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Interviste

Hogy vagy, GIORGIO FEKETE? Come stanno i CARSON COMA?

Da una chiacchierata allo Sziget Festival, l’invito di Giorgio Fekete a festeggiare insieme i cinque anni di carriera dei Carson Coma all’MVM Dome di Budapest, il palazzetto al coperto più grande dell’Ungheria. Ed eccoci qui, uno di fianco all’altro a fare il punto della situazione poco prima del concerto.

Giorgio Fekete e Philip Grasselli all'MVM Dome

Intervista di Philip Grasselli | Foto di Ticia Rausz

L’esperienza di vita della scorsa edizione dello Sziget Festival nell’isola di Óbudai a Budapest è qualcosa che rimane custodita gelosamente nel mio cuore, poiché non bastano nemmeno decine di articoli per descrivere le situazioni che si creano, tra colleghi, ma anche tra gli artisti che becchi.

Tra questi, durante la seconda sera, c’erano i Carson Coma, tra gli headliners del Main Stage, che hanno preceduto nientemeno che YUNGBLUD e gli Imagine Dragons, in grande visibilio nel proporre anche il loro ultimo album, “IV” uscito il 1° giugno 2023. Decine di migliaia di persone al loro cospetto, sono popolarissimi tra le nuove generazioni. Dopodiché il quasi doppio sold-out alla Budapest Arena, con più di ventimila persone nel totale delle due serate. E, tra qualche ora, la band magiara si ritroverà nell’arena al coperto più grande in Ungheria, l’MVM Dome.

Della band, la persona che “ovviamente” si avvicina di più al mondo italiano di Rockon, è Giorgio Fekete, leader dei Carson Coma, nonché l’unico che parla fluentemente l’italiano, date anche le sue origini torinesi da un lato.

Giorgio Fekete dei Carson Coma

L’intervista

Phil: Ed eccoci qui, a parlare del live di stasera! Cavoli, festeggiate già cinque anni ed è il primo momento di tirare le somme. Quali sono state le più grandi lezioni di vita che hai imparato durante questa esperienza?

Giorgio: Prima di tutto non bere assolutamente prima di volare. L’hangover la sera prima di un’altra tappa è una delle cose più terribili che si possano avere quando sei in tour. Scherzi a parte, cinque anni sembrano pochi, ma in realtà sono tanti e forse la cosa più importante è restare insieme come gruppo, poiché è molto più complicato di quello che sembra. Siamo un gruppo di sei persone e la coesione in questo caso è fondamentale per l’esistenza degli stessi Carson Coma: basta che una persona entri o esca dalla formazione che la probabilità che si rompa il meccanismo sia altissima. Basta anche che una persona stia affrontando una fase più complessa della propria vita che possa andare a trascinare il mood del gruppo stesso.

Phil: A proposito di gestione della pressione, avete avuto un grandissimo successo nella doppia tappa al Budapest Park: cosa significa passare da questo tipo di venue a uno come l’MVM Dome?

Giorgio: È una cosa completamente diversa, poiché è la prima volta che realizziamo un concerto in un palazzetto. Oltretutto, benché il numero di spettatori sia similare a quello degli scorsi live, in realtà la mole di lavoro sostanzialmente centuplica: tuttavia, preparare tutto questo è molto interessante e stimolante e regala molta più libertà artistica e non solo.

I nuovi singoli

Phil: È anche l’occasione perfetta per sfoggiare i vostri due nuovi singoli, che ho avuto modo di apprezzare tanto sia dal punto di vista compositivo, ma anche da quello testuale. Partendo proprio da “Frida Kahlo”, affermi che ci sono “mille Diego Rivera nel mondo, ma solo una Frida Kahlo”: come rapporti questa frase con il contesto in cui hai scritto questa canzone?

Giorgio: Purtroppo si riferisce al fatto che, a parte Budapest, c’è davvero pochissima infrastruttura e contesto culturale in cui si possano creare situazioni interessanti, concerti simili a quelli in questa capitale e promuovere gli emergenti. A livello economico, il paese investe davvero troppo poco sulla cultura al di fuori di Budapest: si fanno tendenzialmente solo sagre di paese e fiere di città. Non conosco benissimo l’ambito musicale italiano, ma se già noti la differenza tra il vostro Festival di Sanremo e il nostro equivalente, il livello culturale è tremendamente diverso. Oltretutto l’Ungheria non va all’Eurovision da diversi anni. Insomma…

Phil: Il secondo singolo è “Paul McCartney halott?”, che significa “Paul McCartney è morto?”, è invece incentrato più sul magico mondo dei complotti e delle pseudoscienze: ci racconti com’è nata?

Giorgio: Questa è un’esperienza personale. Io credo di essere cresciuto nell’era delle fake news. Racchiude anche un po’ l’esperienza che hai nel conoscere le persone, magari più nel profondo e poi finisci dentro questi discorsi e, insomma, ti stanchi di perseguire queste dinamiche.

Phil: Visto che hai accennato il discorso del Festival di Sanremo, se ti dessero una possibilità, cosa suoneresti come prima canzone in Italia? In generale, non è necessario che la canzone sia italiana.

Giorgio: Com’è che si chiama quella canzone? “Una storia disonesta” di Stefano Rosso. Quella lì che fa “Che bello? / Due amici una chitarra uno spinello”

Qualcosa di tipico italiano: il gesticolare continuo (foto di Ticia Rausz).

Lo Sziget Festival, ma anche i progetti futuri

Phil: Pazzesco, questa è davvero una chicca per pochi prescelti. Tornando, infine, allo Sziget: alla fine non ho più saputo com’è andata dopo il concerto sul Main Stage, anche perché hai preceduto YUNGBLUD e gli Imagine Dragons!

Giorgio: Sì, sì, è stato molto interessante. Nell’edizione precedente abbiamo suonato prima degli Arctic Monkeys, che si avvicinano di più ai miei gusti musicali, ma comunque abbiamo chiacchierato con YUNGBLUD, è stato bello. E comunque siamo ancora agli inizi della carriera a livello europeo, quest’anno avremo più concerti in giro per l’Europa, ma, purtroppo, non andremo in Italia. Ciononostante, vorrei tanto andarci, sono convinto che ce la faremo: penso sia un progetto un po’ più long-term, ma sarebbe davvero molto figo. Vivere in Italia è un altro mio obiettivo: venire in contatto con la mia italianità, dato che ho vissuto lì per sette anni quand’ero bambino. Mi piacerebbe tanto andare a Torino, a Milano e non sentimi un turista, ecco.

Phil: Ultimissima domanda. Album nuovo?

Giorgio: Beh… on the way. Cioè, stiamo scrivendo.

Phil: Ah, giusto… per i progressi che avete fatto: nyomod fasz!

[Sonora risata dei presenti in camerino, e ci salutiamo, visto che la scaletta è a strettissimo giro]

Clicca qui per vedere le foto dell’intervista a Giorgio Fekete dei Carson Coma all’MVM Dome di Budapest (o scorri la gallery qui sotto).

Carson Coma
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Se non parlo di musica, parlo di sport. Se non parlo di sport, parlo di ingegneria. Se non parlo di ingegneria, parlo di meme. Se non parlo di meme è perché dormo.

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