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Musica

Essere o non essere il C.I.Q.: storia di una Milano che rifiuta le etichette (non solo nella musica)

Se si racconta la musica, bisogna raccontare anche i posti che la fanno, soprattutto in modo nuovo e diverso, e che portano nuovi paradigmi nella citta’ degli happening e dei concerti. Qui oggi lo abbiamo fatto con Modou Gueye e il suo Centro Internazionale di Quartiere.

Articolo di Marzia Picciano | Foto di Rossella Mele

Quando arrivo (ormai più di un mese fa) al Centro Internazionale di Quartiere (C.I.Q.), ovvero il progetto di rigenerazione urbana dell’associazione socio-culturale Sunugal e della Cooperativa Sociale Fate Artigiane che dal 2016 gestiscono la struttura di Cascina Casottello, per intervistare il suo patron, é al termine di una giornata semi estiva di fine settembre, e soprattutto é lunedì sera, appena prima di cena. Il Centro é semivuoto, solo qualche ragazzo volteggia nella sala principale dove tra strumenti e palco si sta per preparare una lezione di balli latino-americani. Dall’altro lato della cascina i tamburi e percussioni stanno preparando la sessione di prove nella stanza dietro la libreria. Intorno il Corvetto, abbastanza assonnato come dovrebbe essere a fine giornata ogni milanese che si rispetti. Si percepisce un pizzico di inizio di umiditá invernale.

La prima volta in Via Fabio Massimo 19 é stata invece in una serata d’estate: tra una festa privata, patatine fritte e una serata latina si é gettata una luce accogliente sull’area verde e tratti solitaria che circonda la Metro Porto di Mare, e neanche sembrava Corvetto, che dico, nemmeno sembrava Milano. Ora é una serata calma in Cascina, per dirla in breve: non ci sono eventi serali. Ma l’accoglienza, quella di Modou Gueye, direttore artistico e referente relazioni esterne del C.I.Q. oltre che Presidente dell’Associazione Sunugal (in wolof: “la nostra barca”) che ha sede in Cascina (e a Thies, in Senegal) e ha dato impulso alla creazione stessa del Centro, andando ben oltre l’idea stessa dell’organizzazione.

Per capire bene il C.I.Q. prima di tutto bisogna capire bene anche Modou, e il suo carisma. Classe ’69, residente in Italia dal ’90, non é uno che ha paura di quello che dice o rappresenta. Ed é un artista prima di tutto, di teatro (teatro Mascherenere, ERT, etc), oltre alle collaborazioni e incursioni nella musica, sia come voce che come autore (c’é lui in In Malindi, di Vecchioni, ma anche nell’organizzazione del NIO FAR festival; ha inciso un disco, Soul Africa), e nella tv (come attore ma anche come opininista, intervenendo sia da Gramellini che da Del Debbio). Ed é un mediatore culturale. E se non bastasse vedere il suo incredibile CV, tenete a mente la mia parola sull’esperienza di travolgente leader del Centro, che prima ancora di iniziare ti mette a tavola con cibo e poi si parla. E con che foga.

Infatti se dal ’98 Sunugal è da l’associazione socio-culturale nata per iniziativa di un gruppo di cittadini stranieri, in gran parte senegalesi, ed italiani, con l’obiettivo di favorire iniziative di scambio tra i due paesi e che oggi funge come connettore e punto di ricongiungimento tra senegalesi in Italia e in madrepatria, é dal 2013 che la missione di Modou si espande, ovvero quando lui e la sua squadra con Fate Artigiane vincono il bando pubblico per la ristrutturazione e la rivalorizzazione della Cascina Casottello del Comune di Milano. Bando che prevede lo scopo di avviare un processo di rigenerazione territoriale e architettonica. Non saró qui a vendervi la retorica dell’integrazione, inclusione, cose che ovviamente il C.I.Q. fa – il tema é che lo fa nella maniera più semplice del mondo. Gestendo uno spazio e mettendolo a disposizione della comunitá del quartiere, della cittá, e delle anime che ne sono parte. E se c’é una cosa che ho imparato a Milano, complice la disperata ricerca di spazi di aggregazione che questa cittá sembra non riuscire a ritagliare mai in nessun mq2 di cemento, é che c’é tanta voglia di fare “cose”. Che sia un workshop, una mostra sulla cultura tribale, o banalmente un concerto.

Qui é la vera svolta del C.I.Q. L’attuazione, semplice, del concetto di aprire uno spazio al pubblico e di permettere di usarlo ha avuto l’immediato effetto di vedere un palinsteso mensile riempirsi più velocemente di quelli della RAI – e con meno guerre. “Diciamo che noi, che il C.I.Q.” spiega Modou dopo averci rimpinzato di dosi enormi di patatine fritte e birra al tavolo dell’area ristorante “come associazione, partiamo con la filosofia per cui abbiamo creato un contenitore, e quindi ci voleva il contenuto. Non è a caso che si chiama Centro Internazionale di Quartiere, perché davvero è internazionale, nel senso che, come detto, noi ospitiamo delle band rock, punk, indie, african, gruppi latini”. Accenna ai ballerini in preparazione nella stanza accanto. “Come vedete qui c’è anche un corso di danza latina, di lá c’é uno di spettacolo per i bambini. Quindi davvero siamo in un delle poche realtà aperte e spalancate.”

