Articolo Jennifer Carminati | Foto di Roberto Finizio
I concerti di Ludovico Einaudi al Teatro Dal Verme di Milano come da tradizione ogni dicembre fanno registrare il tutto esaurito, segno che l’appuntamento milanese è molto atteso e sentito, sia dall’artista stesso che dal suo pubblico.
Questo tour internazionale lo vedrà tornare in Italia quest’estate, in una serie di concerti immersi in oasi e riserve naturali, parchi rupestri e siti archeologici, e se ne avrò occasione non mancherò di certo.
Soggetto principale è ‘Underwater’ il suo primo album di pianoforte solo degli ultimi venti anni, dopo il celebre ‘I giorni’ del fine 2001: uscito lo scorso gennaio e inciso durante il lockdown perché come da lui stesso dichiarato, il silenzio e l’isolamento imposti dalla pandemia hanno influito in maniera positiva sulla sua arte, aiutandolo a convogliare le energie in maniera costante verso il processo compositivo di questi dodici brani, dal suono fortemente melodico e da una partitura ai limiti dell’essenziale ma non per questo meno efficace e ficcante, anzi.
Ad accompagnare il pianista e compositore torinese, classe 1955, ci saranno dei giovani musicisti di grande talento: Redi Hasa al violoncello, Federico Mecozzi al violino e alla viola e Francesco Arcuri alle percussioni ed elettronica, presenti anche in molte sue registrazioni discografiche.
I titoli dei suoi brani, da sempre, richiamano elementi concreti e sensazioni ben definite che aiutano a sentire fisicamente quasi le emozioni che l’autore intende evocare con quella specifica ritmica e partitura: spesso piacevole e rilassante a volte più inquietante e drammatica.
In quest’album è come se Einaudi si fosse immerso letteralmente sott’acqua col suo pianoforte e ne risulta un suono ovattato, quasi a volersi isolare in un’altra dimensione, lontana dal caos e dal rumore che caratterizza la civiltà moderna e da qui è spesso utile allontanarsi per prendersi i propri tempi e spazi.

Adoro Einaudi, a riprova il fatto che è nella mia top5 di Artisti più ascoltati su Spotify anche in questo 2022 ormai giunto al termine. Quando ho saputo che avrei avuto l’onore oltre che onere di recensirlo non ci ho dormito la notte, credetemi. Mi son chiesta e richiesta cosa posso scrivere di una star internazionale di tale calibro che suona solo il pianoforte e non ha testi? Non ci sono scenografie magniloquenti o effetti pirotecnici da commentare, che posso dire a chi vuole leggere la recensione di un concerto a cui magari non è potuto andare?
Alla fine, dopo tante notti insonni mi son detta che l’unica cosa che potevo fare era descrivere quello che per me è il Maestro e ciò che a me suscita la sua Musica, quello che mi accade dentro quando lo ascolto e le emozioni che mi scatenano i suoi brani.
Quello che farò quindi in questa recensione, e spero sia cosa gradita, sarà condividere con voi lettori le immagini e le sensazioni a cui la sua musica mi rimanda con gli occhi chiusi e il cuore aperto, in ascolto con l’anima, come tutti dovremmo fare approcciandoci ad un’Artista di tale calibro.
Non serve nient’altro se non la potenza evocativa delle note in cui siamo invitati ad immergerci per le prossime due ore, a dimostrazione di quanto spesso siano inutili le parole e basti un ascolto attento per scatenare in noi amore, gioia, rabbia, tristezza, malinconia, libertà ecc. ecc. a ognuno la sua sensazione.

Ludovico Einaudi arriva sul palco, quasi in punta di piedi e come suo solito saluta il pubblico con un gesto schivo, si accomoda subito al suo pianoforte dando le spalle alla platea ed inizia a far scorrere le sue dita su quei tasti bianchi e neri che sprigionano però mille altri colori di emozioni. Sono in una posizione privilegiata questa sera, e ringrazio Ponderosa Music & Art oltre che RockON ovviamente di questa opportunità, e vi assicuro che è quasi ipnotizzante il modo con cui Einaudi li tocca quei tasti, con una delicatezza estrema, quasi accarezzandoli; si lo ammetto ogni tanto gli occhi li ho aperti per vedere i musicisti a distanza ravvicinata e credetemi è davvero emozionante e ancora più coinvolgente.
Una musica la sua intrisa di una pregnante carica evocativa pur restando semplice e leggera, ma non nel senso di mancanza di profondità, sia chiaro, nel senso di leggerezza: l’intento è quello di alleggerire le nostre spalle dei pesi che ognuno di noi ha e di farci sentire quasi sospesi in un’altra dimensione per il tempo dell’ascolto almeno.
Si parte con “Atoms” pervasa da quelle atmosfere dolci e quasi spensierate, per poi passare ai toni più inquieti e drammatici di “Wind Song”, a ricordare quasi l’alone di nostalgia e malinconia che ci pervade in autunno come le foglie che cadono al suolo.
“Rolling Like A Ball” invece ci fa pensare a una primavera dei sensi, a qualcosa che sta nascendo o si sta risvegliando, che sia un fiore che sta sbocciando o un nuovo amore; il senso dell’arrivo di questa stagione è confermato in “Flora”.
I ritmi più pacati e riflessivi di “Natural Lights” ci ricordano quanto possa essere rilassante trascorrere certe giornate a oziare immersi nella natura tanto amata e salvaguardata dall’artista stesso; quest’anno il tema del suo interesse principalmente è quello legato ai cambiamenti climatici e nelle poche parole spese questa sera non manca di sponsorizzare il Cortometraggio di “Climate Space” che seguirà subito dopo il concerto nella sala adiacente dal tema: il rapporto tra natura e città.
Con le tonalità più intense e calde di “Almost June” siamo invece scaraventati alle porte dell’estate col suo ritmo fluido e scorrevole che ci fa quasi percepire davvero il calore del vento caldo in viso.
Oltre ai brani più recenti questa sera c’è spazio anche per alcune delle principali composizioni che hanno reso celebre il pianista torinese durante la sua trentennale carriera.

