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Interviste

Il giorno dopo: intervista ai GOLDEN RAIN

Da Bulbart, storica label napoletana di inizio millennio, tornano i Golden Rain, con un nuovo disco che porta con sé tante novità per il duo elettro-pop: Il Giorno Dopo. Un titolo che sembra segnare un distacco dal passato, una ripartenza, un reset. 

Ciao ragazzi. Il Giorno dopo è il vostro nuovo disco: il giorno dopo cosa?
Ciao! Il giorno dopo è il brano che da il nome all’album nonché primo singolo e non è un caso. È la prima canzone che abbiamo scritto in italiano all’alba di una profonda incazzatura che avrebbe potuto creare una frattura tra di noi ma che alla fine fortunatamente si è risolta e così abbiamo continuato a raccontarci nelle altre 8 tracce, ci abbiamo messo dentro tutte le suggestioni e le emozioni degli ultimi tre anni come se fosse un diario di viaggio.

In questi ultimi anni tante cose sono cambiate nel vostro progetto. Mi riferisco soprattutto all’aver cambiato la lingua dei vostri testi, che è sempre una scelta coraggiosa e importante, un po’ come cambiare “campionato”. Perché questa scelta e come vi siete adattati? Pro e contro?
Una volta concluso “Il giorno dopo” abbiamo pensato “perché non scrivere altri brani in italiano per raccontarci nel modo più semplice ed autentico possibile?” E così è stato, con grande naturalezza abbiamo continuato il nostro viaggio e ci siamo resi conto che alla fine avevamo messo in piedi un album che consideriamo un piccolo racconto di un certo periodo delle nostre vite. Con l’italiano inizialmente risulta tutto più complicato perché il testo prende più importanza all’interno del brano, poi abbiamo iniziato a prenderci gusto e ci siamo resi conto che potevamo esprimere meglio tante sfumature che non riuscivamo a descrivere con l’inglese.

Tuttavia, potrebbe ancora capitare di scrivere in inglese in futuro, anche perché molti dei nostri riferimenti vengono da altre scene musicali.

C’è una canzone in particolare che fa capire al meglio la dimensione del disco?
Oltre “il giorno dopo”, il brano che ha dato inizio a tutto e al quale siamo particolarmente legati, c’è “Una parte di me”, pezzo arrangiato in collaborazione con K-Conjog, che consideriamo manifesto del nostro sound sicuramente ispirato ad un’ elettronica francese molto dreamy, a noi tanto cara.

Oltre alle differenze e ai cambiamenti, cosa rimane invece ben presente rispetto al vostro passato musicale?
Rimane l’amore viscerale per i synth analogici. Ci consideriamo dei veri synth lovers e adoriamo inserire gli arpeggiatori in tutte le divisioni metriche possibili tanto da poter dire che oramai sono diventati un tratto distintivo del nostro sound.

Quali sono state le reference musicali che vi hanno ispirato per l’album?
Seguiamo da sempre le produzioni della nota label americana Italians Do It Better (Chromatics, Desire, Glass Candy…) così come l’elettronica francese dal taglio più dreamy, come Kid Franciscoli.

A proposito di Italians Do It Better, la fascinazione per le sue produzioni ci ha portati a collaborare per il video di “Una parte di me” con Robotina, duo creativo dalla spiccata visione cyber, che ha firmato già diversi video per l’iconica label.

Come vi immaginate queste canzoni nella dimensione live? C’è in previsione un tour?
Stiamo pensando di mettere in piedi un live ma quello che ci preme è soprattutto continuare a scrivere e pubblicare altri brani, inoltre ci piacerebbe anche ripetere l’esperienza di comporre per il cinema come abbiamo fatto per il film “Fortuna” di Nicolangelo Gelormini, uscito nel 2020, molto apprezzato dalla critica, per la cui colonna sonora abbiamo ricevuto anche una nomination per Fabrique du Cinema.

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