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Jazz:Re:Found 2024: alla scoperta della nuova edizione del festival immersivo nel Monferrato

Come ogni anno Jazz:Re:Found introduce novità, amplia e fortifica le certezze, ma soprattutto coltiva connessioni e rapporti in un’ottica di continuo miglioramento in continua armonia col territorio. L’edizione 2024 – in programma da mercoledì 28 agosto a domenica 1 settembre – si configura come la più ricca di sempre e per cogliere al meglio questo nuovo step nel percorso dell’evento immersivo di Cella Monte, nel Monferrato patrimonio UNESCO, abbiamo intervistato il direttore artistico Denis Longhi.

Una delle vostre parole chiave è “esperienza”, che ricorre anche più di “festival”. Dove sta la differenza per voi e per il pubblico?

È un po’ una tendenza del post-Covid: terminata la grande sbornia accelerazionista degli eventi, con un’assenza generale per un anno e mezzo, tutta una serie di realtà più legate al mondo culturale hanno sviluppato una tendenza verso l’approfondimento, l’esplorazione più consapevole, più lenta e molto più dimensionata all’interno delle comunità B2B, ovvero legata a un certo tipo di mercato culturale e più attenta ai contenuti. Se per Jazz:Re:Found la necessità di regalare un’esperienza, piuttosto che vendere un servizio, era già abbastanza presente nelle sue prime fasi a Vercelli e a Torino – a maggior ragione cercando sempre di affrontare la proposta di servizi in maniera diversa, un po’ più naif, con uno spazio di libertà più vicino alla nostra sensibilità, per gratificare dal punto di vista culturale e sensoriale le persone – tutto quello che abbiamo iniziato a proporre ha preso la vocazione o la denominazione di “esperienza” e va sempre più incontro a un certo tipo di richiesta più lenta e più consapevole, soprattutto non legata solo alla musica. La musica è calata dentro una serie di ingredienti che rendono quel tipo di esperienza unica.

A tal proposito, l’aggiunta della nuova area “Kidz” e del programma di pratiche wellness nell’area glamping fa pensare che l’arricchimento del Jazz:Re:Found sia orientato a rendere la permanenza più inclusiva e totalizzante possibile. A cosa aspirate?

Anche da un punto di vista pragmatico, entrando nell’ottica in cui la vendita dei servizi diventa un pezzo importante del cashflow e del balance del festival, l’obiettivo è far sì che il pubblico resti il più possibile all’interno dell’area e del villaggio del Festival: un’area grande, che permette di non annoiarsi, di avere in quattro o cinque giorni una varietà di proposte non solo dal punto di vista musicale e gastronomico, ma anche a livello di wellness. Per esempio, la parte dedicata ai bambini è diventata fondamentale: ormai abbiamo tra il pubblico molte giovani famiglie con bambini, che permettono ai più piccoli di svagarsi e ai genitori di poter affidare a qualcuno i propri figli in ambiente protetto e consapevole.

La cura dei dettagli del Jazz:Re:Found si estende anche al servizio bar, che quest’anno presso il glamping sarà gestito da R.A.M. – Radici a Moncalieri. Come nascono collaborazioni di questo tipo con altre realtà del territorio?

Una passaggio fondamentale per noi è stato imparare a delegare e a farlo bene a soggetti che incarnano lo spirito di Jazz:Re:Found, non solo dal punto di vista musicale, ma anche dal punto di vista dell’atteggiamento rispetto alla società civile. A dimostrazione di questa direzione, quest’anno abbiamo introdotto un bando per gli esercenti che va a selezionare la qualità e la sensibilità di chi opera sul terreno pubblico. In questo caso, il coinvolgimento di RAM è una scelta del nostro team di Torino, che vede in loro dei partner interessanti sia dal punto di vista qualitativo dell’offerta gastronomica, sia nella capacità di intercettare il pubblico legato al mondo del camping e del glamping, che ha un atteggiamento e dei rituali sicuramente diversi dal classico pubblico dei festival o dei campeggi “balneari” e va a toccare un tema preciso.

Tra le tante novità dell’edizione 2024 c’è anche la collaborazione con Rubrasonic e la sua tecnologia SoundTag, che vi ha permesso di disseminare l’area di QR Code e punti NFC per accedere a contenuti informativi sul Festival. Quanto è importante per voi la consapevolezza degli utenti?

