Articolo di Costanza Garavelli
Il Poplar festival infiamma anche quest’anno il normalmente quieto Doss Trento, per quattro giorni di musica, festa e talks.
In tutte le quattro giornate si susseguono artisti da ogni anfratto del panorama musicale italiano ed europeo, in grado di coprire un’ampia gamma di generi musicali e soddisfare le orecchie di tutti, raggiungendo il sold-out per tutte le serate.
Siamo alla chiusura di questa godutissima edizione, è domenica e il parco sotto l’imponente monumento è gremito come i giorni precedenti. La scenografia, complice la cornice verde del Trentino, è mozzafiato. La città si srotola, raccolta nell’abbraccio montuoso e sotto gli occhi dei partecipanti si accende di luci mano a mano che cala la sera. Il parco ospita quest’anno due palchi, che si fronteggiano in una calda battaglia a suon di band in una crescente tensione sonora e la gente scivola, di ora in ora, come un’onda anch’essa crescente tra uno stage e l’altro, insaziabile.

I nomi sulla setlist di questa serata sono tanti, sono giovani, sono elettrici. La giornata si apre con una panoramica sulla fulgida scena musicale trentina, con i Tu Sabes gruppo bolzanino, e a seguire la cupa elettricità degli Hrtbrkr e ancora i Light Whales, che dal Trentino hanno conquistato vari palchi in Italia e Felix Lalù, cantante noneso, che del dialetto ha fatto il suo cavallo di battaglia nella sua musica. Dal vicentino arriva Lamante, progetto della giovanissima Giorgia Pietribasi e a seguire prendono posto sul palco i Visconti, con un garage punk italiano dal tiro intenso.
Inizia a scendere la sera sui profili delle ragazze londinesi che prendono la scena subito dopo. Sono le Los Bitchos, che portano un progetto quasi interamente strumentale, le cui contaminazioni sembrano arrivare dai punti più disparati del globo, ma si fondono in maniera egregia, in un sound che ha del punk quanto del sudamericano per sfociare in un’elettronica quasi psichedelica, ruvida e calda e preparano il terreno per la serata che ci aspetta.

Viene passato il testimone ai Fat Dog, connazionali delle signorine che hanno appena lasciato il palco, che vedono il loro esordio nel 2020, e portano su questo palco il loro primo disco “Woof” con la voglia di suonarlo di chi il disco lo ha partorito durante il lockdown. C’è un po’ di tutto: la giusta energia del punk rock, ben armonizzata da un sax e presenza scenica. Sembra piuttosto probabile che se ne sentirà parlare ancora. Si torna ad un progetto musicale molto ambizioso, nato nel Bel Paese, con gli I Hate My Village, che si propongono sulla scena italiana dal 2018, e due album all’attivo. Portano un beat afro che però integra una vasta gamma di suoni dai profili più elettronici, più cupi con derive psichedeliche che possono ricordare, in alcuni brani, una versione post apocalittica del rock anni ‘70. Non a caso tra i nomi della band, troviamo Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours), Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion) e Alberto Ferrari (Verdena). Insomma, nomi che nella scena alternativa italiana non sono sconosciuti.

Dall’atmosfera quasi introspettiva, seppur vibrante, del gruppo italiano, passiamo a dare il benvenuto su questi palchi alle Lambrini Girls direttamente da Brighton. Ecco, loro sono decisamente LA scoperta della serata. Belle, sfacciate, arrabbiate e potenti, prendono la scena lasciando il pubblico senza fiato. Quello che propongono è un punk tendente all’hardcore, veloce, pulsante, che lascia graffi sulla pelle e nell’anima. Sono un trio che ha come obiettivo ribaltare il concetto della fragilità femminile, portando un’immagine forte, la cui voce si fa sentire e che può cambiare le sorti del mondo. E con questa stessa voce ci parlano, ci urlano, quali sono i mali del modo: la frontgirl stravolge e si prende gioco dei pregiudizi bigotti legati ad esempio alla comunità gay, prende posizioni in maniera orgogliosamente radicale rispetto a guerre e politica e lo fa cercando il confronto, scende dal palco e con pochi gesti si apre un varco tra la folla, ci si lancia in mezzo, ci parla e infine fa esplodere il pogo come una sinfonia, dirigendolo come un maestro d’orchestra.

Questo trio inglese ha fatto tremare il Doss Trento per un’ora di adrenalina pura, facendosi prepotentemente largo nel cuore di chiunque fosse là sotto ad ascoltarle.
Ed è così che ci si avvia alla chiusura di questa serata e del Poplar, cambiando rotta verso il palco sul lato opposto del parco, sul quale, a brevissimo, i Viagra Boys prenderanno la scena.
Il gruppo di origine svedese, formatosi nel 2015, ha in pochi anni conquistato un posto d’onore nella scena underground. Portano una rivisitazione tutta loro del post punk, con sonorità allungate e minacciose, ma che conservano delle inflessioni carnevalesche, che risaltano i contenuti dei loro testi, spesso volti al ridicolizzare l’idea comune del machismo come unica versione virile dell’uomo. Ad enfatizzare il tutto, è la presenza scenica della band, a partire dal frontman, Sebastian Murphy, che si presenta sul palco con i pantaloni della tuta, a petto nudo, completamente ricoperto di tatuaggi, giusto a ricordare al mondo che oltre che essere il beneamato cantante di una band, è anche un tatuatore niente male, occhiali da sole e pancia da birra che sfoggia con orgoglio.
Insomma, sicuramente non un luogo comune. I loro testi sono delle mine dissacranti, sparate fuori attraverso la gola in fiamme di Murphy e un drappeggio di armonie del sax che enfatizza la potenza di chitarre e pelli. Prendono posizioni precise anche rispetto alla politica, definendosi antifascisti e contro il patriarcato, rifiutando il conformismo con chiarezza. Giocano sul palco, si divertono ed esplorano le reazioni del pubblico con battute caustiche e mossette improbabili. La gente, là sotto, li ama. Li ama perché schietti, ma dai suoni complicati, perché fanno ridere, ma stimolano un pensiero e sono lì, ora, con tutto questo, regalando la chiusura perfetta a questo festival stravissuto.

VIAGRA BOYS – la scaletta del concerto di Trento
1- Ain’t Nice
2- Slow Learner
3- Down in the Basement
4- Punk Rock Loser
5- Troglodyte
6- Amphetanarchy
7- Just Like You
8- Ain’t No Thief
9- Man Made of Meat
10- Secret Canine Agent
11- Worms
12- Cold Play
13- ADD
14- Sports
15- Research Chemicals
