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Interviste

Marta Lucchesini: le colonne sonore, Marat e la periferia di Roma

É disponibile dal 9 gennaio su tutte le piattaforme di streaming digitali la colonna sonora di “Sul sentiero blu“, prodotto da Indyca, distribuito da Wanted Cinema, e diretto da Gabriele Vacis.

A firmare la colonna sonora (edita da New Lanark Film and Music) è la compositrice Marta Lucchesini, nota anche come cantautrice con lo pseudonimo Marat. Dieci tracce che raccontano l’avventura di un gruppo di giovani con autismo e dei loro educatori e medici che hanno camminato per 200 km in 10 giorni lungo la via Francigena per dimostrare e dimostrarsi che la gestione delle difficoltà e delle emozioni è possibile. Marta Lucchesini, le cui canzoni sono già state sincronizzate in Tv Series di successo come Christian, Il Cacciatore e Non Mi Lasciare, collabora da due anni con il compositore Giorgio Giampà con il quale ha firmato la colonna sonora del film Netflix italiano più visto dalla nascita della piattaforma ad oggi “Il mio nome è vendetta” e quella del documentario di Sabina Guzzanti “Spintime”, presentato al Festival di Venezia nel 2021.

Reduce dalla pubblicazione del suo ultimo ep “Tempesta e calci” (ad aprile per Le Siepi Dischi, come Marat), in “Sul Sentiero Blu”, Marta Lucchesini percorre parallelamente la strada della musica per film intrecciando temi strumentali e canzoni in una colonna sonora che si muove tra sussurri ed esplosività. Lucchesini è ora al lavoro alla colonna sonora del documentario messicano “Imposters”, ha prestato la sua voce alle musiche di Giorgio Giampà per la Tv Series Disney+ “The Good Mothers” e sta preparando il suo nuovo disco come Marat.

Noi dovevamo saperne qualcosa in più.

Riesci ad esprimerti e a realizzarti anche dal punto di vista autoriale, anche in un lavoro commissionato come quello di una colonna sonora per un film?
Scrivere canzoni e scrivere colonne sonore sono due modi di esprimersi molto diversi. La canzone è, o almeno dovrebbe essere, solo un’urgenza personale di chi la fa. La colonna sonora è strettamente fusa all’esistenza di un’opera audiovisiva, e, a meno di rari casi, nasce di conseguenza a questa. A pensarci quindi per me la colonna sonora è un motivo di realizzazione ed espressione ancora più grande della canzone, perché, anche se in un’esercizio di sinergia, si riesce a raccontare spesso qualcosa di complesso e articolato, avendo a disposizione un maggiore spazio. Inoltre nel panorama pop/leggero di oggi faccio davvero fatica a trovare spazio e motivazione, perché i requisiti sono totalmente aleatori e dettati dal caso, non, appunto, da un’urgenza espressiva.

Quanto entra il volere del regista per quanto riguarda una colonna sonora? E com’è andata, nello specifico, per questo film?
Il regista tiene le redini di tutti i reparti, e deve fare da garante a se stesso e alla sua visione del film prima di ogni altra cosa. Per questo ancora prima di iniziare a lavorare si studia l’idea che ha del suo film per cercare di stare quanto più possibile sulla sua stessa lunghezza d’onda. In questo film è successo quello che dovrebbe succedere sempre, e cioè che, per quanto mi riguarda, dal principio siamo sempre stati sulla stessa lunghezza d’onda. Ci sono stati degli scambi su dei punti specifici, ma tutto ha funzionato molto bene perché la visione che avevamo del ruolo che doveva avere la musica, era praticamente la stessa.

Cosa ti ha colpito di “Sul sentiero blu” nel suo complesso?
“Sul sentiero blu” ha il potere di farci entrare a capofitto in una dimensione che pochi conoscono bene e molti pensano di conoscere. E lo fa semplicemente facendoci partecipare, lasciando succedere le cose in presenza di una telecamera. La cosa che mi ha colpito di più è l’intimità che Gabriele Vacis e Michele Fornasero sono riusciti ad ottenere.

Rivedremo presto anche Marat? Dov’è finita? 
Marat ogni tanto viene annientata da quanto le succede intorno, però continua sempre a scrivere, ci sono già un sacco di canzoni pronte e c’è un sacco di voglia di suonarle dal vivo. Vediamo 🙂

Ti manca mai vivere la musica, ma non come fosse un lavoro?
Sai, ho passato così tanto tempo a farmi sbattere in faccia, da gente che ne sapeva molto meno di me, il fatto che per me la musica non fosse un lavoro, che sinceramente vado molto fiera che ora lo sia. Questo è il punto: Marat non ce la fa perché a decidere se fare canzoni possa diventare un lavoro sono delle dinamiche che non so gestire, e che probabilmente, nonostante gli sforzi, non riesco a riconoscere. E poi non mi manca perché per me oltre a un lavoro è sempre la prima cosa che ho voglia di fare da quando mi sveglio a quando vado a letto.

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