Foto di Andrea Ripamonti
Duo originario del lago di Garda, i Gemini Blue nascono nell’estate 2020 da Osasmuede Aigbe e Giacomo Sansoni. Tra tradizione e futuro il disco d’esordio ‘Players Will Play, Lovers Will Play’ raccoglie l’anima sperimentale della band, una fotografia del loro percorso musicale dove la contrapposizione di suoni sintetici ed acustici porta il duo ad abbracciare diversi stili musicali, in una produzione decisamente contemporanea.
Il vostro album ‘Players Will Play, Lovers Will Play’ esplora una vasta gamma di stili musicali, dal blues, passando dal rock, fino ad arrivare ai ritmi africani… Come siete riusciti a fondere queste influenze così diverse in un unico lavoro coeso?
Nel nostro caso, le nostre varie influenze derivano dai nostri ascolti musicali, che a loro volta influenzano il nostro modo di suonare. Quando abbiamo prodotto il nostro disco, abbiamo cercato di riportare ciò che proponiamo durante i nostri live in termini di influenze musicali. Alla base di tutto, c’è stata una grande genuinità nel processo creativo. Durante la scrittura delle canzoni, non ci siamo concentrati su come fondere tutte le nostre influenze artistiche, ma semplicemente suonando e provando, abbiamo lasciato che la magia accadesse. È stato inevitabile che emergesse un connubio delle musiche che più amiamo e che più ci parlano.
L’improvvisazione e la sperimentazione sono elementi chiave nella creazione dei vostri brani. Potete descrivere il vostro processo creativo e come trasformate queste idee in canzoni complete?
Ogni brano nasce a modo suo, però capita spesso di arrivare in sala prove e suonare, giusto per scaldarsi diciamo, e improvvisare qualcosa di nuovo che se poi ci piace sviluppiamo in maniera più dettagliata sempre in sala. Altre volte sono idee che ci mandiamo via whatsapp, anche un banale audio che poi sviluppiamo.
Così è diciamo più o meno come scriviamo, in studio poi l’esperienza è diversa, ci piace molto sperimentare senza paure appunto e delle volte anche stravolgere il brano.


Durante le selezioni di X Factor avete sorpreso tutti suonando una versione afrobeat del classico di Jimi Hendrix, ‘Hey Joe’. Come è nata l’idea di reinterpretare il brano in questo modo e qual è stata la vostra reazione alla reazione entusiasta della giuria e del pubblico (e nostra 🙂 )?
La versione di Hey Joe che abbiamo suonato a XFactor proviene da una fusione dello stile blues rock tradizionale e dei ritmi africani, Lionel Loueke, un chitarrista che stimiamo moltissimo, suona una versione tendente a quel mondo, noi l’abbiamo presa ed abbiamo accentuato ancora di più i colori del continente madre, senza perdere di vista la carica impressionista dell’Acid Rock Hendrixiano.
È una versione particolare sia per sonorità che per perizia tecnica di esecuzione, ma sicuramente è d’effetto e trovare stampato sui volti dei giudici di xf lo stupore è stato un momento di soddisfazione immensa.
Avete menzionato che le vostre radici musicali affondano nel blues, prendendo ispirazione da artisti come Junior Kimbrough e The Black Keys. Come avete trasformato queste influenze blues e modern blues in qualcosa di unico e personale nel vostro sound?
Spiegare come le nostre influenze si siano trasformate nel nostro sound è sempre difficile, sicuramente c’è tanto ascolto del dettaglio e smisurato amore non solo per la musica ma anche per i contesti socio – antropologici dei generi in questione.
Nel caso specifico di Junior Kimbrough ad esempio è essenziale anche il fatto che la sua musica sia un vero e proprio fondamento sul quale ci si può sviluppare quello che si vuole, è un terreno fertile che invita a metterci del proprio. Con questo non significa che non abbia le sue peculiarità, ma che la sua musica sia in grado di ispirare gli artisti nonostante gli anni che passano, forse essere ispirati da Stravinsky (diciamo un nome a caso) porterebbe delle influenze più invadenti sul nostro sound.


L’artwork del vostro album è il risultato di una collaborazione con il Collettivo KNUP! Come si è sviluppata questa collaborazione e quale messaggio volete comunicare attraverso l’immagine dell’album?
La collaborazione con i ragazzi di KNUP! è nata un po’ per caso, uno di loro al tempo lavorava nel locale sopra al quale noi stavamo registrando il disco. Ci siamo conosciuti, e condiviso le nostre “forme d’arte”. Le loro immagini che ci hanno colpito fin da subito per il loro impatto e per i temi. Abbiamo lavorato sui temi dell’amore, della natura, e della tecnologia, di cui parlano i brani e che sentiamo nostri.
Il primo lavoro fatto insieme è stata la copertina del singolo “Demons of The City” e poi successivamente l’album.
Per quanto riguarda il messaggio che vogliamo comunicare, ci teniamo a lasciare che ognuno la interpreti a proprio modo, i temi comunque rimangono quelli detti prima 😊
Il vostro primo album completo, ‘Players Will Play, Lovers Will Play’, segna un importante traguardo nella vostra carriera musicale. Qual è il significato di questo album per voi come artisti e cosa volete che i vostri ascoltatori prendano da esso?
Il nostro primo disco è sicuramente un momento importantissimo per la storia della nostra vita, da ragazzini sognavamo di avere della nostra musica incisa ed ora eccola qua!
All’interno del disco potete trovare di tutto: dai nostri cuori spezzati, i meandri più oscuri della nostra spiritualità alla semplice voglia di lasciarsi andare e trascinare dalla musica.
Come in ogni buon lavoro artistico che si rispetti noi vorremmo che la gente ci traesse quello che vogliono, in base alle loro vite e ai loro vissuti.
Vogliamo che si commuovano e che si disperino, che ridano e che siano felici.
Quali sono i vostri piani futuri dopo l’uscita di ‘Players Will Play, Lovers Will Play’? Ci sono progetti o collaborazioni che potete anticiparci per il futuro?
Abbiamo un po’ di progetti si, magari anche qualche collaborazione ma non ne siamo ancora certi. Di sicuro abbiamo nuova musica pronta da registrare.
Per ora stiamo suonando in giro portando il disco, prossimamente saremo in giro e faremo anche delle aperture molto interessanti.

