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Reportage Live

BLIND GUARDIAN: il racconto e le foto del concerto all’Alcatraz di Milano

Il Guardiano Cieco più famoso al mondo ci conduce in un viaggio tra l l’incanto del mondo fantasy e le battaglie stellari, fino ad arrivare al disincanto dei giorni nostri

Articolo di Jennifer Carminati | Foto di Federico Buonanno

Il The God Machine Tour 2023 dei Blind Guardian passerà dall’Italia per due date, ieri, martedì 3 Ottobre all’Alcatraz di Milano e stasera all’Orion di Roma, grazie a Vertigo Hard Sounds.

Solo due quindi le occasioni per rivedere l’amatissima metal band tedesca che torna a farci visita dopo la trionfale celebrazione del 30° anniversario del leggendario album Somewhere Far Beyond Tour lo scorso anno al Rock The Castle in quel di Villafranca di Verona.

Premessa doverosa per chi sta leggendo e non conosce la sottoscritta: di tutti i generi metal esistenti, quello di cui i Blind Guardian sono indiscussi maestri da oltre trent’anni, ovvero il power/epic metal è quello che meno preferisco. Non mi addentrerò a spiegarvene i motivi del tutto riconducili semplicemente ai gusti personali, che, come dico sempre, non sono opinabili e vanno sempre rispettati, e per le prossime due ore cercherò di mettere da parte le mie emozioni ed essere il più obiettiva possibile, ma era giusto essere onesta con chi sta leggendo questo report, e magari non noterà quel trasporto emotivo che mi contraddistingue nello scrivere di una band che seguo e mi piace.

In previsione dell’arrivo di questo giorno ho ascoltato più volte The God Machine, undicesima fatica dei nostri, a detta di chi li conosce meglio di me, ultimo capolavoro dei Blind Guardian e su consiglio di amici e grandi appassionati della band tedesca, ho fatto un excursus sull’intera loro discografia, concentrandomi maggiormente sugli album ritenuti delle vere e proprie pietre miliari del metal.

Occasione quella di oggi da non perdere quindi per vedere la band teutonica, davvero fra le più importanti ed influenti del genere, e saranno tantissimi i fan italiani accorsi in questo martedì di inizio ottobre all’Alcatraz di via Valtellina a Milano a rendere il giusto tributo ai Bardi di Krefeld, che, “almeno una volta nella vita vanno visti”, e dopo questa sera, potrò dire anche io di averlo fatto.

Scardust

A causa di una giornata più impegnativa del previsto in ufficio che mi ha costretto a mettermi sui mezzi in direzione Alcatraz dopo le 20, perdo completamente l’esibizione degli opener della serata Scardust.

Israeliani, in attività dal 2015, con due full-lenght all’attivo, sono dediti ad un progressive metal sinfonico che ho molto faticato ad ascoltare in questi giorni, non conoscendoli e volendo prepararmi per questo report.

Non mi avevano per nulla convinto su disco e non so se dal vivo sarebbero stati meglio e avrei cambiato opinione, ne dubito; non me ne vogliate, non è comunque stata cosa voluta.

È andata così, ce ne facciamo tutti una ragione, io per prima, e mentre scambio quattro chiacchiere con gli amici qui ritrovati, il buon Federico, fotografo della serata, mi porge una birra che non posso certo rifiutare, dando inizio così ufficialmente alla serata.

Blind Guardian

Come detto inizialmente tantissimi i fan che hanno gremito al limite del sold out il locale milanese oggi e con ansia attendono l’esibizione dei Blind Guardian, non vedendo l’ora di sentire finalmente live i pezzi del loro ultimo album The God Machine, e, ve lo dico subito, non verranno certo delusi.

Pubblico eterogeneo, per genere ed età, e cosa che non mi succedeva da tempo, ho visto numerosissime magliette della band, ad ostentare ulteriormente l’amore viscerale che i fan italiani nutrono nei confronti di queste vere e proprie leggende del metal.

Sono le h 21 spaccate quando i cinque teutonici salgono sul palco e attaccano con Imaginations From The Other Side, dall’omonimo album del 1995, e l’esecuzione è stata così potente e impattante che son rimasta quasi senza parole, non mi aspettavo un inizio così col botto, son sincera.

