Sono la band che accompagna nel tour italiano gli Skunk Anansie, per 7 date tutte rock, aprendo i live di Skin&Co. Infatti li incontriamo a Milano nel backstage del City Sound Festival, prima del soundcheck del concerto e una ripresa post esibizione sul palco.
Oggi della formazione iniziale dei Blastema restano Matteo Casadei alla voce e Alberto Nanni alla chitarra, mentre dietro i tamburi siede Daniele Gambi dal 2002, alle tastiere Michele Gavelli dal 2004 e nell’estate 2012 è arrivato Luca Marchi a sostituire Luca Agostini, fondatore e componente storico dei Blastema.
Rockon: Siete un gruppo che nasce tra i banchi di scuola, 15 anni fa, leggiamo dalla vostra biografia. Come sono cambiate le cose dagli esordi ad ora, vista anche la vostra partecipazione al Festival di Sanremo?
Alberto: E’ stata innanzitutto stata una consacrazione a livello personale e privato: finalmente i nostri genitori hanno accettato con consapevolezza il nostro lavoro, essere una band che non “protrae l’adolescenza all’infinito”, ma che si è data da fare.
E dentro di voi cosa è cambiato invece? Esibirvi su un palco come Sanremo, rispetto ad un palco come quello de La Casa 139, cosa è cambiato?
Alberto: Le dimensioni, ovviamente. Ma cambia perché è un palco che è stato calpestato da un’infinità di artisti che hanno fatto la storia della musica italiana e mondiale.
Noi eravamo tra le giovani proposte e ci siamo andati con molta umiltà e rispetto, ma anche tra i big noti tra le quinte che c’è molta reverenza e attenzione: non vola una mosca, perché vuoi le dinamiche televisive, vuoi i tempi stretti, quel palco –anche rispetto ad altri palchi difficili- ha una magia in più, e pensiamo che questo valga dal primo degli Albani all’ultimo del Blastemi.
Matteo: Sanremo è una svolta anche perché nel momento in cui ti esibisci lì, non hai più filtri. Ad un live, come tu facevi l’esempio de La Casa 139, se il cantante non è in forma, il chitarrista non è in serata alzi il volume, sporchi un po’ ma qualcosa tiri sempre fuori, lì invece devi scegliere cosa vuoi fare e cosa vuoi mettere nella tua performance, perché è l’Italia che ti ascolta, e la tua esibizione è amplificata 100 volte tanto… Compreso –e soprattutto- l’errore.
Quindi dopo un Sanremo giovani quindi direste di sì ad un Sanremo da grandi?
Matteo: Sicuramente sì, se ci richiamano…
Michele: E poi è giusto e doveroso che ci torniamo perché i Blastema erano nella sezione Giovani e io per età non ho potuto partecipare. Quindi sì, ci torniamo per far suonare me sul palco.
Parlando invece del vostro album, che si intitola “Lo stato in cui sono stato”, vi facciamo questa marzulliana domanda: qual è lo stato in cui siamo?
Luca: L’Italia, ma non vale come risposta.
Matteo: Il titolo dell’album è nato in una situazione che avveniva mentre stavamo completando il disco, sentivamo un nuovo risveglio dentro di noi e dentro alle persone che ci erano vicino, perché la crisi ci ha dato l’opportunità di esprimerci come magari prima non pensavamo avremmo potuto fare. Quando inizi ad “andare male” finisci per dire le cose che pensi, lo stato in cui sono stato è un po’ questo.
Quindi è una riflessione interiore vostra, che è capitata? Non vuole essere una denuncia alla condizione in cui ora versa il nostro Paese?
Alberto: Sicuramente c’è un parallelismo tra quello che avveniva in noi e quello che avveniva nel sistema. Non a caso la grafica del disco ha in copertina una bolla che esplode, eravamo partiti da un’idea di bolla ma contenitiva. Ci siamo poi trovati immersi in una situazione esterna che andava di pari passo a ciò che succedeva a noi internamente.
Matteo: Perché il macro stava condizionando il micro e/o viceversa. La nostra vuole essere una riflessione.
La nostra intervista viene interrotta perché i ragazzi devono prepararsi per il soundcheck del concerto. Riprenderà un’ora dopo circa, post esibizione sul palco del City Sound.
Poco fa sul palco avete anche suonato “Sole tu sei”, un brano che – sul sito e social media – invitate followers, fan e appassionati, a remixare e riproporre in nuove versioni. Come è nata questa idea e perché?
Alberto: Stiamo infatti cominciando a ricevere i primi pezzi da amici e appassionati. E’ un brano che si presta ad essere rivisto e reinterpretato in varie declinazioni.
Intanto entra in camerino alle nostre spalle la loro produttrice, Dori Ghezzi, per salutarli e dare qualche opinione a caldo: Volumi e suoni bene, mi è piaciuto come è andata la performance in gruppo, compresso così… Caos mi è piaciuta molto… La mettiamo nel prossimo disco!
Dory saluta e gli altri ne approfittano per defilarsi forse da altre domande, rimaniamo con Matteo, 2 birre e tante zanzare. Riprendiamo l’intervista, da dove l’avevamo lasciata: Come nasce il progetto di “Sole tu sei”?
Matteo: “Sole tu sei” è un pezzo versatile, ancora aperto e non sviluppato, quindi volevamo incrociarla con il lavoro di un sound producer (che fa campionamenti e che non lavora con gli strumenti, ndr). Stavamo valutando vari amici e produttori, ma non abbiamo ancora deciso, allora abbiamo proposto a livello di cloud un remix collettivo, nell’ottica di presentare le 3-4 migliori ad un evento a Faenza, coinvolgendo quindi sul palco i migliori produttori di remix.
Raccontami qual è stato il concerto più bello a cui hai partecipato dalla parte del pubblico, quale il più bello sul palco, e qual è il concerto che sogni.
Matteo: Concerti belli, tanti… ma forse il più bello nel pubblico è stato quello dei BUSH a Nonantola quando avevo 20 anni. Bello perché è legato ad un ricordo in un particolare momento della mia vita. Il più bello che abbiamo fatto sul palco, il più divertente… così a caldo forse Mondo Ichnusa (dello scorso 20 luglio 2012 ndr) è stato molto bello: c’erano 60 mila persone, spiaggia, Cagliari, estate, fico! Però tengo più cari dei concerti in palchi piccoli: l’ultimo Rock Planet è stato molto bello, forse anche perché eravamo a casa… oppure alla Salumeria della Musica di Milano.
Quindi nei club?
Matteo: Sì, quella del club è la nostra dimensione ideale…
E il concerto che sogni?
Matteo: Il concerto che sogno… guarda, quello là: vedi che dietro al prato c’è uno stadio… (indicando San Siro ndr). Se devo sognare, sogno in grande!
Si può dire che il vostro percorso è in crescita, non certo che siete arrivati, ma che state avendo un buon e meritato esito. Cosa consigliate alle giovani band emergenti per ottenere visibilità e successo?
Matteo: Per la visibilità questo è il mio consiglio: girare un video porno musicale, che nessuno ha ancora girato. E’ un’idea geniale, ma da far uscire solo nei canali pornografici.
Quindi non youtube ma youporn?
Matteo: Sì, se vuoi vedere quel video devi vederlo lì (e deve essere una band che spacca il culo, a parte che i culi…), insomma un consiglio per una puntata di marketing estrema. Ma soprattutto l’importante è divertirsi, continuare a credere in quello che fanno e di non mollare mai.
Foto di Roberto Finizio
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