Articolo di Stefania Clerici – foto di Roberto Finizio
PINKPOP FESTIVAL – GIORNO 3: PAUL McCARTNEY, LIONEL RICHIE, SKUNK ANANSIE, BRING ME THE HORIZON, VINTAGE TROUBLE e molti altri
Terzo e ultimo giorno in quel di Landgraaf nel parco di Megaland per il gran finale di questa 47esima edizione del Pinkpop Fest. Il tempo clemente dei primi giorni ci aveva stupito, oggi mattinata variabile, ma nuvole all’orizzonte cominciano a guastare già il primo pomeriggio, e proprio per il primo concerto interessante di oggi, dei VINTAGE TROUBLE sul 3FM Stage si abbatte un temporale che guasta non poco la fantastica performace della band.
Li avevamo visti in Italia in apertura al concerto di Imola degli AC/DC, torneranno il 27 luglio per l’unica data italiana al Carroponte di Sesto San Giovanni, i Vintage Trouble sono una band dall’anima rhythm & blues che sfocia nel soul e rock’n’roll, composta da 4 elementi: Ty Taylor (voce), Nalle Colt (chitarra), Rick Barrio Dill (basso) e Richard Danielson (batteria).
Entrano sul palco che sembrano usciti da una pubblicità hypster di schiuma da barba, il loro leader dichiara: “Anche se ancora un po’ presto (ndr. Sono le 3 del pomeriggio) per tutte queste sporche canzoni, il tempo ci aiuta… guardate è già tutto abbastanza bagnato!” e subito parte la musica sparata… e ci si dimentica pure della pioggia! Quasi mi sembra di essere sul set di Vynil, per suoni, atmosfere e reminiscenze anni ’70. Il sound è quello, il frontman è però un matto: tra salti e balli non passano molti pezzi che si lancia sulla folla in un assolo di chitarre e drum, la pioggia cade a dirotto ed è una doccia liberatoria che manda tutti gli spettatori in estasi.
Per scoprire meglio il loro lavoro potete farvi un ascolto sul loro canale YT o ascoltare il loro ultimo lavoro in studio pubblicato lo scorso anno per Blue Note Records 1 Hopeful Rd., prodotto da Don Was, vincitore di tre Grammy e già al lavoro con Rolling Stones, Bob Dylan, Al Green e Iggy Pop.
Setlist:
High Times
Blues Hand Me Down
Total Strangers
Not Alright by Me
Doin’ What You Were Doin’
Pelvis Pusher
Nobody Told Me
Run Like the River
Strike Your Light
La (s)fortuna vuole che smetta di piovere per la performance di JOHN NEWMAN sul Main Stage, nonostante fango e pozzanghere ovunque il prato del Pinkpop si trasforma in una grande dancefloor e sulle note delle hit Love me again, Come and get it e molte altre, su cui il pubblico si scatena come non mai. Il tempo di trasferirsi al di là del grande cubo di Brand Beer, sul palco del 3FM salgono gli ALL TIME LOW, per un’ora di concerto di alternative rock made in Baltimora. Il gruppo ha esordito come cover Band dei Greenday e i suoni punk si sentono bene, trovando poi la sua dimensione che piace tanto al pubblico giovane: erano anni che non assistevo alla scena, ma sono volati numerosi reggiseni (ovviamente fucsia) e la band non ha potuto evitare di apprezzare e… ringraziare a modo suo.
Sempre su questo palco, purtroppo sotto pioggia ancora battente, assistiamo poi alla performance dei BRING ME THE HORIZON: loro vengono dall’Inghilterra, ricordano molto i Linkin Park, anche se sembrano più giovani, ma non per questo meno “scafati”. Suoni duri e cupi, testi altrettanto impegnativi, in cui si parla di sentimenti, ansie e depressioni, insomma non proprio una passeggiata (e i cupi nuvoloni non aiutano proprio a ripigliarsi).
L’orizzonte è un po’ più sereno e il prato sotto al palco principale è gremito per il concerto tutto revival di LIONEL RICHIE: con mio grande stupore non avrei mai pensato che uno come lui, abituato ai piccoli palchi dei casinò americani che ha girato in lungo e in largo, accettasse la proposta di suonare per una platea così vasta. Poi ho scoperto che da qualche anno a questa parte è diventato un habitué dei festival europei: dopo Glastonbury eccolo arrivare in Olanda! L’età media del suo pubblico alla fine NON è così alta come mi sarei aspettata, su “Easy” è un coro unico, con “All night long” ci si scatena, si chiude poi con “We are the world”, scritta con l’amico Michael Jackson anni fa.