In continuità con i nostri progetti di digitalizzazione – abbiamo vinto un bando TOCC di Invitalia che l’anno scorso ci ha permesso di implementare l’attivazione del sistema cashless su tutti i nostri Festival (Jazz:Re:Found, Transatlantica e da quest’anno anche Arcipelago) – quest’anno abbiamo introdotto un servizio per le persone diversamente abili, che saranno geolocalizzate, potranno acquistare e farsi recapitare i prodotti con un servizio runner di consegna.
Con Rubrasonic andiamo a creare una sorta di realtà aumentata, in cui tutti i fruitori di tutti gli stage, con un tag NFC o con un QR code, potranno approfondire informazioni riguardo ad artisti ed esperienze in modo veloce e più smart tramite telefono. Stiamo studiando per il futuro anche un sistema di prossimità bluetooth, in cui si evita di fare il tap e arriva automaticamente una notifica per approfondire tutto lo spazio dello stage.

Parlando di musica, quali sono i pezzi pregiati di questa edizione? Ci sono tante premiere italiane e tante esclusive nazionali.

Per la comunità più interna a Jazz:Re:Found, Marcos Valle sarà sicuramente un nome che riscuoterà successo, anche perché è uno dei pochi rimasti di quella generazione di gamechanger del lifestyle brasiliano, che ha portato il jazz in una direzione più esotica anche fuori dal discorso della bossa nova. I Glass Beams sono la scommessa più grande di quest’anno: mi immagino che il loro concerto possa racchiudere in una sintesi i suoni che arrivano dal Mediterraneo, dal Sud-Est asiatico non esattamente occidentale – e che hanno trovato nei Khruangbin uno sviluppo ipercontemporaneo – oltre a un mondo no-gender innanzitutto privo di genere dal punto di vista musicale. Un’altra delle mie scommesse personali è il collettivo Orii: la nuova diaspora, l’eredità di Ezra Collective e di tutti i fenomeni della jazz wave londinese degli ultimi 20 anni, che incarnano più di altri l’eredità di Fela Kuti e il mondo afrobeat jazz. Ma i nomi da citare sarebbero troppi: Greentea Peng è uno dei più attesi; Ezra Collective per me è quasi scontato, ma è probabilmente la band più importante in questo scenario a livello mondiale, e potrei andare avanti. La cosa che consiglio a tutti è di passare molte ore all’Ecomuseo, perché di solito sono lì le grandi scoperte, che avrei difficoltà a raccontare perché non sono molto notiziabili, ma le cose più interessanti e più sorprendenti arrivano proprio da quello spazio.

C’è qualche artista tra i meno noti che vorreste suggerire e che pensate potrebbe stupire chi non lo conosce?

Tra i meno noti, oltre a Orii, credo che una grossa sorpresa potrebbe essere Azula Bandit, che incarna un nuovo stile di club culture, molto diversa dalla nostra, che incrocia un po’ i temi dell’Amapiano più ancestrale, non ancora fuso con un certo tipo di post-dance e che invece incontra i suoni della nuova grime e della nuova trap; è un linguaggio sicuramente contemporaneo, ragionato ritmicamente proprio per le persone che ballano a sedicesimi o a trentaduesimi, non in 4/4, in una sperimentazione dei movimenti del corpo molto attenta agli accenti e alle ritmiche scomposte.

Come sempre, ci sono anche alcuni nomi che saltano all’occhio rispetto agli altri. Penso a Nino Frassica e Fink, in modi diversi ma entrambi un po’ esotici rispetto al resto della lineup. In che modo si inseriscono nell’insieme?

Fink può risultare un po’ esotico oggi, ma è un nome che ho provato a chiamare per 15 anni a Jazz:Re:Found ed era molto centrato nella prima dimensioni Ninja Tune; oggi forse ha trovato una strada un po’ diversa, ma lo ritengo ancora molto vicino al mondo post trip-hop e broken beat che ha ispirato Jazz:Re:Found. Mentre con Nino Frassica – come già era accaduto per le operazioni di Lundini o De Piscopo o Tony Esposito – c’è un po’ questa necessità di allargare l’immaginario e fare provocazioni con personaggi che, comunque, al di là della loro espressione artistica (vicina alla nostra sensibilità) hanno proprio un tema di lifestyle e significato iconico che rientra molto nella dimensione di Jazz:Re:Found. Per quanto possa sembrare macchiettistico all’interno di questo contesto, sicuramente Nino Frassica è un personaggio che descrive molto un certo tipo di comicità sottile, noir, visionaria e un po’ grottesca che appartiene al nostro team.

Non sono una novità, ma si confermano parte fondamentale della programmazione, gli spin-off a Sala Monferrato e Rosignano Monferrato. Cosa rende così speciale questi appuntamenti e come vengono recepiti dal pubblico?