Troppo? “Un gruppo di fighetti sono venuti qua, che hanno fatto un evento al Centro, e c’era un altro evento nella sala cinema, un altro nella sala bianca, un altro in giardino. Ci hanno guardato e detto: dovete avere una identità. Ma quale identità dobbiamo avere? Mica abbiamo un’esclusiva, che dobbiamo avere solo voi fighetti”. Ci ride su. Modou é un cittadino del mondo come preferisce definirsi, un attore e artista basato in Italia da ormai una vita potremmo dire, e soprattutto una voce schietta e diretta. L’evento dei “fighetti” dice, era anche molto riuscito, un bell’evento. “Però non possono dirmi: dovete avere una identità. La nostra identità é che abbiamo creato un contenitore. Ci vogliono quindi i contenuti, e dato che abbiamo diversi spazi, questo spazi devono essere usati”.

Per la sua esperienza, Modou non ama particolarmente essere etichettato, come del resto nessuno di noi, con la differenza che trovarsi a gestire uno spazio come il C.I.Q. pone una sfida non indifferente, soprattutto quando diventa un elemento attrattivo per la cittá. Tanto da finire invischiati nei discorsi di “categoria”, che poi portano necessariamente a dover fare scelte artistiche che vanno a tagliare via avventori e progetti culturali. Banalmente, il C.I.Q. trova la sua forza nel rifiutare questa debàcle e invertire il discorso partendo dal concetto di non doverla avere, ma essere mezzo per tutto ciò che può essere arte e cultura, aggregazione. Anche perché di mezzo c’é una funzione assegnata per mandato pubblico. “Di conseguenza non possiamo essere il club del jazzisti, cioè i jazzisti vengono qui, i Milano Music Collective, coi loro vecchietti” scherza “ma nello stesso tempo nell’altra sala, c’é il concerto rock. Cioè, deve essere così. Queste persone poi si incontrano nel bar, si incontrano nel cortile, si incontrano in giardino. E ogni tanto si creano delle commissioni interessanti”. E come?

Capisco che magari, qui c’è l’Associazione Italiana Senegal, e allora uno pensa magari che il C.I.Q. è più legato, che so, all’Africa? Che sono africanate?” qui gli scoppia una risata. “No, noi qui ospitiamo tutti. Internazionale vuol dire che ieri qua c’erano due artisti argentini che hanno suonato, un altro che ha suonato l’arpa nel cortile e nel mentre c’era un gruppo delle diaspore che faceva la riunione sul colonialismo. E poi c’era un concerto, e così via”. Caotico e coinvolgente come un film di Almodovar, mi viene da pensare.

Modou va per esempi nel raccontare quello che é il C.I.Q. Tutti questi episodi parlano di spazio, e spazi da usare – del resto, Sunugal prima era basato ne La Fabbrica Del Vapore ma cercava spazi più ampi per allargarsi e realizzare grandi concerti. Modou é il direttore artistico ambizioso e sognatore, quando l’opportunitá della Cascina Casottello si é presentata non se l’é fatto ripetere due volte e si é lanciato. É un pó il suo bambino, e quello della squadra di persone che lavora con lui. Dietro c’é una macchina effettiva che hanno come unica funzione quella di armonizzare i contenuti e prepararli per il pubblico, come nella loro puntualissima e sempre ricca agenda mensile pubblicata su Instagram.

Passare dalla Fabbrica a Casottello vuol dire anche cambiare significativamente latitudine. E trasferirsi a Corvetto, con tutto quello che ne discende. E trovare una connessione con loro. “Il quartiere partecipa in base a quello che gli interessa. Settimana scorsa, così a naso, non ricordo che concerto c’era, ma almeno una quindicina del quartiere li ho riconosciuti. Poi, abbiamo fatto serate, abbiamo fatto grigliate, abbiamo fatto eventi e delle raccolte fondi. Abbiamo riempito tutte e due le sale, messo 150 persone sedute a parlare con le sciure del quartiere. Ci sono delle realtà del quartiere di tutti i tipi che fanno le loro attivitá qui. Tante altre realtà del quartiere che mi chiedono gli spazi anche per le riunioni condominiali”.  Puó capitare che alcune realtá decidano di fissarsi in pianta stabile con la loro sede e allora si contribuisce, seppur minimamente, alla gestione della casa comune. Modou sorride ancora a pensare a quando si trovó 12mila euro accreditati per un errore di una delle associazioni presenti in sede. Ma il concetto rimane quello: non ci devono essere barriere all’ingresso per nessuno al C.I.Q., nemmeno di genere musicale.