E da qui in poi, è stata una continua collaborazione tra palco e pubblico nel cantare ogni singolo pezzo che i nostri proponevano: non c’è stata canzone senza coro di accompagnamento proveniente dalla folla che dimostra di conoscere perfettamente i testi delle canzoni, e devo ammettere, le canta pure intonate e a tempo. È bellissimo vedere tutto questo, al di là dei gusti personali ripeto, il valore intrinseco che la musica ha di unire le persone è una cosa emozionante, che non può lasciare indifferenti e va riconosciuto il merito ai Blind Guardian di essere una delle poche band al mondo che rende possibile tutto ciò, ancora oggi.

The God Machine non è stato un vero e proprio ritorno alle origini per loro, ma sicuramente ritroviamo anche nella versione live dei tre pezzi da qui presi, ovvero: Blood of the Elves, Violent Shadows e Deliver Us From Evil, una robustezza fatta di chitarre pesanti e ritmiche serrate, con intermezzi centrali melodici che profumano di vecchi tempi, lasciando da parte l’infelice sperimentazione orchestrale di Twilight Orchestra: Legacy of the Dark Lands, album dal quale si terranno ben distanti questa sera. A fine serata, ripensandoci nello scrivere queste righe, ho trovato strano che abbiano proposto solo tre canzoni dal disco di cui stanno facendo il tour, ma visto che si parla di un gruppo che ha quasi quarant’anni di carriera, hanno così tanti pezzi vecchi che la gente vuole sentire che, forse, non possono fare altrimenti.

Dal punto di vista dei suoni, come sempre, l’Alcatraz si dimostra uno dei posti migliori dove poter assistere ad un concerto per quanto riguarda l’acustica, oserei dire quasi perfetta sin da subito.  Palco che non ha bisogno di troppi orpelli è la musica che parla, non la scenografia.

È un piacere vedere suonare il chitarrista André Olbrich, tecnico, veloce e pulito allo stesso tempo, spesso dedito a virtuosi assoli mentre la maggior parte delle ritmiche è lasciata a Marcus Siepen, potente e altrettanto efficace nel suo compito, entrambi impegnati a volte anche ad accompagnare Hansi Kürsch nei cori. Johan van Stratum al basso da qualche anno ormai accompagna la band in tour e fa alla perfezione il suo compito, restando sempre dietro i tre protagonisti principali, così come il tastierista Michael Schüren, defilato a fare la sua di parte, anch’essa importante per il risultato finale. Le chitarre ben si distinguono nei loro riff e la batteria di Frederik Ehmke le supporta con una sezione ritmica martellante che non sbaglia un colpo, a mio parere, molto bravo pure lui, e ricordiamo che ha un’eredità nel ruolo non facile da gestire, ancora a distanza di molti anni dall’abbandono di Thomen.

E cosa vogliamo dire di un Kürsch, un intrattenitore nato, che ci regalerà una prestazione eccellente, priva di grosse sbavature, con solo qualche problema di intonazione sparso qua e là, che gli concediamo ovviamente viste le tante primavere sulle spalle e i problemi avuti all’orecchio qualche anno fa. Con la sua caratteristica voce canterà, fortunatamente, su toni mediamente alti evitando di fare troppi acuti, che personalmente mi infastidiscono e trovo spesso stucchevoli, e dimostra nuovamente cosa vuol dire essere carismatici e coinvolgenti, un vero Frontman con la f maiuscola voluta.

E’ evidente come tutti i componenti della band si divertano a stare sul palco, sorridono, interagiscono continuamente con le prime file, e Kürsch non mancherà di ringraziare più volte l’esercito di agguerriti appassionati accorso questa sera che entusiasta risponde a sua volta agli incitamenti che arrivano dal palco; apprezzabile anche la sua voglia di precedere ogni brano con un discorso, più o meno lungo, più o meno spiritoso, pure troppo dettagliato a volte a mio parere, ma ai fan tutto questo parlare piace, e va bene così.

Una scaletta davvero ben fatta, che attinge da quasi tutta la loro discografia, tralasciando album come A Night at the Opera e Beyond the Red Mirror, oltre al già citato Twilight Orchestra, ben sapendo cosa piace e cosa meno, e si sa, il proprio pubblico va soddisfatto, ancora di più in sede live dove il tempo è ridotto e non si possono sprecare occasioni. In questi 90 minuti non ritroveremo quindi i tentativi, mal riusciti, di pompose orchestrazioni e sinfonie corali che han fatto storcere il naso a molti, ma fortunatamente ascolteremo numerosi loro classici, come la bellissima ballad Nightfall e The Script for My Requiem, che fanno letteralmente impazzire tutti i qui presenti.

