

PEARL JAM - Backspacer
Universal
Tornano ad irrompere con il loro sound più infiammato che mai i Pearl Jam.
Per questo nono lavoro in studio la band di Seattle ha voluto nuovamente dietro la cabina di regia Brendan O’Brien, che ha prodotto già “Vs”, “Vitalogy”, “No code” e “Yield”. L’intervento di O’Brien non è casuale e calza a pennello, dopo le incertezze dell’omonimo del 2006, dato che con “Backspacer” Vedder e compagni riprendo la mira di un rock incandescente che entusiasmerà sicuramente coloro che accorreranno ai loro concerti.
Sì, perché questi undici brani sembrano perfetti per la resa live, con chitarre serrate e con la batteria di Cameron sempre prontissima a sostenere gli altri McCready, Gossard ed Ament, oltre alla sempre più carismatica voce di Vedder. Le intenzioni dei Pearl Jam sono chiare dai primissimi secondi, con la potente e dinamica “Gonna see my friend”, perfettamente sospesa tra le istanze degli Who ed il crossover di stampo Usa dei ’90.
Il brano successivo non è da meno con il ritmo serrato di “Got some”, nel quale i cinque artisti riescono a coniugare molto bene momenti frenetici ad altri melodici.
Ottima anche la resa di “The fixer” tanto graffiante, quanto carica, mentre risulta scheletrica ed essenziale, ma all’occorrenza infiammata la saltellante “Johnny guitar”. Vedder poi sembra recuperare due brani dalle sessions di “Into the wilde” con “Just breathe” e “The end”, due brani molti intimi e raccolti.
“Amongst the waves” è l’unica nota stonata di un lavoro nel complesso molto buono, dato che in questo brano sembra che la band di Seattle cerchi un’epicità di cui non hanno bisogno, ma per fortuna che, invece, con “Supersonic” partono a razzo con un punk-grunge indimenticabile.
“Backspacer” in pratica è un invito a nozze per i loro concerti.