Gli spin-off sono nati per fair play politico nei confronti di una comunità allargata a livello geografico, ma soprattutto anche per tenere un atteggiamento inclusivo nei confronti del territorio UNESCO che ha come centro nevralgico Cella Monte, ma che trova negli altri borghi la sua completezza a livello paesaggistico e di definizione culturale. Con i sindaci di Sala e Rosignano portiamo avanti da tempo un discorso per far sì che in futuro, trovando altre risorse a livello di supporto istituzionale o privato, il Festival si possa allargare; uno degli obiettivi è arrivare fino a Moleto, che è un po’ il luogo che ha generato il nostro rinnovamento in Monferrato. Questo dunque è un primo passo per espandere il Festival, per quanto possa rimanere centrale Cella Monte, con uno sviluppo tra Sala, Rosignano e Moleto.

Quest’anno c’è anche una forte sinergia con il nuovo Todays Festival. Com’è nata questa collaborazione e come si sviluppa?

Già tanti anni fa, con Gianluca Gozzi avevamo condiviso anche Nylon a Vercelli – un festival coraggioso e molto pionieristico visto oggi a distanza di dieci anni, per contenuti e ambizione intellettuale. Il nostro legame con Torino è costante, grazie al team più giovane di Jazz:Re:Found che risiede sotto la Mole, ma anche grazie a diverse collaborazioni, da TUM con Gambo alla vecchia squadra di We Play fino a Sweet Life Society e Imbarchino. Todays è un festival che ha sempre raccontato un altro significato della musica indipendente a Torino; con Club2Club e Kappa è molto difficile stabilire connessioni – perché per quanto facciamo generi e musiche diverse siamo tecnicamente sovrapponibili quindi comunque dei competitor – mentre il mondo di Todays è abbastanza diverso e ci è quindi stato chiesto di partecipare come curatori per la parte di clubbing: quindi prima della settimana di concerti – che tra l’altro si sovrappone a Jazz:Re:Found, ma in maniera intelligente, con dei nomi più pop e indie, mentre LCD Soundsystem e Massive Attack sono fuori dalla nostra programmazione – ci è stato chiesto di anticipare il festival con preview che potessero dare un po’ di visibilità a Jazz:Re:Found a Torino ma soprattutto potesse aprire i lavori per il nuovo percorso di Todays che, al di là delle polemiche e delle sensibilità personali, è un patrimonio di Torino e va tutelato. Noi probabilmente avremmo dato un supporto a qualsiasi progetto o direzione artistica, mentre non è detto che un’altra direzione artistica avrebbe chiesto il nostro supporto.

Oltre al festival c’è molto di più. Cos’è Jazz:Re:Found Garden, in che modo il brand si è evoluto e in che modo prevedete che si evolverà ancora?

Il brand Jazz:Re:Found Garden è un po’ un ritorno alle origini: dal collettivo Noego è nata Casa Noego – il piccolo contenitore che raccoglieva le progettualità dell’associazione – oggi JZ:RF Garden è il grande contenitore in cui vengono gestiti tutti i progetti di Casa Noego e Happy Few (rispettivamente, associazione e società). JZ:RF Garden gestisce tre festival basati su un format molto simile, il format boutique che va a valorizzare i territori; una stagione di eventi JZ:RF Series (ex Black&Forth) con cui impolliniamo durante l’anno, soprattutto su Milano, e diamo continuità alla nostra attività con concerti tra Biko, Santeria, Alcatraz, Fabrique e Magnolia; il programma di residenze artistiche, che speriamo di riavviare quest’anno, dopo un anno di assenza sulle residenze italiane perché impegnati in un progetto europeo che ha avuto un ottimo sviluppo; tutte le parti curatoriali, come la consulenza su Todays piuttosto che diversi privati che ci chiedono collaborazioni; soprattutto la casa effettiva di JZ:RF Garden, che è diventata Ottimo, questo hub di Vercelli dove possiamo ospitare il team nella foresteria, c’è una parte di somministrazione cibo e bevande, un listening bar, la sede dell’associazione Ale per Sempre (il motivo principale per cui è nato questo progetto). JZ:RF Garden è finalmente diventato il brand che sta sopra tutto e custodisce i vari marchi, la stagione e le residenze, Ottimo è diventato il luogo fisico che ne custodisce tutti i progetti.

JAZZ:RE:FOUND FESTIVAL 2024
28 agosto – 1 Settembre
Cella Monte / Monferrato Unesco

Prevendite disponibili

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