«Prendete posto, signore e signori. Lo spettacolo sta per iniziare. Prima però due annunci. Anzitutto, in segno di rispetto di chi vi è vicino, spegnete per favore i telefoni cellulari. Poi, se siete fra quelli che amano i Pink Floyd, ma non reggono le prese di posizione politiche di Roger, potete andarvene ‘afanculo al bar. Grazie. Prendete posto e buon concerto». Questa l’apertura del This is Not a Drill Tour, una vera e propria dichiarazione d’intenti.
Roger Waters è più carico che mai, in ottima forma con i suoi 79 anni portati benissimo, non ha perso un colpo in termini di carisma, voce e presenza scenica; sono tante le cose da dire e da condividere per lui verso il suo pubblico e per farlo si avvarrà di un palco centrale a forma di croce, permettendo così una visione avvolgente coi musicisti che si muovono liberamente sui quattro lati, e parlerà molto si è vero, ma lo farà sempre in momenti dedicati, non appesantendo né tantomeno rallentando la performance. Mentre son seduta nell’ attesa dell’inizio e studio visivamente la situazione il tutto sembra una scatola chiusa, e non si capisce bene come sarà la visuale. Ma ecco che dopo il primo brano la parte superiore si solleva e si trasforma in un video wall appeso sopra le nostre teste su cui d’ora in poi scorreranno immagini strabilianti da cui è impossibile non rimanere colpiti, quasi ipnotizzati direi in certi frangenti, grazie ad una regia pazzesca, stupefacente davvero.


I primi accordi di “Comfortably Numb” cominciano a sentirsi accompagnati da un video in una città post-apocalittica, immagini di strade deserte e edifici abbandonati, mentre i musicisti iniziano a salire sul palco e, infine, eccolo, Waters, accolto da un boato di applausi ancor prima di prendere in mano il microfono. L’ atmosfera è drammaticamente intensa, compressa, s’inizia già a respirare quel senso di inquietudine che spesso accompagnerà il concerto. Perché le canzoni dei Pink Floyd fanno pensare, ti smuovono l’animo, non è un semplice ascolto passivo di parole e musica che scorrono sui video o nell’aria, è qualcosa di più di questo, molto di più.
La prima parte del live è quasi interamente dedicata a ‘The Wall’ (1979) e le sue tematiche parlanti attraverso le immagini che scorrono sulla croce/videowall e che a tratti sembra quasi schiacciarci in altri avvolgerci, ci si sente immersi in una vera e propria esperienza multisensoriale; oltre alla vista anche l’udito è coinvolto a 360° questa sera, con elicotteri che sembrano atterrarci in testa da un momento all’altro o bombe deflagranti che esplodono sotto i nostri piedi e ci fanno sobbalzare dal seggiolino.
Arriva poi il momento di “Another brick in the wall parte 2 e part 3” mentre il vediamo scene di celebrazioni religiose, scuola, e violenza, con il conosciutissimo urlo liberatorio “Hey, teacher, leave us kids alone” gridato a squarciagola da tutto il pubblico che ha gremito il Forum anche in questa terza serata.
Nel mentre sullo schermo scorre ossessivamente la frase «Noi siamo i buoni, loro i cattivi», attaccando tutte le polizie del mondo, con i nomi e il probabile crimine (essere di un colore o du una religione diversi) dei cittadini inermi uccisi dai poliziotti, da George Floyd ad altri meno noti, per “The Powers that be” e “The Bravery of Being Out of Range”.


Intanto, mentre leggiamo la lista di tutti i presidenti degli Stati Uniti chiamati da Waters criminali di guerra con tanto di numero di vittime avute con i loro mandati posti sotto i loro nomi, l’antico e celebre pallone a forma di maiale, per l’occasione rinnovato e guidato da un drone, con la scritta Pinky Bank of War, scorazza per i cieli coperti del palazzetto, sulla testa degli spettatori come me che in questo momento dello show non sanno più letteralmente dove guardare, fra la band sul palco, le immagini sugli schermi, e ciò che succede nell’aria.