L’apice viene raggiunto con i brani “Cold Wind Day 3” e “The Path Of The Fossils”, entrambe tratte dal suo particolare progetto musicale “Seven days walking” del 2019, con un’atmosfera differente, sembra quasi di essere con lui a camminare tra le montagne e immersi nei propri pensieri più reconditi che solo il silenzio attorno riesce a far emergere quasi con prepotenza dal nostro Io più profondo.
“Una Mattina”, neanche a dirlo, mi riporta al sentimento più puro che esista, l’Amicizia: la famiglia non si sceglie ma gli amici si, ed è per questo che sono speciali. Il brano reso celebre per l’utilizzo nella colonna sonora di “Quasi amici” (film del 2012, brano del 2004), rievoca proprio come dall’incontro di due mondi apparentemente agli antipodi, possa nascere un legame vero e profondo, che va oltre le apparenze, lo stato sociale e il pensiero comune a cui la maggior parte delle persone si è omologato.
Tra i brani più famosi dell’artista, arriva a coccolarci la superba “Nuvole bianche”, e di nuovo torna quel senso di leggerezza e sospensione, tanto cari all’artista, e anche a chi come me sta ancora lacrimando dal precedente sconquassamento interiore.
Atmosfera che cambia nuovamente con l’oscillazione tra i ricordi persi e quelli che ancora si devono creare in “Divenire”, brano di una potenza immensa.
A chiudere queste due ore intense “Experience”: partenza timida del pianoforte, a cui si uniscono successivamente gli archi, poi anche le percussioni che, con un andamento travolgente e incalzante, sembrano quasi scandire il nostro tempo delle nostre giornate, fatte di tutto questo miscuglio di esperienze, passioni, rumori ma anche silenzi e momenti di quiete.
Poche parole ma spese bene, per farci notare come, per loro musicisti, fare tante date di seguito nello stesso luogo è una sorta di esercizio filosofico tutt’altro che facile da affrontare e che avere un pubblico del genere ogni sera li ripaga però di ogni sforzo.
Applausi lunghissimi e una standing ovation saluta il congedo di Einaudi dal suo pubblico. Inchino finale di tutti i musicisti a tutta la platea e escono dal palco con le mani che battono tra loro senza volersi fermare.
In queste due ore ci siamo fatti trascinare in un’esperienza travolgente, diversa per ognuna di noi nell’intensità con cui si vivono le emozioni ma allo stesso tempo unica e con un senso comune; la musica di Einaudi, come già detto, trascende i gusti e le generazioni, fa bene alla mente ma soprattutto al cuore.
Ho ascoltato quasi ogni brano con gli occhi chiusi, mi sono commossa su alcuni mentre su altri ho sorriso e su altri ancora mi son riaffiorati pensieri che forse avrei preferito rimanessero sott’acqua…o forse no, meglio così, le emozioni anche quelle brutte come il dolore vanno attraversate, non nascoste o messe da parte, e la musica ha anche questo magico potere catartico oltre che curativo.
Non vedo già l’ora sia domani per riascoltarlo come mio solito nei pomeriggi del fine settimana in cui sto in casa tranquilla e Einaudi è un sottofondo musicale di cui non mi stanco mai.
A conclusione di questa recensione per me particolarmente sentita condivido con voi questa frase di Friedrich Nietzsche che sento profondamente mia e che sarà il tatuaggio che mi regalerò questo Natale:
Senza musica la vita sarebbe un errore.
E non c’è altro da aggiungere.
Clicca qui per vedere le foto di Ludovico Einaudi in concerto a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)
LUDOVICO EINAUDI: la scaletta del concerto di Milano
Atoms
Wind Song
Rolling Like a Ball
Natural Light
Swordfish
Flora
Cold Wind Var. 1
Low Mist
L’Origine Nascosta
Fly
Elements
The Path of the Fossils
Almost June
Una Mattina
Nuvole Bianche
Divenire
Walk
Experience
