Un disco nelle coordinate buie di questi tempi correnti, un tutt’uno – sembra – con le disillusioni veritiere di questa capacità odierna di non vedere nulla oltre la cortina nebbiosa. Scordatevi le pompate ariose del grande Tamer Animals del 2011, quello che Jesse Tablis ed i suoi Other Lives immettono in questo nuovo disco, Rituals, è una insofferenza umana e stilistica che scava molto dentro, una scaletta di quattordici brani dai colori e sfumati perlacei tendenti al grigio che scansionano una malinconia, tristezza profonda che assorbe tutto come un sale amaro vitale.
Chiamiamola evoluzione stilistica, di timbri o magari di altre vedute creative fatto sta che la formazione dell’Oklahoma prende il largo dalle rive in cui siamo abituati ad ascoltarli e si fa molto più “ombrosa” (la lezione dei Radiohead fa scuola) Fair weater, Reconfiguration, New fog, e ciò non guasterebbe per niente se non fosse per la troppa mano calcante su territori foschi e neri che si avviluppano e (ri)avviluppano fino ad annoiare a stretto giro.
Se poi ci si vuole aggiungere il fattore di una tracklist bislunga il carico raddoppia, ma se si ha la pazienza di aspettare al varco il mugugno melodico di 2 Piramids, la psichedelica fluttuante della ballad English summer o gli archi in amore col pianoforte in No trouble, un grammo di bellezza fa capolino, ma è ben poca cosa nel mezzo di questa kilometrica list, ma diamo tempo al tempo, speriamo in una bella “ravveduta” da parte della band, e che si riporti negli orecchi dell’ascolto con ritrovata grazia e molti più “colori”.
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