Articolo e Foto di Emanuela Bonetti (Roma) | Foto di Denis Ulliana (Marostica)
“This Life Under The Stars” è il tour promozionale che porta nuovamente i Take That in Italia per promuovere il loro ultimo album, “This Life”, uscito nel 2023. Ormai da anni ridotti in una formazione a tre, i Take That sembrano essere uniti ed in sintonia più che mai. Anzi, come prima, più di prima.
Nati ed esplosi negli anni Novanta, sulla scia del loro successo sono emerse in seguito tutte le boyband che hanno costellato il successivo ventennio nella scena pop britannica e americana. Basti pensare ai Blue, i 5ive, gli East 17, Boyzone, ‘Nsync, Backstreet Boys e One Direction, giusto per citarne alcuni.

Ma noi siamo qui per Gary Barlow, Mark Owen e Howard Donald, i nostri superstiti, che nel tempo nonostante le perdite e le battute d’arresto, hanno saputo tornare sotto i riflettori alla grande.
Oggi non assistiamo più a scene di delirio collettivo come era prassi nei primi anni della loro carriera. Eppure, il pubblico che ritroviamo ai loro concerti, negli anni è rimasto lo stesso. I Take That non hanno subito un ricambio generazionale e per questo, l’età media di chi incontro ad ogni loro concerto, è alta. Non solo: i fan arrivano da tutto il mondo, non si tratta prettamente di donne e proprio per questo i loro concerti sembrano vere e proprie feste di famiglia. Quelle feste alle quali incontri gli amici ed i cugini lontani, ti conosci naturalmente da bambino ma ti ci accompagni poi per il resto della vita. ‘Once a Thatters, always a Thatters!’, questo il moto e questa è la più grande delle verità.

Dopo la breve esibizione di Zak Abel, cantautore britannico dalla (meravigliosa) voce soul, termina l’attesa e finalmente calano le luci. Le prime a riaccendersi sono le due T sullo sfondo del palco, poi arriva un’esplosione di luci rosse e sulle note di ‘Greatest Day’ fanno capolino i nostri eroi.
La Cavea dell’Auditorium prevede, come ogni volta, posti a sedere e non in piedi. Sappiamo bene che è un’assurdità: già sulle note di ‘Giants’, secondo brano, lo stesso Mark parla al pubblico e lo invita a non essere timido: «Come join us!».
Nessuno se lo fa ripetere due volte. In un attimo, una marea di fans si riversa sottopalco con buona pace per coloro che hanno speso 600€ di biglietto per avere i posti riservati in prima fila. Questo, però, è un altro discorso (polemico), rimaniamo invece con i nostri beniamini.
La serata scorre tra aneddoti, canti e coreografie, le stesse che li hanno resi famosi negli anni. Se da giovani amavano spesso restare a petto nudo e indossare borchie e accessori dal sapore vagamente sadomaso, questo è un lusso che oggi può sicuramente concedersi Howard. Fisico statuario, tonico, muscoloso – aiutatemi a dire quanto il tempo non lo abbia minimamente scalfito. Da sempre più ballerino che cantante, negli anni ha dovuto aiutare a ricoprire i vuoti della band ed il risultato è davvero ottimo.

Gary è da sempre il vero frontman, il vero cantante ed il vero musicista – insomma, quello col talento. Se per anni non ha spiccato per bellezza, sicuramente le sue capacità e le sue doti sono quanto è stato in grado di mantenere a galla la band per oltre trent’anni.
Mark Owen, la prima vera cotta nel mondo musicale della sottoscritta, si riconferma un ibrido: colui a cui piace fare un po’ di tutto. Dal canto al ballo, senza scordare però che sa anche suonare la chitarra.
Queste tre personalità, oggi, sono un unicum affiatato, rilassato, divertente e che funziona. Nessuno primeggia sugli altri poiché, a conti fatti, tutti fanno tutto. Howard, come già detto, da accessorio coreografico ha conquistato sempre più spazio e sicurezza sul palco e i tre, insieme, sono davvero ancora una grande potenza.

Non mancano i sorrisi, le risate, le gag. I tre si concedono tantissimo al pubblico: come prima, più di prima. Raramente si staccano dal bordo palco, è un continuo toccare le mani dei fans, costantemente alzate. Forse sarebbe stato interessante vedere una variazione nella setlist, che invece si conferma identica a quella del concerto di Marostica e presumibilmente rimarrà tale anche per l’ultima data, quella di Bologna. Ma gli artisti internazionali così sono: arrivano con uno spettacolo rodato, sicuro e questo è sinonimo di riuscita.
Non c’è spazio per nessun bis: peccato che la chiusura sia affidata a ‘Rule the World’ e non alla precedente, più nostalgica e storica, ‘Never Forget’. Che, manco a dirlo, è stata cantata all’unisono da tutti. In attesa di rifarlo ancora, come prima, più di prima.
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TAKE THAT – la scaletta del tour italiano
Greatest Day
Giants
Everything Changes
Shine
A Million Love Songs
I Found Heaven
Pray
How Deep Is Your Love? (Bee Gees cover)
Patience
The Flood
Get Ready for It
Windows
This Life
Relight My Fire (Dan Hartman cover)
These Days
Hold Up a Light
Back for Good
Never Forget
Rule the World
