Definire i Royal Bravada – già subito dal primo official – super gruppo potrebbe non garantirgli mai – o almeno – una partenza da favoriti, ma dopo aver ascoltato e sudato abbondantemente questo loro bel disco omonimo si sente l’urgenza e l’esigenza di dirlo o urlarlo ai quattro venti e al diavolo le sensazionalistiche superstizioni.
Idee soniche eccitanti, energia da vendere, suoni indie esplosivi e hype funkly a mille, tutte caratteristiche che i monzesi fanno circolare in turbolenza calcante dentro le dieci tracce che compongono il disco, una centrifuga sostenuta e dancey che ha come destinazione una evoluzione giovanile tutta tirata verso intemperanze di certi Franz Ferdinand, Arctic Monkeys, Bloc Party – per dirne alcune – fino allungarsi nell’oltre oceano di Modest Mouse, The Killers e via dicendo, un disco (e ne ascoltiamo a milioni) che per farla breve ha le carte giuste nella manica per sbarcare nell’internazionalità, pronto per il big jump nel mainstream e per colonizzare scaffali e scaffali di store ovunque.
Il quintetto crea episodi iperuranici “Hey boy yey girls”, spara ritmi e folgori stroboscopici “Secret”, “Drawing circe”, “Yold fast” un poker di inediti ad alta perdita salina, il clima che è costantemente rovente e ballabile “The wolf” non impigrisce mai, tutto è suonato in funzione del move-it più agitato che ci possa essere e in più esplode in corse rock “Mad dog” o languisce in una diabolica ballad che disegna brividi e sogni conturbanti inconfessabili “Darkside back yard”. Coinvolgenti e agguerriti nella loro operazione “shaker”, i Royal Bravada ridisegnano le planimetrie di un “dancefloor” alternativo che non ha competitori alle spalle ma unicamente uno sterminato futuro davanti.
Avanti tutta!
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