di Beatrice Bianchi
Se mi chiedessero di descrivere l’esperienza d’ascolto di Epic Arguments, l’EP d’esordio del giovanissimo Savnko, probabilmente la accosterei ad un viaggio in noir alla Orson Welles, sotto effetto di peyote.
Fin dalla copertina proietta in una dimensione sensoriale alternativa: un puppet in primo piano con tratti accennati che diventa quasi un feticcio, un totem identificativo di un prodotto che difficilmente riesce ad essere etichettato in un genere unico; lo sfondo, sovraesposto e rumoroso, ha tutta l’aria di essere un negativo di una fotografia, che vedremmo benissimo appesa nella camera oscura in cui ci trasporta l’ascolto.
Si va a costituire un chiaroscuro elettronico in cui ambient e techno vanno a conciliarsi in un prodotto musicale unico, che si rielabora e si rinnova costantemente, grazie probabilmente anche alla duplice influenza musicale, italiana e d’oltremanica, che appare molto marcata, e all’evidente tendenza alla sperimentazione.
Le sei tracce, 22 minuti in totale, accompagnano in un universo multisensoriale che trascende i confini della coscienza, enigmatico e stimolante. Thephoenix, il primo brano, introduce l’ascoltatore nelle tenebre, con un tragitto enigmatico ed inquietante verso un’oscurità che sembra illuminata solo dai flash dei beat. In quella che sembra una morte del cigno (si può forse infatti parlare anche di neo-classica per cercare di individuare un genere in cui racchiudere l’EP) si spiana la strada per un esplosione nella rinascita della fenice elettronica. Ogni brano sembra quindi andare a sfruttare il synth in tutte le sue potenzialità, fino a chiudere il cerchio con Whistle, che pare concludersi con la trasposizione in musica di una withdrawal syndrome, naturale conseguenza di questo percorso onirico e allucinato.