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HOOVERPHONIC: “Orgogliosi di essere una eclettica legacy band, vi aspetta un concerto onesto e potente”

Il trio belga torna in Italia il 21 marzo per un’unica, imperdibile data del tour 2024. Nel bagaglio porteranno il loro nuovo album, un patrimonio di canzoni costruito in quasi trent’anni di carriera e un quartetto d’archi che li accompagnerà nei live

Intervista di Silvia Cravotta

On the road da quasi trent’anni, gli Hooverphonic non sembrano affatto intenzionati a volersi fermare. Assente dai palchi nostrani dal lontano 2019, il trio originario delle Fiandre si esibirà il 21 marzo ai Magazzini Generali di Milano per l’unica data del tour prevista nel nostro Paese, il giorno prima dell’uscita del loro dodicesimo album in studio, Fake Is The New Dope. Alex Callier, fondatore della band insieme al chitarrista Raymond Geerts, ci ha raccontato con un entusiasmo trascinante chi sono gli Hooverphonic, che progetti hanno e cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo live. Con loro in scena ci sarà Geike Arnaert, voce storica dal 1997 al 2008 e dal 2020 ad oggi. Un ritorno molto apprezzato dai fan di un gruppo che ha cambiato diverse volte formazione e mischiato generi musicali restando sempre, innegabilmente, Hooverphonic.

Sono passati cinque anni dal vostro ultimo concerto in Italia. Cosa è cambiato e chi sono gli Hooverphonic del 2024 che tra pochi giorni si esibiranno a Milano?

It’s the original magnificent three (e qui la risposta va mantenuta in inglese per lo splendido gioco di parole con il titolo di “The Magnificent Tree”, anno 2000 ndr). Abbiamo un album nuovo in uscita e presenteremo alcune delle tracce ma ormai sono quasi trent’anni che siamo in giro, siamo una band con una eredità importante e ovviamente suoneremo molte canzoni di questo nostro patrimonio. Tante sicuramente da Blue Wonder Power Milk e da Sit Down and Listen, che l’anno scorso ha festeggiato vent’anni. Per celebrare questo ventennale siamo in tour con un quartetto d’archi e sarà tutto molto live, suoniamo con archi veri e quello che vedrete sul palco sarà un concerto onesto e potente.

Abbiamo sentito i primi singoli di Fake Is The New Dope. Ma che album sarà?

Il nuovo album torna indietro alla musica elettronica degli anni Novanta, l’influenza sulle nuove tracce è quella del trip hop, dell’hip hop, del 4-to-the-floor stile Tod Terry, ma è allo stesso tempo anche un album molto Hooverphonic, il che significa molto eclettico. Siamo sempre stati una band eclettica e lo resteremo perché amiamo tanti generi musicali e siamo fan da sempre degli anni Sessanta e delle band di quel periodo, che erano decisamente versatili. Crosby, Stills, Nash & Young avevano ballate, canzoni folk e canzoni rock tutto in un unico album e gli stava bene così. I Beatles sono il migliore esempio. Se pensiamo al loro White Album troviamo il cuore rock di Helter Skelter, Rocky Raccoon che è una canzone da cantautore folk, il pop di While My Guitar Gently Weeps, c’è tutto, per quello è uno dei migliori album di sempre.

Dobbiamo aspettarci qualche sorpresa durante il concerto, magari qualche unreleased?

Direi di no, suoneremo i singoli del nuovo album. Però abbiamo scelto Cheek To Cheek che non è mai stata pubblicata, l’abbiamo registrata intorno al 2004 ma mai usata, e ora la suoniamo come canzone d’apertura dei concerti. Ma ovviamente suoneremo Club Montepulciano ed Eden dal secondo album, Jackie Cane, Mad About You, Vinegar & Salt. Esistiamo da tanti anni, per definizione siamo una legacy band e suoniamo tante canzoni da questa nostra eredità. Ad esempio, suoniamo Electro Shock Faders e sono passati quindici anni dall’ultima volta che lo abbiamo suonato, lo stesso per Battersea. Siamo orgogliosi di questa grande eredità che ci portiamo dietro.

Di sicuro c’è tanta Italia nella vostra legacy: da Club Montepulciano ad Amalfi, fino alla storica collaborazione con Luca Chiaravalli e al video di Dont’ Think girato a Gallarate. Possiamo parlare di un legame speciale?

Nel 2000 siamo venuti diverse volte in Italia per Mad About You e mi sono innamorato di questo Paese. Quando avevo 14 anni suonavo già in diverse band e mentre i miei fratelli lavoravano per pagarsi le vacanze, io lavoravo per comprare amplificatori e batterie. Ho preso il primo aereo a 18 anni per andare a Pisa, dove ho collaborato con uno studio ed è là che ho imparato che devi mettere più sale nell’acqua della pasta (ride). Da quando siamo stati in tour per tutto il Paese ventiquattro anni fa, sono tornato ogni anno. Questa Pasqua, contrariamente alla tradizione, non sarò sulla costa toscana ma di sicuro verrò presto a trovare Luca (Chiaravalli, ndr), siamo buoni amici e ci piace scrivere insieme. A volte lo facciamo senza alcun obiettivo, giusto per il piacere di farlo. La maggior parte delle volte sono sessioni divertenti perché non c’è alcuna pressione, devi solo seguire le tue sensazioni e il tuo cuore. Come è successo per Don’t Think, una delle nuove canzoni.