Momento acustico con Skalds and Shadows, dal criticato A Twist in the Myth del 2006, dove per qualche minuto siamo immersi in atmosfere medievali, e  i nostri sembrano menestrelli a corte che ci intrattengono con le loro filastrocche sinfoniche che non sempre convincono, a quanto pare.

Le sonorità che li hanno da sempre caratterizzati e li hanno resi maestri di questo genere che quanto poco piace alla sottoscritta, tanto invece, giustamente, coinvolge e travolge le centinaia di metalheads appassionati, le ritroviamo ampiamente in pezzi come Time Stands Still (At the Iron Hill) da Nightfall in Middle-Earth, da molti definiti un capolavoro uscito nel lontano 1998, una potente e impeccabile esecuzione da parte dei nostri anche su questo pezzo, ma è un commento che potrei ripetere per tutti i pezzi proposti questa sera, davvero pazzeschi.

Ma eccoci, siamo quasi alla fine della prima parte del concerto, e Kürsch pronuncia la fatidica frase che tutti attendevano con ansia:

Are you ready for The Bard Song?
I said are you ready for The Bard Song?

Ed è subito magia. Chi è già stato a un concerto dei Blind Guardian sa che quando si arriva a The Bard’s Song – In The Forest è davvero il turno del pubblico: praticamente cantata a squarciagola da tutti, tranne me e pochi altri, che non hanno studiato abbastanza i testi per poter anche solo intonare quello che è diventato un vero e proprio inno della band teutonica. Impossibile davvero rimanere impassibili durante l’ascolto di quel ritornello che rimane nella testa e nel cuore dopo averlo sentito live ancora di più:

Tomorrow will take us away far from home

No one will ever know our names

But the bards’ songs will remain

E dopo questo vero e proprio apice di entusiasmo ed esaltazione velata da un po’ di malinconia è quasi impossibile rimettersi calmi al proprio posto, ma ci si prova, chi sta sul palco e chi sotto, almeno fino al prossimo inno della band.

Con Traveler in Time si chiude la prima parte dello spettacolo e i nostri non fanno in tempo a scendere dal palco accompagnati dagli applausi scroscianti della folla che immediatamente chiede il bis che arriva a brevissimo ovviamente con le pompose orchestrazioni di Sacred Worlds, seguita a ruota da Lord of the Rings.

Ed eccoci, sul finale di concerto, ad un altro immancabile classico del combo teutonico, Valhalla: brano maestosamente bellicoso che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, durante il quale pubblico e band mi son sembrati divenire nuovamente un tutt’uno di voci immersi nell’atmosfera epica e corale che ha saturato ormai l’aria dell’Alcatraz; son rimasta davvero impressionata dalla loro capacità di coinvolgere e trascinare la massa in quelli che risultano essere veri e propri viaggi con l’immaginazione in cui i nostri ti conducono attraverso le loro canzoni.                          

Il tempo in loro compagnia scorre via che è una bellezza e arriviamo così all’ultimo pezzo in scaletta, un altro loro classico che tutti qui si aspettavano e volevano ancora di più come finale, ovvero, l’agguerritissima Mirror Mirror, che sancisce la chiusura definitiva delle ostilità, almeno per quest’oggi.                

E per restare in tema bellico, deponiamo tutti le armi, chi uno strumento, chi la propria voce e chi lo smartphone tenuto saldamente in mano per tutta la durata dello spettacolo, e abbandoniamoci ad un applauso corale verso i bardi di Krefeld che lasciano il palco un’ultima volta, ricordando a tutti noi cosa significa partecipare ad un concerto, e non esserne solo spettatore.

Credo proprio ci rivedremo alla loro prossima incursione italica, che han promesso avverrà molto presto.

Dopo la ormai tradizionale foto di rito della band con il pubblico alla spalle, immancabile cimelio da pubblicare sui social ufficiali, i prodigiosi bardi lasciano il palco, immersi tra gli applausi che sembrano non voler finire mai, a dimostrazione di quanto il pubblico italiano ami questi fieri guerrieri del metallo che alla soglia dei 60 anni non perdono un colpo e se ne guardano bene dall’abbandonare la scena per certi versi da loro fondata, con la formula stilistica che li contraddistingue da sempre e ben funziona ancora.

