Sardegna, Sassari. Nel viale alberato del quartiere residenziale “Cappuccini” basta avere un’orecchio attento per ritrovarsi in un tempio segreto: Alchimede Liuteria. Un laboratorio di strumenti musicali, semplice no? No, perché la storia del liutaio Stefano Mura è tutt’altro che comune.
All’età di dieci anni, già appassionato di musica, in particolare del death metal, Stefano prendeva lezioni di chitarra e neanche lo sapeva cosa fosse il liutaio. Non lo sapeva, ma il suo istinto e la sua indole lo portarono da subito ad agire sugli strumenti in maniera differente: non si fermava a suonare, aveva iniziato a mettere le mani sulla chitarra con un approccio tecnico e manuale. Il tempo passava e Stefano sistemava la sua chitarra e quelle dei suoi amici fino al giorno in cui fece un set up alla chitarra del suo maestro con i mezzi che possedeva: in casa aveva gli attrezzi del padre. Quel giorno il suo insegnante, ora suo cliente, aveva fatto una domanda particolare a Stefano: “Tu cosa vuoi fare dalla mattina alla sera?” Una domanda rivoluzionaria, seguita da un consiglio che Stefano mai dimenticherá: “fai ciò che ti piace fare, se ti piace il mestiere del liutaio, fallo”.
Grazie all’accesso gratuito di internet dell’aula di informatica della sua scuola ad alcune riviste nelle quali trovava le rubriche tecniche dei guitar maker, Stefano poteva soddisfare la sua sete di curiosità, anche se il suo restava un hobby, un hobby con il quale poteva arrotondare quando lavorava durante le stagioni turistiche. Dopo il diploma però era evidente che quel suo passatempo aveva ormai preso una piega differente , Stefano aveva trasformato la sua casa in quello che la madre definiva un Bazar.

Quella di questo ragazzo di Alghero appassionato di musica, ormai era un’attività avviata. La sua è una formazione autodidatta al 100%: leggeva, metteva in pratica e scriveva ai liutiai americani per consulenze tecniche e loro rispondevano, la musica è sempre un mondo pazzesco e inaspettato.
Stefano ha 36 anni e ha aperto la sua attività 14 anni fa con tutte le remore del caso ma, tentare è solo una questione culturale: se non provi come fai a sapere come andrà? E ha fatto bene, perché grazie ad un buon passaparola e alla sua formazione continua, al suo laboratorio iniziavano ad arrivare sempre più artisti di spicco, fino al giorno poi in cui il destino portò alla sua porta qualcuno di davvero determinante . Era il 2014 e nel viale alberato di Sassari, una città a misura d’uomo dove nulla sembra mai succedere, il chitarrista degli “Obituary” Trevor Peres si presentava a Stefano. Dopo più di 25 anni in cui Stefano suonava le canzoni degli Obituary si ritrovava davanti un suo mito. Ma non bastava. I due entrarono così tanto in sintonia al punto di passare un mese insieme per costruire una nuova chitarra.

Una chitarra che ora Trevor usa per incidere i dischi e che si porta con sé in tour. Una chitarra che ha donato al talento di Stefano Mura una visibilità mondiale. Ed è così che ogni tanto, quando il mondo a Sassari sembra fermo, che per esempio Stefano costruisce una chitarra per Patrick Mameli dei Pestilence, anche se la lista degli artisti iconici che varcano la soglia del suo laboratorio è davvero lunga. La verità è che Stefano si porta sempre avanti e da un servizio così unico e particolare che oltre oceano chiedono le sue consulenze, vogliono le sue chitarre e spesso gli artisti prendono più aerei per vedere ciò che c’è dietro la chitarra, quel mondo che Stefano conosce bene perché ha studiato l’oggetto nel profondo, volendone studiare la parte meccanica.
Non sempre è facile avere a che fare con fondamenti di fisica acustica, ma per Stefano, dare un lavoro di eccellenza è più importante di qualsiasi cosa e lo dimostra giorno dopo giorno, lavoro dopo lavoro.

Phebio
07/03/2023 at 15:46
Stefano è una persona preparatissima che si immola per il suo lavoro. Cientoso di questi anni!