“In Anima” è il nuovo album di Disarmo, cantautore di casa Fonoprint tra influenze internazionali che si spingono fino al soul e al gospel. Un lavoro dall’alto tasso introspettivo, che abbiamo voluto approfondire direttamente con l’artista.
Ciao Disarmo, è da poco uscito il tuo debut album “In Anima”? Se ci immaginassimo una cartina geografica, dove metteresti la puntina di questo album? Sono curioso di sapere quanto c’è di Italiano e quando invece di respiro più internazionale. Dal punto di vista musicale si sentono molte influenze estere…
Ciao! Si hai ragione, viste le influenze Soul e R&B dovrei indicarti probabilmente la East Coast. Per quanto riguarda la musica italiana resto fan del movimento alt-rock 90-2000 di cui però non c’è traccia all’interno di “In Anima”, quindi le sonorità sono indubbiamente di respiro internazionale.
Come si è sviluppata la scrittura e la nascita di queste canzoni e com’è stato lavorare su questo disco in studio?
Ogni pezzo ha una genesi tutta sua ma tendenzialmente testo e musica nascono insieme e per questo album ciò è avvenuto sempre davanti ai tasti di un pianoforte.
Il lavoro in studio è stato molto intenso, ho registrato tutti gli strumenti ad eccezione della batteria e ho cercato di vivere ogni singola nota o parola mentre la registravo.
In queste canzoni hai cercato di “ricamare” il più possibile o ridurre all’osso la struttura musicale?
Le strutture e gli arrangiamenti sono rimasti fedeli ai provini, il lavoro di “ricamo” è stato fatto direttamente in studio facendo delle sessioni di improvvisazione sulle parti, molte delle quali sono state tenute nei master definitivi. In generale con Claudio Adamo che è il fonico e produttore dell’album abbiamo seguito un’onda creativa tornando raramente indietro.
In alcune canzoni si sentono molte influenze gospel, sei d’accordo? Come nasce questa scelta?
La risposta è che mia madre ha sempre ascoltato gospel, quindi sono cresciuto ascoltando da Mahalia Jackson a Kirk Franklin; è un genere che prende il suo spazio nel mio bagaglio musicale.
Come ti immagini questo disco e queste canzoni su un palco?
Me lo immagino in due versioni: trio (batteria, pianoforte, basso) più essenziale, oppure in formazione completa con l’aggiunta di una chitarra e un synth; mi piacerebbe che due dei musicisti fossero ragazze per completare le armonie vocali.
Ad ogni modo mi immagino delle situazioni abbastanza intime quasi da jazz club con picchi dinamici che ricordino che il rock resta pur sempre il genere più fico del mondo.
Scrivere canzoni cambia il modo di vivere e di vedere aspetti della vita secondo te?
Nel mio caso mi da una comprensione più profonda riguardo quello che provo rispetto a diversi aspetti della vita. Scrivere mi costringe sempre a guardare in faccia i miei sentimenti, anche quelli più nascosti, quelli che a volte tenderei soffocare.
Sulla carta d’identità di questo disco cosa troveremmo sotto “Segni Particolari”?
Cupo, delicato, inquieto.

