Articolo di Jennifer Carminati
La band post-hardcore Brutus finalmente, grazie a Barley Arts arriva anche in Italia per due imperdibili occasioni: domenica 22 ottobre al MONK di Roma e lunedì 23 ottobre al Legend Club di Milano, data a cui ho preso parte oggi. Purtroppo, a causa di un grave lutto che ha colpito direttamente il locale, il concerto di sabato 21 ottobre 2023 al Colorificio Kroen di Verona è stata annullato.
Questo tour è l’occasione per presentare l’ultimo lavoro in studio Unison Life, uscito lo scorso anno, acclamato dalla critica e amato dai fan, che fa seguito ai precedenti Nest del 2019 e Burst del 2019, accolti positivamente dagli amanti del genere.
I Brutus sono un gruppo belga formatosi nel 2013 composto dalla cantante e batterista Stefanie Mannaerts, dal chitarrista Stijn Vanhoegaerden e dal bassista Peter Mulders, tre amici che decidono di fare la propria musica un po’ come se la suonassero nel garage di casa, ma portandola in giro per il mondo e riscuotendo un successo tanto inaspettato quanto meritato. Questa è l’impressione che mi hanno dato da subito, affetto tra di loro e passione tramutata in una musica personale e sentita, ed è stata confermata dal concerto di questa sera che sto per raccontarvi.
Nelle loro canzoni uniscono una commistione di generi derivanti dalle influenze dei singoli che danno luogo ad un post-hardcore irrequieto ed emotivamente crudo che attraversa il panorama del rock ma anche del metal, con un suono tanto pesante quanto facile all’ascolto.
L’orario di apertura delle porte al Legend Club questa sera è previsto alle 20.30 con inizio dei concerti alle 21. Al mio solito arrivo al locale un po’ prima e con mio grande piacere trovo già una fila di qualche decina di persone all’ingresso che andrà via via aumentando, a conferma che quando la qualità dell’offerta c’è le persone arrivano, qualunque giorno sia. Il locale di viale Enrico Fermi poi è garanzia anche di qualità per i suoni offerti e infatti, anche questa sera, tutto questo verrà confermato.
Alle 21 spetta ai Kariti dare inizio alla serata. Artista russa che abita in Italia da tempo con un album all’attivo in cui, tra preghiera e rito pagano, basati su canti funebri della sua e della nostra tradizione, omaggia i cari estinti. Covered Mirrors, questo è il titolo dell’album, rimanda all’antica usanza funebre italiana, ancora in voga in certi paesi del Meridione, di coprire gli specchi delle case dei defunti con panni e coperte, in modo che la loro immagine non vi rimanga bloccata o possa trascinare con sé persone ancora in vita. Lei stessa definisce la sua musica come “folk in lutto” e in effetti, rende bene l’idea dell’atmosfera che abbiamo respirato in questi 30 minuti in sua compagnia.
Suoni dolorosi cantati in inglese e in parte anche in russo che danno luogo ad un’esperienza di lamento, una litania agonizzante a tratti che non è certo facile rappresentare su di un palco, ma lei è davvero molto brava e carismatica nel farlo. Il doom-metal si incrocia con cantilenanti riff plumbei che fanno emergere la profondità emotiva di quest’artista che mi ha ricordato molto Chelsea Wolfe, come credo a molti dei qui presenti che presumo conoscano la Sacerdotessa dark per eccellenza.
Pubblico chiuso in un rispettoso silenzio che si spezza solo per un timido applauso finale più che meritato. Ottimo inizio di serata, è davvero bello andare ad un concerto e scoprire nuove band di cui non si sapeva neanche l’esistenza.
In questa mezz’ora che passa veloce, tra una birra e una chiacchera, il locale milanese che accoglie sempre con piacere gli amanti della buona musica, qualunque genere essa sia, si è riempito, e devo ammettere, non mi aspettavo un’affluenza del genere. Ogni tanto vengo piacevolmente stupita dal pubblico, tra l’altro molto vario stasera sia in termini di età che di stile, a dimostrazione che la buona unisce e cancella tutti i confini di genere.
