Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Marco Arici
Provateci voi a stare fermi a un concerto dei Franz Ferdinand. Provate a tenere ferme le mani, a non ondeggiare e a non canticchiare mentre Alex Kapranos, con accanto il fedele Bob Hardy armato di basso, vi trascina dal palco con le sue movenze da frontman consumato. Ufficialmente impossibile. E così quella che segue è la cronaca di una serata annunciata, dall’esito quasi scontato: a vent’anni e poco più dalla loro nascita in quel di Glasgow, i FF sono scanzonati e accattivanti come sempre. Nonostante una formazione cambiata nel corso degli anni (l’ultimo ingresso, quello di Audrey Tait alla batteria, è del 2021) e un album, The Human Fear, che si è fatto attendere per sette anni ma non ha certo deluso le aspettative, con canzoni che più franzferdiniane di così sarebbe stato impossibile. Non poteva che essere una bella data, quella di ieri sera, in un Fabrique dove non sarebbe potuto entrare neanche uno spillo.

Le premesse c’erano tutte: il sold out da mesi, l’impossibilità di trovare un biglietto attraverso i soliti canali, il locale già pieno intorno alle otto, i messaggi di persone in fila all’ingresso, in attesa di entrare. Forse anche per questo i tempi del concerto sono leggermente slittati, a partire dall’opening di Master Peace, salito sul palco un quarto d’ora dopo l’orario previsto. Outfit da rapper – tuta, canotta e un cappuccio aderentissimo in raso nero – ma sonorità indie-pop per il cantante inglese, che sul palco non si è risparmiato ed è riuscito a coinvolgere il parterre con la sua energia e canzoni orecchiabili. Ad accompagnarlo uno scatenato chitarrista, che ha fatto parte dello show dove non sono mancati spunti punk e qualche barra. Decisamente una buona scelta per scaldare un pubblico variegato, composto da fan di pochi anni (con tanto di cuffione protettive), teenager, giovani adulti e persone oltre gli anta.
Ci sarà da attendere una buona mezz’oretta oltre le nove per salutare l’arrivo della band. Alle 21.33 i Franz Ferdinand si presentano in ordine sparso sulle note di una intro in stile 007. Alle loro spalle una scenografia spartana, composta da un arco rettangolare sbilenco, esteso da una parte all’altra del palco. Entrano sereni e rilassati, sembrano sapere che ci sarà da divertirsi. E sembra saperlo già anche il pubblico, rapito sin dalle prime note di pianoforte di Night or Day e dalla sua batteria martellante, una canzone che non a caso è stata scelta come singolo del nuovo album. Cantare tutti insieme “Life never gonna be easy/ But if you’re living with me/We’re gonna live it up, night or day” è decisamente la premessa più adatta per quello che sta iniziando.

Segue un sestetto da favola, che alterna i grandi classici alle nuove canzoni. Si parte con la immancabile Do You Want To, che provoca il primo boato che echeggia dall’inizio del parterre fino al fondo, solo uno dei tanti che seguiranno nel corso della serata. A vent’anni esatti dalla sua uscita, questo tormentone martellante è ancora capace di scatenare l’animo danzereccio di chiunque l’ascolti. Rallenta un attimo il ritmo il pa-pa-pa di Bar Lonely, nuovo brano dal sapore decisamente britpop e dal coinvolgimento immediato. Si torna di nuovo indietro nel tempo grazie a Walk Away, con il suo attacco riconoscibilissimo a base di chitarre e un ritornello che sarebbe innaturale non cantare. Everydaydreamer rallenta il ritmo con un ondeggiare quasi ipnotico e i suoi synth ma poi parte il terzo grande classicone e il giro di chitarra di No You Girls trasporta tutti in un’altra dimensione. Si continua sullo stesso mood con il ritmo incalzante di The Doctor, che nonostante il tono allegro parla di questioni delicate come l’ipocondria e la paura dell’ospedalizzazione, in linea con il tema che fa da fil rouge al nuovo album, esplicitato sin dal titolo (La paura umana, appunto).

Dopo Darts of Pleasure, è Michael a far vibrare di nuovo il pavimento del Fabrique con la sua storia di un amore omosessuale, raccontata da una cadenza quasi compulsiva a base di strumenti martellanti che ti scuote fino nel profondo. Per Black Eyelashes, Kapranos torna alle origini, lascia la chitarra e imbraccia un mandolino per restituirci al meglio quel retrogusto greco che accompagna tutto il brano. Segue una carrellata di canzoni una più bella dell’altra, a partire da The Dark of the Matinée con il suo mood poetico e rallentato, passando per l’anthem dagli echi beatlesiani Audacious, primo singolo uscito del nuovo album, fino a Ulysses, con i suoi cori e un passo trascinante. Su Take Me Out non si dirà niente, d’altronde è il motivo per cui tutti conosciamo i FF. La chiusura è affidata a Hooked, capace davvero di tenerti agganciato con il suo mood synth da discoteca, interpretato magistralmente sul palco da Alex con Master Peace, che ci rappa anche un po’ sopra mentre Alex balla. Insieme sono fantastici e la resa scenica è da masterpiece (giusto per non far mancare l’inevitabile gioco di parole).
I saluti sono veloci, come il rientro sul palco, con Alex che torna in scena con in mano una tazza di tisana, ma il relax post concerto è chiaramente da rimandare. Il momento degli encore è infatti lungo e bellissimo, tanto da valere quasi come un mini-concerto, un qualcosa a parte: parte con Cats e il suo rock quasi western, continua con una entusiasmante The Fallen e il sound post-punk di The Birds. Un breve spazio per cantare tutti insieme Outsiders e una versione infinita e indimenticabile di This Fire, con le chitarre protagoniste sotto le luci rosse e un fantastico duetto di Alex con Dino Bardot, con tanto di chitarra suonata tenendola sulla schiena, da vero showman.
Sono le ventitré, il tempo di presentare la band e salutare ed è ora di chiudere. Nonostante qualche lamentela sulla brevità del concerto sentita nell’affollato momento dell’uscita, bisogna considerare che il tutto è durato un’ora e mezzo, tempo ormai standard per un concerto. Però, si sa, il tempo vola quando ci si diverte ed è esattamente quello che è successo stasera.
Note finali:
Nota di merito per Alex Kapranos, 52enne fresco neopapà, che con i suoi salti e le sue pose da rocker ci ha fatto capire che il passare del tempo è solo un limite mentale. E per il pubblico, che lo ha amato perdutamente.
Nota di demerito per i bassi che hanno fatto troppo i bassi, uscendo con a volte con prepotenza dalle casse durante alcune canzoni. Va bene voler partecipare, ma non esageriamo!
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FRANZ FERDINAND: la scaletta del concerto al Fabrique di Milano
- Night or Day
- Do You Want To
- Bar Lonely
- Walk Away
- Everydaydreamer
- No You Girls
- The Doctor
- Darts of Pleasure
- Michael
- Black Eyelashes
- The Dark of the Matinée
- Audacious
- Love Illumination
- Ulysses
- Take Me Out
- Hooked (with Master Peace)
Encore:
- Cats
- The Fallen
- The Birds
- Outsiders
- This Fire
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