Torna finalmente il progetto di Bandit con un singolo disponibile da venerdì 8 novembre 2024 su tutte le piattaforme digitali per Bradipo Dischi (in distribuzione Believe). “Camerata“, questo il titolo del brano, è un nuovo e inaspettato capitolo che segue una lunga assenza dalla pubblicazione di un piccolo cult della scena indipendente. Nel 2011 uscì infatti clandestinamente il primo album di Bandit “Quando la luce grande della discoteca“, pubblicato poi ufficialmente in versione restaurata nel 2023, che fu un inconsapevole manifesto generazionale irriverente e dolce-amaro.
Prima anticipazione di un nuovo disco in arrivo quest’inverno, la genesi di questo brano risale a quando Bandit, leggendo dei programmi di partiti di estrema destra, li trova così stupidi da decidere di metterli in musica. Immaginando quindi un dialogo tra un giovane camerata e un vecchio commilitone, svela un clamoroso errore di marketing dei movimenti nazionalisti. È un canto di guerra, che per ferire il nemico se ne frega di fare vittime innocenti, confidando nella maggiore intelligenza degli amici colpiti di striscio, rispetto ai nemici di sempre.
Abbiamo potuto assistere a una conversazione surreale, che abbiamo il piacere di riportarvi qui, in occasione dell’uscite del nuovo brano.
Dopo l’inarrivabile disco d’esordio, Bandit ritorna con un singolo sbagliatissimo, divisivo, davvero poco furbo e lesivo della sensibilità di chiunque: Camerata.Al fine di evitare facili accuse di faziosità, pensiero unico, teoria gender, che la musica è tutta in mano alla sinistra, il nostro si è lasciato intervistare da Indro Montanelli redivivo.
MONTANELLI: Mi perdoni se le sembrerò diretto, ma comincerei subito con una domanda scomoda. Perché lei si definisce Popstar Socialista? In che senso socialista?
BANDIT: Vede, io rivendico la necessità di un comunismo ortodosso di facciata, estetico. Da quando il comunismo sovietico è caduto e non esiste più un’alternativa, il neo-liberismo è riuscito a schiacciare e umiliare la classe lavoratrice, perché non c’è più all’orizzonte il timore di una rivoluzione comunista. Agitando lo spauracchio dell’Urss i lavoratori hanno ottenuto numerose conquiste e i padroni hanno calato le braghe. Ecco, bisogna tornare a far paura ai padroni. Non importa credere davvero nella rivoluzione, ma è necessario fare finta di crederci per fare di nuovo paura alle classi dirigenti, e riappropriarsi di tutti gli aspetti del comunismo, inclusi quelli più sgradevoli e illiberali, come il brutalismo, la dittatura, le purghe, l’industrializzazione forzata, le falci e i martelli, il culto di Stalin. La paura del comunismo è l’unica cosa che i padroni capiscono.
MONTANELLI: (con uno sguardo pensieroso) Una visione potente, ma inquietante. Come fa a riappropriarsi anche solo per puro giuoco letterario di un’eredità che consta di milioni di morti, di tortura e sopraffazione, di un calpestio reiterato e continuo dell’individualità e della libertà politica? Mi scusi un secondo, ADUA!
Adua, gentilmente, porta un tè al nostro ospite!
Arriva una fanciulla eritrea portando un servizio da tè sulla testa. Bandit declina l’offerta.
BANDIT: Mi scusi Montanelli, ma proprio lei parla? Non ha forse lei dichiarato ai servizi segreti americani che la rivolta comunista era imminente, suggerendo loro di attuare un colpo di stato in stile Pinochet? Non ha forse lei detto che trovava preferibile una dittatura militare al comunismo?
Montanelli si alza di scatto, estrae un P38 e la punta contro la ragazza eritrea, che urla terrorizzata.
MONTANELLI: Adesso basta! Guardi che uccido la ragazza! Si inginocchi e dica a gran voce “Viva Pinochet!” o ammazzo la ragazza! Guardi che lo faccio!
BANDIT: No la prego! Si calmi, la prego! Non le faccia del male.
MONTANELLI: Urli subito “Viva Pinochet!” o ci ammazzo entrambi! Giuro che lo faccio! Rinunci subito al comunismo e prometto che vi lascio andare!
BANDIT: Okay, okay, sì rinuncio al comunismo, a Marx, e le dirò, lo sa che Pinochet ha fatto anche cose buone?
Montanelli lascia Adua e si ricompone.
MONTANELLI: Bene, Bandit, mi dicevano che lei è un musicista. Mi dica, ha mai pensato al Rock identitario?
BANDIT: Si arrabbia molto se le dico che non è il mio genere?
MONTANELLI: (sorridendo bonariamente) No, no, si figuri, la capisco benissimo. È davvero un genere inascoltabile anche per me. Sa, io ho ascoltato i suoi componimenti. Naturalmente trovo i testi sediziosi e facinorosi, e francamente impresentabili, tuttavia le sue arie, le melodie, sono dotate di una certa grazia che le devo davvero riconoscere. Lei potrebbe dedicarsi alla sola composizione delle musiche, che le riesce molto bene, e lasciare a me la stesura dei testi. Potrei fare con lei quello che feci con Lucio Battisti molti anni fa!
BANDIT: Scusi cosa ha fatto lei con Battisti?
MONTANELLI: Mogol era solo un mio prestanome, ero io il paroliere di Battisti. Le faccio vedere!
Montanelli si alza, si siede al pianoforte e comincia a cantare con voce rauca.
MONTANELLI: Sogno al mio risveglio di trovarti accanto/ Intatta con le stesse mutandine rosa/
Non più bandiera di un vivissimo tormento/ Ma solo l’ornamento di una bella sposa…
ADUA! Balla!
Adua si mette a ballare per non contraddire Montanelli.
MONTANELLI: Dunque, siamo d’accordo Bandit?
BANDIT: Direi che non ho scelta.
MONTANELLI: Allora, mi lasci fare una telefonata.
Montanelli compone un numero e porta l’apparecchio all’orecchio.
MONTANELLI: Pronto! Julio? Julio sono Indro, mi senti? Bene, sospendete tutto! Ferma i forestali e falli rientrare, non c’è più bisogno. La minaccia comunista è qui con me e l’ho appena neutralizzata da solo.