Cosa è successo per Don’t Think?

Nel periodo dell’isolamento forzato per il Covid, Luca mentre faceva provare il microfono a suo padre, lo ha registrato per caso mentre parlava. Il pezzo era così divertente che lo ha tagliato e mixato con alcuni sample, d’altronde c’era molto tempo libero nel periodo della pandemia. Quando sono andato a Gallarate me lo ha fatto sentire e anche a me è piaciuto. Avevo questa melodia, questa idea in testa e alla fine è nata la canzone. E la voce che si sente nel video all’inizio della canzone è proprio quella del padre di Luca.

Questa traccia, come le altre uscite, ha un sound ballabile e allegro. È una reazione agli anni difficili che abbiamo attraversato e che ancora viviamo?

In realtà dopo la pandemia ho sofferto di depressione: non fa parte della mia natura ma è stata una reazione a due anni in cui non abbiamo potuto fare quello che amiamo. La ripresa è stata divertente perché nel 2021 siamo andati all’Eurovision a Rotterdam, peccato che ha vinto l’Italia! (ride). Ma quando siamo tornati non si poteva ancora andare in giro a suonare e così ci sono ricaduto. Ci si è aperta la possibilità di fare dei concerti in Francia, unico Paese in Europa in cui era possibile in quel momento, ma io ero bloccato. Mia moglie mi ha spinto ad andare ed è stato strano, già dopo qualche ora sul tourbus ho iniziato a sentirmi meglio. E la sera, appena finito il concerto, ho ringraziato il pubblico presente perché è decisamente il miglior Prozac al mondo. Quando sono rientrato da quel minitour stavo benissimo.

Quindi quali emozioni ci dobbiamo aspettare da Fake is the New Dope?

Ho scritto molte delle canzoni di questo album in quel periodo di depressione e temevo che uscisse fuori un lavoro oscuro e melancolico. Quando l’ho finito ho detto a Geike che era piuttosto energetico, confortante e pieno di speranza. Alla fine, parla di come uscire dalla depressione, molte canzoni sono state ispirate da questa sofferenza ma anche dal processo necessario per uscirne. Questo ha fatto sì che non sia totalmente Hooverphonic: i nostri testi erano di solito più sognanti, la nostra musica era la maggior parte delle volte una fuga dalla realtà. In questo album ci sono canzoni come United States of Amnesia sul fatto che non impariamo dal passato o The Night Is Long dove il tema è quello dell’uso delle armi in America. Questo è il motivo per cui quest’album è meno una fuga e più un confronto con quanto sta accadendo nel mondo e nella nostra società.

Quello del nuovo album è un titolo estremamente contemporaneo. A cosa è riferito il “plastic world” del ritornello?

Fake Is A New Dope avrebbe potuto avere un punto di domanda alla fine perché è una domanda che noi facciamo a noi stessi. Ci siamo ormai abituati al fake, anche musicalmente, pensiamo all’autotune che utilizzano molti cantanti, per le foto usiamo fotoshop, per i nostri corpi c’è la chirurgia plastica e adesso anche l’intelligenza artificiale. Non sono contro l’AI, la uso tutti i giorni nel mio lavoro, come un assistente artificiale, ma penso che tutto questo dovrebbe essere usato in modo saggio. Più che altro ci chiediamo dove si andrà a finire.  Questo titolo è un riferimento al fatto che siamo ormai abituati a tutto questo fake e ne siamo spaventati e attratti contemporaneamente, quello che dobbiamo chiederci è dove sta l’equilibrio tra usarlo bene e usarlo troppo. Tanto più se pensiamo alla musica, che deve generare emozioni e non può farlo senza

L’intelligenza artificiale non avrebbe mai potuto scrivere una hit globale come Mad About You

AI può generare canzoni medie, da strada, Mad About You non è un brano con una struttura comune, è completamente fuori dagli schemi e questo la rende così speciale. Ovviamente la amiamo, è la nostra canzone più famosa, un evergreen da due milioni di streaming alla settimana dopo 24 anni. Ancora oggi vedo perché funziona così bene e perché la voce di Geike è così perfetta per questa canzone. Abbiamo cambiato molte cantanti ma nessuno riesce a cantarla come fa lei, è davvero sua. Sono felice di averla scritta così come sono felice di tante nostre canzoni, che sono tutte come dei figli per me. Ma posso capire perché Mad About You ha avuto tanto successo, e la cosa divertente è che viene usata tantissimo per i matrimoni nonostante sia una canzone su una relazione decisamente impossibile.

A proposito di Geike, è bello che siate tornati insieme. Promettete che lo resterete ancora a lungo?

Il trio originale è per noi la versione definitiva degli Hooverphonic, sentiamo che è così che deve essere e siamo molto felici di essere tornati insieme. Continueremo anche l’anno prossimo col tour che celebrerà i 25 anni della canzone e i 30 anni di carriera. Per quest’anno facciamo uno show fantastico, grazie all’accompagnamento del quartetto. Gli archi, un piano, due chitarre e una base di batteria insieme alla splendida voce di Geike sono esattamente ciò che di cui abbiamo bisogno per rendere al meglio le nostre canzoni in versione live.

HOOVERPHONIC

GIOVEDÌ 21 MARZO 2024
MAGAZZINI GENERALI – MILANO

Biglietti in vendita a questo link > https://link.dice.fm/Qd3716fab3a0

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