Sento davvero un clima di attesa tra i presenti, un fermento carico di aspettative per i Brutus: un gruppo che non passa frequentemente dalle nostre parti, e questa è la prima volta che lo fa da protagonista. Ho avuto già occasione di vederli come supporto ai Cult of Luna qualche anno fa e mi avevano piacevolmente stupito oltre che incuriosito. Non capita spesso di vedere una Frontman che sta alla batteria e in entrambi in ruoli si dimostra essere un’eccellente performer, e chi mi conosce lo sa, solitamente ho qualche remora nei confronti delle voci femminili nel metal soprattutto, ma non è questo il caso di averne.
Chitarra, basso, sintetizzatore ed effetti a pedale, amplificatori e un drumming martellante fanno sì che dal vivo i Brutus siano una vera e propria potenza, suonano prevalentemente hardcore, almeno alle mie orecchie, ma incorporando anche melodie molto orecchiabili, combinando la voce aggressiva a linee più pulite della talentuosa Stefanie che nel mentre non perde un colpo che sia uno dietro le pelli.
Aprono con la furiosa Liar, uno dei miei pezzi preferiti dell’ultimo album, e non c’è voluto molto per capire che questi ragazzi ci sanno fare davvero: il loro suono è denso, energico e pieno di emotività grezza ma allo stesso tempo impattante, non superficiale. Stefanie è timida e dura allo stesso tempo, è evidente come, con il suo carisma innato, tiri le fila di questo trio che in pochi anni si sta facendo velocemente spazio nell’underground a buon merito ripeto. Peter e Stijn fanno il loro, strumentalmente parlando in maniera impeccabile, e dal punto di vista della tenuta del palco anche, ma sono ovviamente offuscati dalla luce abbagliante che emana la Frontwoman dietro le pelli.
Chitarra in pieno stile drone metal per Chainlife, con una sezione ritmica centrale davvero pesante e martellante e la voce di Stefanie qui particolarmente distorta e aggressiva.
In brani come War e Dust, invece, la sua voce mi è sembrata su toni più alti rispetto al disco e mi ha spiazzato non poco questa cosa, ma nel complesso suonava tutto bene, devo ammettere.
Pubblico che segue praticamente ogni canzone cantandola, con un headbanging costante e qualche breve accenno di pogo.
Per What have we done Peter imbraccia un basso a 6 sei corde e ritmi si fanno più lenti e malinconici, mentre in Space la chitarra di Stijn rimanda chiaramente ai Pink Floyd, come è giusto che sia, dai maestri si deve sempre imparare e possibilmente emulare, non scopiazzare. Riff dinamici e semplici misti a suoni distorti, in un perfetto stile post-rock davvero orecchiabile senza essere mai banale o scontato, questo sono i Brutus e piacciono per questo.
Nella scaletta c’è spazio anche per Sugar Dragon da Nest, un tantino più complessa delle altre che personalmente non avrei proposto dal vivo, fosse anche solo per la lunghezza, e infatti viene accolta con un po’ di freddezza dagli astanti.
Chiude una performance davvero buona il singolo Victoria con un ritornello che ti rimane subito impresso cantato in coro dal pubblico che fino alla fine dimostra di apprezzare e conoscere bene la discografia del gruppo belga che lascia il palco tra gli applausi entusiasti.
La grintosa e altrettanto dolce Stefanie dietro il microfono ringrazia più volte il pubblico accorso numeroso in queste date italiane che si concludono oggi e ci promette di tornare presto, per rivivere altre emozioni indimenticabili come quelle vissute stasera.
E ce lo auguriamo anche noi di rivedere presto questi ragazzi davvero meritevoli di emergere e farsi conoscere sempre più, perché la loro proposta è originale e dal vivo acquistano un valore aggiunto che è la loro evidente coesione e voglia di farci sentire la loro musica davvero ben strutturata e suonata con il cuore.
Bravi davvero questi Brutus, quando torneranno in Italia, perché lo faranno, assicuratevi di esserci e non ve ne pentirete.
Io sicuramente li rivedrò in qualche festival estivo in cui già hanno confermato la loro presenza; volete sapere quale?
Stay tuned and Stay Metal, e lo scoprirete 😉.
BRUTUS: la scaletta del concerto Legend Club di Milano
Liar
Horde II
War
Storm
Justice de Julia II
Miles Away
Brave
Chainlife
What Have We Done
Space
Dust
Sugar Dragon
Victoria