E’ un trionfo, un autentico tripudio di suoni, immagini, suggestioni, emozioni fortissime che davvero è impossibile trasmettervi su carta credetemi, nei 100 minuti di concerto ho cercato di immagazzinare quante più informazioni possibili nella mia testa e ve lo sta trascrivendo, ma non è stato per nulla facile, e abbiate pazienza se troverete qualche errore temporale o imprecisione, questa sera non potevo prendere appunti come di solito faccio, gli occhi erano fissi davanti a me, e so che mi capirete.
Nella setlist c’è spazio anche e giustamente per i brani del Waters solista, tra cui l’inedito, non ancora pubblicato, “The Bar”, preceduto da un lungo monologo di Waters seduto al piano con il suo bicchiere di mezcal in mano, in cui elogia l’importanza sociale del bar visto come punto di incontro tra le persone, un luogo che permette la vicinanza e lo stare insieme, come anche la possibilità di fare nuove conoscenza, come noi stasera dice, siamo tutti qui in questo Forum trasformato in un enorme bar per l’occasione, a brindare a Mr. Floyd.
Dall’omonimo album “Wish You Were Here” (1975), il delicato e affettuoso ricordo verso l’amico Syd Barrett, un momento davvero toccante ed emozionante, ti scava nel profondo questa canzone, e fa riaffiorare in noi la sensazione che tutti abbiamo purtroppo provato nella vita, ovvero il sentire terribilmente la mancanza di qualcuno che non c’è più. Perdere qualcuno che ami ti fa ricordare che questa vita non è un’esercitazione, e capiamo così il titolo di questo tour, a cinematic experience pensato e ideato da Waters durante il lockdown, con l’idea di omaggiare i grandi registi quali il citato Michelangelo Antonioni.
Accompagnato da immagini di alcuni giovani Pink Floyd in forma di tributo, senza David Gilmour, neanche a dirlo, a conferma oltre che della diatriba tra i due anche che qualsiasi tentativo di riunione dello storico gruppo rimane irrealizzabile, una splendida versione riarrangiata di “Shine On You Crazy Diamond (Parti VI, VII, V)”.


Prima dell’intervallo, con “Sheep”, omaggio a Orwell e Huxley, modelli distopici da cui ha tratto ispirazione l’album ‘Animals’ (1977). La pecora gonfiabile sopra le nostre teste ci ricorda il nostro essere gregge mentre vediamo immagini di pillole e Sars Cov2, fuck Big Pharma leggiamo a caratteri cubitali, con il chiaro riferimento ai vaccini e a tutto quello che è conseguito alla recente pandemia che tutti tremendamente ricordiamo, o dovremmo fare almeno.
Dopo la pausa, che serve più a noi spettatori che a lui secondo me, è il turno di “In the Flesh” e “Run Like Hell” nelle quali Waters è nelle vesti di un sanguinario dittatore che spara verso la folla, indossando un lungo cappotto di pelle, occhiali da sole stile aviatore e la fusciacca rossa posta sul braccio con la vecchia metafora dei martelli incrociati che scorrono sui video come fossero un esercito marciante.
Altro bellissimo gioiellino contenuto in uno dei suoi cinque album da solista è “Déjà Vu”, che nel complesso non stona di una virgola, suonando come uno dei classici dello storico gruppo, con Waters che canta indossando la kefiah intorno al collo, e poi capirete il riferimento.
Quest’anno ricorre il 50° anniversario della pubblicazione di ‘The Dark Side of the Moon’, cioè, 50 anni fa è stato prodotto questo capolavoro? Io neanche ero nata, ma ci rendiamo conto di chi stiamo ascoltando questa sera? Un genio indiscusso, che non ha inventato nulla di pratico certo ma con le sue canzoni ha saputo regalarci emozioni senza tempo, è proprio il caso di dirlo.
Immancabile quindi l’omaggio a quest’album con la proposta in sede live dell’intero lato B mostrando sullo schermo gigante dietro al palco vari triangoli a forma di laser come il prisma sulla copertina dell’album, immagine presente anche sulla locandina del tour.
I sei minuti di “Money” sono completamente dedicati all’icona del male dei nostri tempi secondo Waters, il porco danaroso Donald Trump, che balla sull’inconfondibile giro di basso e cantata dal chitarrista Jonathan Wilson, con i superbi assoli di sax di Seamus Blake che si prende completamente la scena.