Viste le premesse di base, per la sottoscritta, non si prospettava una gran serata, e invece, con mio grande stupore e altrettanto piacere, mi sono divertita e ho assistito a uno spettacolo impeccabile sotto tutti i punti di vista, di una band che mi ha pienamente convinto sul fatto di meritare un posto nei libri di storia del power/epic metal e che dal vivo si dimostra essere una grande e rodata macchina da guerra, con tutti gli ingranaggi funzionanti ancora alla perfezione.

Un gruppo leggendario come i Blind Guardian o si amano o si odiano ed è inevitabile che porti con sé, ad ogni uscita discografica e ad ogni live, un carico di aspettative davvero pesante, difficile da sostenere anche dopo oltre trent’anni di carriera e undici album sulle spalle, ma loro ce la fanno ancora egregiamente, uscendone sempre vincitori, qualunque sia la battaglia.

Tra l’entusiasmo e la noia a cui temevo di andare incontro, credo proprio di poter dire a gran voce che questa sera vince a piene mani il primo, e son ben contenta di terminare così questo live report. Non li amo certo, ma neanche li odio, direi che li apprezzo e rispetto per il valore indiscutibile che hanno avuto e dimostrano ad ogni occasione di avere nel panorama metal mondiale.

Spero anche io di non aver deluso le vostre di aspettative e di avervi dato un resoconto oggettivo del concerto di questa sera, ho fatto come sempre del mio meglio, sperando basti.

Alle prossime ostilità, Stay Metal.

Clicca qui per vedere le foto dei Blind Guardian all’Alcatraz di Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)

Blind Guardian

BLIND GUARDIAN: la scaletta del concerto all’Alcatraz di Milano

Imaginations From the Other Side         

Blood of the Elves                                     

Nightfall                                                      

The Script for My Requiem

Violent Shadows

Skalds and Shadows                                  

Time Stands Still (At the Iron Hill)

Deliver Us From Evil

The Bard’s Song – In the Forest                

Majesty                                                        

Traveler in Time                                         

Encore

Sacred Worlds                                             

Lord of the Rings

Valhalla                                                         

Mirror Mirror

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Bergamasca nell'animo, Milanese d'adozione. Di giorno Ingegnere di sera mi trovate con una birra in mano ad un concerto rock o metal. Amo camminare e visitare città che non conosco. Mi piace leggere e ovviamente ascoltare musica, immancabile sottofondo delle mie giornate. Per me essere Rock è una filosofia di vita. I'm hard on the outside but soft on the inside, come un tortino al cioccolato con cuore fondente, of course.

3 Comments

3 Comments

  1. Lorenzo Bernini

    04/10/2023 at 22:02

    Ciao, sono molto in disaccordo sul giudizio dei suoni. Tutto, tranne la voce che a volte appena si sentiva, era troppo alto ed allo stesso livello. Facevo fatica a distinguere i vari fill di André, tanto era coperto dalla sezione ritmica, specialmente la batteria. Inoltre Hansi, nonostante abbia lottato come un leone e portato a casa la serata con onore, era praticamente afono, tanto che la voce gli si rompeva anche solo a parlare. Riusciva a cantare solo facendo un abile uso della distorsione vocale, ma mancava la voce sotto. Anch’io come te ho apprezzato l’atmosfera della serata ed il fare giocoso ed affiatato della band, ma se reputi Hansi eccellente in questo concerto, forse non ne ricordi bene altri…

    • Jennifer Carminati

      04/10/2023 at 22:12

      Ciao. Non ne ricordo altri perche’ era il primo loro che vedevo e come ho scritto ne son rimasta piacevolmente sorpresa. Il discorso suoni e in generale come si sente un concerto, dipende sempre molto anche da dove ci si trova nel locale. L’ho scritto che non e’ stato perfetto nella voce ma ha un carisma che pochi hanno, e quando il pubblico canta cosi quasi a coprire la sua di voce, che gli vuoi dire se non chapeau. Grazie per il tuo commento, sicuramente altri la penseranno come te, altri come me e altri ancora una via di mezzo magari.

  2. Fabio Ronchetto

    05/10/2023 at 07:24

    Ciao. Hansi era tutt’altro che afono. Bastavano un paio di tappi per sentirlo distintamente. Il problema come dice Lorenzo era il bilanciamento dei suoni che effettivamente mi chiedo come si possa sbagliare. Comunque a un certo punto non ci ho fatto nemmeno più caso talmente ero impegnato a cantare a squacia gola. Spettacolare. Ho ancora i brividi. Un grazie a Jennifer e Federico per articolo e foto

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