Articolo di Umberto Scaramozzino | Foto di Federico Buonanno
Siamo ai primi di febbraio di questo strano 2024 e le nuove generazioni di metalhead hanno già un evento da annoverare tra i più importanti dell’anno: in una sola serata, sul palco dell’Alcatraz di Milano, si susseguono tre band di prim’ordine: Loathe, Spiritbox e Architects.
ARCHITECTS
Quando gli Architects riempirono il loro primo Alcatraz, esattamente cinque anni fa, c’era la diffusa convinzione che da lì a poco Sam Carter e soci avrebbero ottenuto risultati mai visti per una band metalcore. Si diceva che fossero già diventati grandi, ma potessero ambire a diventare grandissimi, con la speranza che fossero magari i primi a riuscirci senza cambiare necessariamente terreno di gioco. Purtroppo – o per fortuna, dipende dai punti di vista – non è andata esattamente così. Intanto perché, anno dopo anno, l’assenza del compianto Tom Searle – membro fondatore, principale autore, chitarrista, amico – ha iniziato a farsi sentire, anche sulla spinta motivazionale e creativa. E poi perché dopo essersi allontanati dal contesto mathcore, hanno progressivamente anche lasciato affievolire la loro anima metalcore, per avvicinarsi a quell’alternative metal che avrebbe dovuto guidarli nella loro quest alla conquista di una platea molto più ampia. Solo che the classic symptoms of a broken spirit (2022), rigorosamente tutto minuscolo, è stato l’album del passo falso, anche più di For Those That Wish to Exist che invece qualche balzo in avanti l’aveva portato.
Provano a rimediare, oggi, con questo nuovo singolo che sembra tornare ai loro scintillanti breakdown: si chiama Seeing Red, e anche se porta con sé quei cori di bambini che creano uno svantaggioso confronto con i Bring Me The Horizon, potrebbe essere il singolo che li fa rientrare nell’era post-metalcore da protagonisti. Sam Carter sembra anche aver fatto pace con il suo marchio di fabbrica: il “blegh”, il verso che, oltre a essere diventato il grido di battaglia di un’intera scena musicale, è anche uno dei tatuaggi più diffusi tra i metallari millennial. Era arrivato a odiarlo, smettendo di proporlo, sia in studio che dal vivo. Oggi invece lo ritroviamo proprio in Seeing Red, che persino spinto qualche titolista focalizzare la notizia del nuovo singolo sul ritorno dell’iconico verso. All’Alcatraz lo urla a pieni polmoni anche durante Hereafter e quando vede un cartello tra le prime file, lo reclama e lo legge: “scrivici blegh e noi ce lo tatueremo”. Scusandosi per la sua calligrafia, sigla il retro del cartello col sorriso. Si respira aria di riconciliazione, di pezzi che tornano al proprio posto.
Per quanto escludere Gone With The Wind dalla scaletta dovrebbe essere proibito da qualche editto delle autorità del metal, c’è molto materiale di qualità assoluta da cui attingere e tantissimi pezzi che, evidentemente, per i fan restano irrinunciabili. Difficile quindi restare realmente delusi, anche se purtroppo i primi quattro dischi della carriera vengono ancora una volta totalmente snobbati, mentre di Daybreaker (2012) viene proposta sempre e solo la solita These Colours Don’t Run. Il resto è un bel mix degli ultimi dieci anni di brani, con una fortissima rappresentanza di For Those That Wish to Exist che in qualche modo resta la pubblicazione più assertiva tra quelle più recenti. Passato e presente si amalgamano comunque molto bene, con Gravedigger e Doomsday a guidare i migliori mosh pit ed Animals a chiudere epicamente un’ora e mezza abbondante di show, che rincuora chiunque fosse uscito dal Knotfest della scorsa estate con il dubbio che questi Architects fossero ormai quasi bolliti. Invece no: ne hanno ancora, ne hanno da vendere.
Il palco è imponente, di quelli che solitamente vediamo in un palazzetto, più che in un club. I ledwall giganti, la struttura a tre piani, i suoni bombastici. Ma per qualche frazione di secondo si riesce anche a intravedere la foto sbiadita di un gruppo di sbarbatelli di Brighton, in fissa con la musica heavy e pronti a ergersi a pionieri di un genere per il quale non smetteranno mai di essere un punto di riferimento. Sono ancora là, nascosti sotto le spoglie di questa band che lotta disperatamente per salire ancora qualche gradino della catena alimentare. Solo solo più composti, meno oscuri, più consapevoli.
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