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Reportage Live

I KOOKS 15 anni dopo: una notte nostalgica di vero indie rock

I Kooks sono tornati sotto i riflettori per celebrare tardivamente il 15° anniversario di Inside In/Inside Out, il disco che li ha consacrati nella scena indie dei primi anni duemila.

Articolo di Chiara Amendola | Foto di Claudia Mazza

La mia attitudine a rivedere dal vivo tutte le band che hanno fatto da colonna sonora alla mia gioventù potrebbe sembrare un’evolutissima tecnica EMDR che, attraverso la stimolazione audiovisiva, prova a riportare a galla i traumi della mia singletudine. Ed in effetti questa teoria non è tanto bizzarra se consideriamo che la selezione dei miei partner ha sempre subito il fascino delle inclinazioni musicali del maschio etero.

Le premesse della serata preannunciano quindi un parterre carico di hipster di mezza età ancora in attesa di sbocciare come star dell’indie, nonostante i 40 anni e un mutuo sulle spalle. E infatti passano pochi minuti dal mio arrivo al Fabrique prima che inciampi proprio in uno di quegli esemplari, che tra l’altro è anche un mio ex.

Fingo indifferenza e mi appresto alle lunghe file del bar per rivivere dunque i momenti più sconvenienti della mia vita sorseggiando una costosa Beck’s che la venue mi farà pagare come pregiato champagne del Sud della Francia.

Il frontman dei Kooks, Luke Pritchard, aveva solo 16 anni quando ha scritto la sua prima canzone di successo “Naive” e 21 quando la canzone lo ha catapultato alla celebrità rendendolo uno dei ragazzi d’oro dell’indie dei primi anni zero, ma ancora oggi, padre 38 enne e con sei album all’attivo, esegue le vecchie canzoni con tutta l’energia e l’entusiasmo di quell’adolescente di Brighton con la zazzera.

The Kooks in concerto a Milano | Foto di Claudia Mazza per www.rockon.it

La prima standing ovation arriva già dopo l’insolita apertura con “Seaside” suonata come una serenata ai suoi fan, da solo sul palco accompagnato dalla chitarra acustica. Un momento estremamente romantico in cui la voce limpida di Pritchard incanta l’intero locale, al punto che quando viene raggiunto dai suoi compagni di band – Hugh Harris alla tastiera e alla chitarra, Jonathan Harvey al basso e Alexis Nunez alla batteria – la folla è quasi stranita, come se avesse dimenticato il resto della formazione.

L’atmosfera tranquilla ha quindi ceduto il posto all’attesa chitarra elettrica e ai riff incalzanti che hanno fatto sognare i millenials nel lontano 2006.

Per celebrare tardivamente il 15° anniversario di Inside In/Inside Out la band ha preparato una festa indie in piena regola, aprendo con le prime sei canzoni dell’album da “See the world” a “Sofa Song” – che hanno rotto l’empasse dell’overture facendo ballare il pubblico in marcia – a “Ooh La” ed “Eddie’s Gun” accolte dai cori che hanno sfiorato il volume della band in scena. È impressionante sentire, nel corso del concerto, come gli stili musicali dei brani non abbiano subito variazioni, a parte i diversi vocalizzi di Pritchard in alcune canzoni. Tra i quattro membri sul palco, è quasi impossibile distogliere lo sguardo dalla performance in cui sfoggiano un atteggiamento disinvolto e spensierato che alimenta la coolness. “She moves in her own way” raccoglie una delle maggiori reazioni della serata con una sensazione davvero calda e accogliente e migliaia di persone in un’estasi eplosiva di vita e di suono.

Ma i Kooks non si sono concentrati solo sulla vecchia musica e hanno proposto anche canzoni del nuovo disco 10 Tracks to Echo in the Dark che nonostante sia più vecchio di 15 anni rispetto ad altre canzoni, si è inserito perfettamente nella scaletta e ha rappresentato una visione dell’evoluzione della band, anche se in alcuni momenti il lento synth-pop ha faticato a suscitare la reazione del pubblico e ha rallentato di un po’ lo slancio dello show. Il singolo “Cold Heart” per esempio è caduto particolarmente in basso, senza dubbio perché è arrivato subito dopo il caldo bagliore di qualche migliaio di persone che urlavano “Jackie Big Tits”.

The Kooks in concerto a Milano | Foto di Claudia Mazza per www.rockon.it

Niente a cui, comunque, una sigaretta e un ritorno alle Idi del passato non possano rimediare. Il rock and roll di “Do You Wanna” ha fatto brillare di nuovo il gruppo ristabilendo la sincera euforia che ha toccato il picco su “Always where I need to be” e “Junk of the heart” apparentemente in chiusura del set.

Pochi minuti di mistero e i Kooks compaiono nuovamente sul palco richiamati da un pubblico che batte prepotentemente i piedi sul pavimento chiedendo a gran voce il loro ritorno. Naturalmente, l’impazienza è dettata dal pezzo fondamentale del disco – “Naïve” – che, come prevedibile, conclude il concerto in un amplesso multiplo e collettivo.

I Kooks, ne sono certa, sono stati per i molti ex ventenni presenti al concerto, compresa la sottoscritta, una colonna sonora ricorrente di alcuni momenti salienti della propria formazione, quella in cui si fabbricavano sogni di carta. E’ un’esperienza fantastica trovarsi in una sala tutti insieme a sostenere ancora una volta un album che, seppure ricordi un’epoca fa, sembra quasi senza tempo, sia dal vivo che su disco.

Questo significa che il tanto chiacchierato revival indie è tornato?

No si tratta solo di meravigliosa malinconia.

The Kooks

La scaletta del concerto dei KOOKS a Milano

Seaside
See the World
Sofa Song
Eddie’s Gun
Ooh La
You Don’t Love Me
She Moves in Her Own Way
Bad Habit
Connection
Cold Heart
I Want You
Jackie Big Tits
Closer
Always Where I Need to Be
If Only
Do You Wanna
Got No Love
Junk of the Heart (Happy)

Encore:
Matchbox
No Pressure
Naïve

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Cinefila e musicofila compulsiva. Quando qualcosa mi interessa non riesco a tacere.

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