Intervista di Serena Lotti | Foto di Rossella Mele
“Cocci sparsi”, in uscita oggi 18 Novembre 2022, è il primo album de Le rose e il deserto aka Luca Cassano, un giovane cantautore calabrese (ma anche un pò pisano-meneghino), che nel 2018, dopo varie esperienze e scorribande musicali tra cui il progetto in duo con i Citofonare Colombo, ha deciso di lanciare un nuovo progetto solista, Le rose e il deserto, un lavoro dove il testo è la materia prima, è al centro della ricerca artistica, stilistica e personale.
Nel 2020 Luca, che è nella vita anche un ricercatore universitario, pubblica “Io non sono sabbia“, nel 2021 esce la sua prima raccolta di poesie, intitolata “Poesie a gettoni vol.1“. Oggi vede la luce il suo primo disco, Cocci Sparsi, una sorta di concept album, uno storytelling intimo e personalissimo, un viaggio che parte da se stessi per allargare gradualmente la lente su tutto quello che ci gira intorno, canzone dopo canzone, con il proposito di accompagnarci in un mondo fatto di sentimenti dolci e amari come la malinconia, la nostalgia, la tenerezza, raccontandoci di paure, inquietudini, dolori, speranze. Tante le influenze sonore, gli stili e le suggestioni musicali che Le Rose e Il Deserto ha inserito all’interno di questo lavoro, eleganti componenti elettronici, arrangiamenti in cui i synth sono la matrice sonora più definita e marcata ma anche una parte più folk e indie, oltre che la lezione cantautorale della scuola romana . Noi lo abbiamo incontrato, durante un divertente servizio fotografico a Milano, e ci siamo fatti rilasciare un’intervista…
Ciao Luca, congratulazioni per l’uscita del tuo disco, “Cocci Sparsi”. Vuoi dirmi cosa rappresentano quei cocci? Chi è il responsabile di quella rottura (se di rottura parliamo), ma soprattutto c’è l’intenzione di raccoglierli quei cocci?
Ciao e grazie dei complimenti. Essendo nato e cresciuto a cinquanta metri dal mare, da ragazzino passavo molti pomeriggi sulla spiaggia a raccogliere legnetti, pezzi di vetro, conchiglie, bei sassi e poi portavo tutto a casa (per la disperazione di mamma). Quando poi, a distanza di giorni o settimane, guardavo questi cocci sparsi,ci trovavo sempre dentro delle storie. Ecco, il disco Cocci sparsi rappresenta la mia personalissima collezione di ciarpame: tutte le città in cui ho vissuto, le batoste che ho preso, le case che mi sono lasciato alle spalle, le storie che ho imparato, gli amici e le compagne che hanno attraversato la mia vita, insomma, tutto tutto tutto. E quindi è tutta colpa mia, anzi no, è tutta colpa della vita.
C’e tanta malinconia in queste canzoni. Ma c’è anche leggerezza, ironia, sogno e tanti spazi di riflessione, contemplazione e ricordo. Uno spleen dolce, che strizza l’occhio alla speranza, al coraggio, alla voglia di rimettersi in gioco. Sbaglio?
No, no, non sbagli affatto, anzi, complimenti: hai colto tanto di Cocci sparsi. Indubbiamente indulgo nella malinconia (ma nella vita proprio, mica solo nella scrittura). Mi piace crogiolarmi nei ricordi, però, una cosa che dico spesso è: “E’ tutta strada buona da percorrere”. Tutto quello che ci succede nella vita, bello o brutto che sia, contribuisce a pavimentarci la strada sotto i piedi; poi però tocca a noi muovere i passi.
Sono stati anni difficilissimi. In questo clima di profondo cambiamento, a livello di temi, cosa hai voluto raccontare con questo lavoro?
Cocci sparsi è un viaggio (come la vita d’altronde). E’ come se nel disco ci fosse una lente di ingrandimento che piano piano, canzone dopo canzone, si allontana, allargando lo zoom. Le prime canzoni parlano di me, dei miei cocci, dei miei frantumi, e lentamente l’inquadratura si allontana: le ultime canzoni riflettono su di me in quanto essere umano, e quindi su tutti noi, e su quanto piccoli siamo in questo mondo, in questo universo, di cui presuntuosamente ci sentiamo padroni.
Cocci sparsi è un viaggio, un viaggio iniziato nel 2017. I suoni hanno una dimensione intima, tanti fiati, un meltin’pot di influenze diverse, dal profumo della bossanova alle vibrazioni hawaiane, dall’elettronica al sapore retrò del cantautorato. Testi visionari, una scrittura dal sapore crepuscolare, tante le immagini, tante le evocazioni. Raccontami come hai messo insieme tutti questi elementi.