Alle 20.45 tutti pronti per l’ultimo concerto sul 3fm Stage per la grande perfomance degli SKUNK ANANSIE! Nonostante il terreno sia più un campo da lotta nel fango che il prato del giorno prima, in tantissimi sono accorsi al concerto di Skin e i suoi che non manca di confermarsi carismatica ed intensa. Apertura con… e sulle note del secondo pezzo… si lancia per uno stage diving esaltante, dal quale esce vincitrice. L’artista non manca di ricordare la terribile strage di Orlando, rivolgendo più di un pensiero alle vittime e ai parenti, condannando i gesti terroristici e contro ogni forma di amore “Love is love, not matter who is your God” grida arrabbiata: un boato accorato si alza in supporto alle sue parole, il concerto riparte più intenso e raccolto di prima. Ecco la setlist della performance:
Setlist:
Tear the Place Up
I Believed in You
That Sinking Feeling
Because of You
God Loves Only You
Twisted (Everyday Hurts)
My Ugly Boy
Weak
Hedonism (Just Because You Feel Good)
Love Someone Else
Beauty Is A Curse
The Skank Heads (Get Off Me)
Charlie Big Potato
Little Baby Swastikkka
Sono quasi le 22, il buio è calato sul parco di Megaland e PAUL McCARTNEY sta facendo il suo ingresso sul Mainstage, per chiudere questa 3 giorni intensa di concerti.
Devo premettere che ascoltare un Beatles dal vivo è sempre stato uno dei miei sogni proibiti e mai avrei pensato di poterlo realizzare nella vita, ma… mai dire mai, davvero. Pensavo (e spero ancora) che se mai sarà inveNtata una DeLorean alla Back to the future, la userei per portarmi indietro nel 1965 al Velodromo Vigorelli di Milano e lì avrei potuto finalmente (ri)vivere un concerto dei Beatles in prima persona. Ecco, la speranza è l’ultima a morire, magari davvero potremo viaggiare nel tempo tra qualche anno, ma per ora la realtà è che per ascoltare Paul McCartney sono dovuta volare in Olanda.
73 anni sulle spalle, una carriera di successi innumerabili, Sir Paul McCartney ci regala un’antologia di successi che hanno fatto la storia della musica rock. Apertura con A Hard Day’s Night e la festa comicia ed è tutto un coro dalle prime alle ultime file della platea: la presenza scenica di PMC è comunque molto pacata e, insomma, è sì un gigante della musica rock davanti a te ma l’atmosfera è rilassata: siamo qui per divertirci, esclama! Anche il set è piuttosto spoglio, nei brani in cui Paul canta e suona da solo il “vuoto” del palco si sente e o sei Bruce Springsteen e trascini le masse, o sono le masse che trascinano te.
E infatti spesso accade che partono cori all’unisono dalla platea, alcuni pezzi accennano una remise perchè voluti fortemente dal pubblico, un pubblico comunque super partecipe e che abbozza richieste, come quella a metà concerto di Ram On.
Non posso che confermare che i pezzi che mi sono piaciuti di più sono tutte le cover dei Beatles, soprattutto con il quartetto in chiusura di live, prima dell’encore: Back in the U.S.S.R., Let It Be, Live and Let Die e Hey Jude, sui cui ho scatenato le mie corde vocali stonate cantando a scquarciagola non poco (e peggiorando la mia voce, già di suo compromessa da settimane di tosse cronica).
Si torna a casa dall’Olanda con un bagaglio di note, nuove scoperte, interessanti conoscenze e qualche etto in più (bere solo birra per 3 giorni non fa così bene).
Setlist Paul McCartney
A Hard Day’s Night
Save Us
Can’t Buy Me Love
Letting Go
Let Me Roll It
I’ve Got a Feeling
My Valentine
Nineteen Hundred and Eighty-Five
Maybe I’m Amazed
We Can Work It Out
In Spite of All the Danger (The Quarrymen song)
Love Me Do
Blackbird
Give Peace a Chance (Plastic Ono Band cover – Audience Sing-Along
Here Today
New
Lady Madonna
FourFiveSeconds (Rihanna and Kanye West and Paul McCartney cover)
Eleanor Rigby
Being for the Benefit of Mr. Kite!
Ram On (Paul & Linda McCartney cover) (Request)
Something
Ob-La-Di, Ob-La-Da
Band on the Run
Back in the U.S.S.R.
Let It Be
Live and Let Die
Hey Jude
Encore:
Hi, Hi, Hi
Birthday
Golden Slumbers
Carry That Weight
The End