Con “Us and Them”, classicone floydiano attualizzato alla questione palestinese, i videowall proiettano immagini di violenza e bambini martoriati dalle guerre. Mai messaggio poteva essere più chiaro: Us and Them, noi da una parte, gli spettatori e la band, uniti dall’amore per la musica e loro, i politici, uniti dalla sola ricerca del potere e del denaro.


Non potevano certo mancare le indimenticabili “Any Colour You Like”, “Brain Damage“ e “Eclipse” mentre dei proiettori improvvisi di luce al laser disegnano all’interno della parte avanzata del parterre sulla testa degli spettatori il prisma colorato di Dark Side of the Moon.
Tra grandi effetti scenici, esplosioni di luci, di raggi laser e parole che scorrono sugli schermi insieme a immagini forti e accusatorie si va verso il finale, dopo vari monologhi ci porta a ’Final Cut’, il suo ultimo album con i Pink Floyd, uscito nel 1983 mio anno di nascita (ebbene sì quest’anno anche io ho un numero importante da festeggiare), con “Two Suns in the Sunset”. Per poi riproporci nuovamente “The Bar” con la reprise del brano inedito e chiude definitivamente sulla presentazione video della band che raggiunge sotto i nostri occhi suonando il backstage.
Nella scaletta forse son mancate alcune grandi canzoni dei Pink Floyd, come “Days” o “Mother” per citarne alcuni, ma da un’ampia discografia come la loro come possono selezionare e far contenti e soddisfare le preferenze di tutti? Credo sia impossibile.
E siamo giunti alla fine, dopo un’ora e mezza abbondante di spettacolo l’impressione che abbiamo di Roger Waters è che sia qui per restare, altro che andare in pensione. Peccato per chi non c’era. Peccato davvero perché trovare le parole per raccontare quello a cui ho appena assistito non è stato per nulla facile, non lo è mai per qualunque report scrivo, ma stasera più che mai. Quello che ho visto non è stato un semplice concerto ma una performance sbalorditiva sotto ogni punto di vista, dal suono imponente che il Forum di Assago ci ha regalato alle immagini debordanti e stratosferiche proiettate sopra le nostre teste, il risultato è uno spettacolo bilanciato tra critica sociale, effetti speciali e, naturalmente, le immortali canzoni dei Pink Floyd.
Mentre esco lentamente dal Forum sento discutere altri spettatori se questo sia stato o meno il miglior tour che hanno visto di Waters, questo non lo so mi dico, per me era il primo suo concerto e son rimasta letteralmente senza parole. Altri che dicono come vociferato sul web che questo potrebbe essere il suo ultimo come il suo primo tour d’addio, e neanche questo so, mi ripeto. Una cosa però la so, e ne sono certa, questo tour è assolutamente da non perdere, lo spettacolo a cui ho appena assistito insieme ad altre migliaia di persone ti scuote l’animo, ti lascia pensieri profondi sia sul mondo che ci circonda che su te stesso. Invecchiando Waters non si è ammorbidito di un grammo, aprendo conversazioni difficili attraverso la sua musica, con il senso di urgenza e tempestività che lo contraddistinguono da sempre. Anche questa sera non le ha mandate a dire, come ha sempre fatto, son quarant’anni che dice queste cose, la sua non è retorica, non è falsità, e son sicura che continuerà così finché avrà voce per farlo.
Da un Signore della Musica non potevamo che ricevere un Signor Concerto, e le maiuscole son volute, di quelli che ti riempiono l’anima, il cuore e i pensieri per i giorni subito a seguire, e non solo, forse Eventi come questo ti segnano davvero per sempre.
E noi lo amiamo esattamente così com’è, ti aspettiamo Roger per il prossimo Farewell Tour, perché siamo certi che ci sarà, non ci puoi deludere.
Questo è, è sempre stato e sempre sarà Roger Waters. Prendere o lasciare.
Clicca qui per vedere le foto di Roger Waters in concerto a Milano o sfoglia la gallery qui sotto.
ROGER WATERS – la scaletta del concerto di Milano
Set 1
Comfortably Numb
The Happiest Days of Our Lives
Another Brick in the Wall, Part 2
Another Brick in the Wall, Part 3
The Powers That Be
The Bravery of Being Out of Range
The Bar
Have a Cigar
Wish You Were Here
Shine On You Crazy Diamond (Parts VI-VII, V)
Sheep
Set 2
In the Flesh
Run Like Hell
Déjà Vu
Déjà Vu (Reprise)
Is This the Life We Really Want?