Abbiamo pensato che potesse (il C.I.Q., nb) essere davvero uno spazio polifunzionale per tutte le comunità, tutte le realtà artistiche culturali di Milano. Come facevamo prima, quando ci facevano richieste: perché comunque, quando eravamo a la Fabbrica del Vapore ospitavamo anche i ragazzi di Brera a far le mostre. Portavamo diverse associazioni, diverse realtà artistiche, avevamo anche una mezza programmazione, nonostante lo spazio fosse piccolo. E adesso (qui al C.I.Q., intende) continua a esserci quel flusso anche dal centro e non solo. Diciamo, c’è gente che arriva anche da Parma a Torino, piuttosto che dalla Germania, dalla Francia o dall’Africa.

Per dire: da ovunque. E Modou mira a questo. Intreccia reti, crea contatti, apre a tutti. Ne parliamo un pó con Aliou Diop, cantante rap, formatore e anche lui mediatore interculturale ipera attivo (ha ideato e condotto la trasmissione webtv “Allo scoperto”), ma soprattutto responsabile “musica” del C.I.Q (anche se lui dice di essere solo il fonico). Ci parla di come il Centro si faccia spazio oltre che ponte per realtá associative in altre cittá, come il Korabi di Torino, ma anche di artisti affermati in Senegal e non solo che irrompono sulla scena musicale. Dread Maxim Amar é stato qui al C.I.Q.. E non solo. Basta guardare l’affollatissimo palinstesto Instagram. E per questa settimana il C.I.Q. va in scena anche per la Music Week 2024.

Poi c’é un’organizzazione interna più articolata, che cerca di arginare la grandissima richiesta di spazi. Spiega Aliou, ci sono referenti per più generi: e poi si cerca di lavorare su filoni di rassegne che vanno dal punk rock alle danze popolari del giovedì. Ma c’é qualche genere che emerge di più? “Allora, quelli che stressano di più che vogliono suonare di più sono i rockettari. Ogni giorno almeno dieci 10 richieste” dice Modou. Aliou poi ci dice che la richiesta di questi generi é aumentata (“non ci sono locali dedicati evidentemente”, e si va di passaparola) e quindi si sta andando verso un ragionamento per distribuire meglio le richieste. Ma poi ci sono anche blues band, gli storici del jazz, i gruppi metal, le feste di laurea e i dj oltre a tutto l’incredibile scenario di quartiere. Aliou predilige il reggae: é più piacevole, dice, per l’ambiente, ma non sono le sue preferenze che decidono. Bisogna ascoltare tutto: le richieste dei ragazzi come delle sciure. Il C.I.Q. “É unico nel suo stile. E alla fine a Milano i locali non sono piu cosi tanti, e questo é il motivo anche della forte richiesta di spazi da noi. Se vieni il sabato, c’é il pienone, e puoi ascoltare in una sera tre o quattro generi, trovi dall’adolescente all’anziano”. Trovi anche Beppe Sala.

Ed é questa la chiave del C.I.Q. per aprirsi a – ed aprire poi – Milano. Una resistenza ostinata alla conformazione a qualunque tipo di categorizzazione, quindi voi che andate, fatevi spiazzare. Che poi é anche bello no? Anche se é davvero difficile non sentirsi a casa dove tutti sono bene accetti. E non c’é solo questo, anche perché Modou non é uno che limita i suoi sogni. Quando gli chiediamo qual’é il prossimo passo o anche il suo sogno sul Centro, si illumina e ha pochi dubbi: un festival di due mondi, Italia e Africa. Con tante, tantissime, centinaia di persone. Un’impresa non da poco, ma lui non é uno che si lascia scoraggiare. Chissá quanto in realtá é vicino al suo obiettivo. Non sará difficile scoprirlo.

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Dall’Adriatico centrale (quello forte e gentile), trapiantata a Milano passando per anni di casa spirituale, a Roma. Di giorno mi occupo di relazioni e istituzioni, la sera dormo poco, nel frattempo ascolto un sacco di musica. Da fan scatenata della trasparenza a tutti i costi, ho accettato da tempo il fatto di essere prolissa, chiacchierona e soprattutto una pessima interprete della sintassi italiana. Se potessi sposerei Bill Murray.

1 Comment

1 Comment

  1. Vania Guarini

    18/11/2024 at 12:17

    Il CIQ è cuore ormai per noi Chrysarmonia. Con Modou e Aliou è stato subito feeling. La pensiamo allo stesso modo! Come band non abbiamo mai amato le etichette di genere. Amiamo in modo viscerale le contaminazioni di qualsiasi genere, benché di fondo si suoni rock. Le nostre canzoni sono racconti per tutti.
    La Musica è un linguaggio universale.
    Un sogno: scrivere un brano con contaminazioni Afro e chissà che non avvenga presto ☺️🦋

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