Esagerando, ti direi che Cocci sparsi è un viaggio iniziato nel 1985. Per quanto riguarda le immagini, la scrittura, come ti dicevo, le dieci canzoni che compongono questo viaggio si portano dietro tutti i cocci che ho raccolto durante questi trentasette anni di vita. Volevo raccontare nient’altro che me stesso, anche perché, cos’altro potrei raccontare? Per quanto riguarda le musiche, invece, la cosa si fa più complicata: le mie canzoni nascono sempre chitarra e voce, quindi i testi e le melodie principali di queste canzoni erano già pronti da molti anni. La veste sonora definitiva che potete sentire nel disco è invece figlia del mio incontro/scontro con il produttore del disco: Martino Cuman (bassista dei Non voglio che Clara, arrangiatore, produttore e tecnico di suono). E’ lui il deus ex machina del suono di questo disco. Avevo voglia di un disco che suonasse acustico, caldo, ma che allo stesso tempo fosse pieno di elementi elettronici nascosti, eleganti, soffusi. L’arduo compito che ho dato a Martino è stato di fare un disco ispirandosi alle ultime produzioni di Niccolò Fabi e Piercortese; il pubblico ci dirà se ci siamo riusciti.
Le Rose e il Deserto è Luca Cassano, un poeta e un cantautore, una scelta vintage che funziona bene. Lo abbiamo già visto con Cristiano Godano, Dente, Vasco Brondi. C’è quindi bisogno di poesia oltre che di musica?
In realtà la mia non è una scelta ma una conseguenza: sono scrittore più che musicista. La mia materia prima sono le parole, l’inchiostro, la pagina. Spesso scrivo poesie, ogni tanto scrivo canzoni, ma non c’è molta differenza per me fra le due forme. Se questa scelta funziona o no non lo so: è sicuramente una scelta di nicchia, ma si sta così comodi e caldi nelle nicchie! C’è bisogno di poesia? Credo ci sia bisogno di fantasia, immaginazione, cambi di prospettiva, e non tanto per evadere dalla nostra quotidianità (per quello basta Netflix) quanto per analizzarla la quotidianità, per saperla leggere con altri occhi, con lucidità e leggerezza allo stesso tempo. La poesia aiuta a fare questo, ma lo fa l’arte in generale.
Negli ultimi tempi quando si fa un featuring ci si unisce perlopiù tra opposti. Se tu dovessi fare un feat faresti questa scelta, e con chi lo faresti?
Se ne avessi la possibilità, firmerei domani mattina per scrivere e cantare una canzone con Gnut (Claudio Domestico), cantautore di una delicatezza cristallina. Quindi no, più che una scelta fra opposti ti direi che farei una scelta di similarità.
Consigli 3 dischi e 3 libri ai lettori di Rockon?
Per quanto riguarda la musica ti indicherei tre dischi che sto riascoltando in questi giorni:
- Troppo bassi per i podi di gaLoni, cantautore SPETTACOLARE; secondo me la migliore penna nell’ambiente musicale italiano.
- Canzoni d’amore di Francesco De Gregori perché alla fine siamo tutti figli.
- Aviones dei Pereza, un duo spagnolo che ho intensamente amato.
Per quanto riguarda i libri, mi fai un grosso torto a chiedermi di indicartene solo tre. Per non fare torto a nessuno ti indico un romanzo, una graphic novel ed una raccolta di poesie:
- I fiori blu di Raymond Queneau…spendere parole per questo capolavoro sarebbe offensivo.
- Favola di Venezia di Hugo Pratt perché adoro Corto Maltese e Venezia
- Poesie del tempo stretto di Francesco Carofiglio per come un autore possa riuscire a rendere con una delicatezza poetica fuori dal comune gli elementi della quotidianità domestica (le poesie che fanno parte della raccolta sono state scritte durante il primo lockdown).
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Etichetta: PFMusic
L’Altoparlante – Comunicazione Musicale
È stato arrangiato, prodotto e mixato da Martino Cuman e registrato da Martino Cuman con Woolter Kelvin ed Ettore Franco Gilardoni presso Colosso Room (Padova), Real Sound Recording Studio (Milano) e HomeRecording INC. (Sandrigo, Vicenza). Nel disco hanno suonato Marcello Batelli (Non voglio che Clara, Teatro degli orrori, Bachi da pietra) alla chitarra classica, acustica ed elettrica, lo stesso Martino Cuman al basso e ai cori, Edoardo Piccolo alle tastiere, pianoforte e synth, Diego Dal Bon (Crocodiles, Jennifer Gentle) alla batteria e percussioni e Massimo Cogo alle percussioni. Nel brano “Aprile” Francesco Ivone ha suonato la tromba.