Money
Us and Them
Any Colour You Like
Brain Damage
Eclipse
Two Suns in the Sunset
The Bar (Reprise)
Outside the Wall


Martino
01/04/2023 at 11:42
Tutto stupendo. Tutto drammaticamente quanto assolutamente vero. Tutto condiviso! Acustica un pò sofferta. Una band di questo livello merita di più nitidezza ! Musicisti (chitarristi, sax, tutti! ) al top ! Grazie !
Elena
01/04/2023 at 12:27
I draghi esistono!! Sono rari ma esistono!
Giuseppe
01/04/2023 at 23:40
Complimenti per l’articolo che rispecchia esattamente il pensiero di che ha avuto la fortuna di assistere a questo meraviglioso evento.
Jennifer Carminati
02/04/2023 at 11:17
Grazie Giuseppe, gentilissimo
Mirko Mattei
02/04/2023 at 02:32
Semplicemente unico e vero …. LEGGENDA !!!
Adriano
02/04/2023 at 09:37
Che dire,è il quarto concerto di Roger a cui ho assistito e anche se diverso da tutti gli altri, ha messo tutto di sè riuscendo a creare una magia nuova.
Un genio e un coraggioso combattente, mi spiace solo per i dissapori con David Gilmour ma tant’è.
Dal 1969 ad ora lui e i Pink Floid sono la colonna sonora della mia vita.
Andrea Figini
02/04/2023 at 10:24
Peccato Roger si preoccupi solo degli esseri umani e non abbracci minimamente la questione animalista. Sotto questo profilo lo ritengo una vera delusione … per il resto direi STRAORDINARIO!!!
Francesco
02/04/2023 at 10:41
Uno spettacolo vero, grande grande grande
Francesco
02/04/2023 at 13:29
Ogni volta, mi lascia senza parole. Semplicemente fantastico.
Complimenti per l’articolo.
Francesco
Jennifer Carminati
02/04/2023 at 16:37
Grazie Francesco, gentilissimo
Aldo
02/04/2023 at 15:12
Uno Spettacolo bellissimo come dalle mie più rosee aspettative, Uno sfondo politico? SI! d’altronde il politico dei Pink Floyd è sempre stato lui. Che dire…grazie x 50anni di emozioni
Fabio
02/04/2023 at 18:49
Articolo perfetto!!! Descrive esattamente le emozioni e ciò che lascia dentro lo spettacolo (chiamarlo concerto è veramente riduttivo) a cui abbiamo assistito. Il mio animo “campera’ di rendita” per giorni e giorni, forse anche per mesi.
Fabio68
Jennifer Carminati
02/04/2023 at 19:47
Grazie Fabio, mi fa davvero molto piacere essere riuscita a trasmettere quello che molti hanno provato.
Maurizio
02/04/2023 at 20:31
Complimenti è esattamente come lo hai descritto . Un concerto MEMORABILE
Jennifer Carminati
02/04/2023 at 21:13
Grazie mille!
Marco
02/04/2023 at 22:03
Ciao Jennifer con il tuo articolo ho rivissuto il concerto di 6 giorni fa…indimenticabile come i Pink Floyd. Marco61
Jennifer Carminati
02/04/2023 at 22:08
Ciao Marco, caspita grazie davvero di cuore, mi fa molto piacere
Francesca
03/04/2023 at 06:41
L’inquietudine, il senso ipnotico, la consapevolezza di vivere qualcosa che va ben al di là di un concerto rock: hai dipinto magistralmente le sensazioni che ho provato e che provo tutt’ora a ormai una settimana da un evento che mi ha scossa nel profondo, come se le dita di Roger Waters avessero suonato anche le corde dell’anima di tutti noi presenti. Grazie
Jennifer Carminati
03/04/2023 at 07:42
Grazie a te Francesca, di cuore, grazie.
Michele
03/04/2023 at 18:04
È il mio settimo concerto di Roger Waters il primo nel 2003 ed è stato in questo ventennio un crescendo di emozioni irripetibili come quest’ultimo concerto che mi rimarrà dentro x sempre . LEGGENDA