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Reportage Live

Il viaggio musicale continua, Around the World: RED HOT CHILI PEPPERS, PRIMAL SCREAM e SKUNK ANANSIE agli I-Days

Cronaca della penultima serata del festival milanese, dove le emozioni non sono decisamente mancate

Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Roberto Finizio

Da Milano alla California, passando per il Regno Unito. È un lungo viaggio musicale quello compiuto domenica 2 luglio agli I-Days di Milano, iniziato alle cinque del pomeriggio per terminare alle undici di sera, e proprio per questo fatto con un rigoroso rispetto degli orari. Sono quattro gli artisti in programma in questa penultima data del festival che ha riempito gli spazi dell’Ippodromo SNAI La Maura: un giovane gruppo milanese, una navigata band scozzese, i tre londinesi guidati da Skin e – ça va sans dire – gli headliner Red Hot Chili Peppers, da Los Angeles per l’unica tappa italiana del loro “Unlimited Love Tour 2023”. Tanta varietà non poteva lasciare insoddisfatto nessun palato tra quelli delle migliaia e migliaia di persone che anche ieri hanno calpestato la terra battuta dell’ippodromo. Età media tra i 30 e i 40, outfit quasi d’ordinanza la maglietta con quell’asterisco a otto punte che non puoi non riconoscere, una gran voglia di cantare e ballare, cresciuta nel corso della serata fino a esplodere letteralmente quando i RHCP hanno fatto il loro ingresso sul palco. Ma partiamo dall’inizio.

STUDIO MURENA

Ad aprire le danze è la sperimentazione con Studio Murena, un progetto salito alla ribalta da poco tempo, e in poco tempo. Formati al Conservatorio di Milano, hanno all’attivo un album omonimo uscito nel 2021 e uno fuori da appena pochi mesi, Wadirum, insieme a una serie di apparizioni in altri eventi interessanti.

Sul palco degli I-Days, l’MC Carma, all’anagrafe Lorenzo Carminati (aggiuntosi a band già formata), Amedeo Nan alla chitarra elettrica, Maurizio Gazzola al basso elettrico, Matteo Castiglioni su tastiere e synth, Marco Falcon alla batteria e Giovanni Ferrazzi, elettronica e sampler, hanno portato alcune canzoni del nuovo album insieme a Eclissi e Long John Silver, questi estratti invece dal primo. Il loro è un sound decisamente innovativo ed eclettico, grazie alla fusione di jazz e rap con contaminazioni elettroniche, funk e prog. Sono giovani e ci sanno fare, decisamente da tenere sott’occhio.

PRIMAL SCREAM

Dalla modernità assoluta degli Studio Murena in appena mezz’ora si viene catapultati indietro nel tempo, quando alle 18 a salire sul palco sono i Primal Scream. Restiamo in tema sperimentazione e contaminazioni visto che l’ormai ultraquarantenne band di Glasgow vanta da sempre uno stile e un repertorio che di queste cose si sono nutriti, dagli anni Ottanta ad oggi.

Così il look anni Settanta della bassista Simone Butler (trucco compreso) e il completo verde petrolio un po’ retrò di Bobby Gillespie, insieme alle immagini e ai video che scorrono sullo schermo in fondo al palco per tutto il tempo, si accompagnano al loro rock da sempre in continua evoluzione, con sperimentazioni elettroniche, sprazzi di pop, funk e psichedelia, più varie ed eventuali. Diciamo che negli anni non si sono fatti mancare niente. Compresa quella componente dance capace di risvegliare la gente sotto il palco, di solito un po’ distratta durante le prime esibizioni.

Con Simone e Bobby (cantante, fondatore nonché mente della band), Andrew Innes alla chitarra, Martin Duffy alle tastiere e Darrin Mooney alla batteria. In mezzo al palco, come perfetto accompagnamento, un coro gospel tutto di bianco vestito. Alle loro spalle, ritorna spesso la cover di Screamadelica, l’album che ha compiuto già 30 anni poco più di un anno fa.

La performance milanese dei Primal Scream è una cavalcata attraverso i loro pezzi più noti, da Come Together a Movin’On Up. Nel mezzo una versione di Free con il suo assolo di sax che in versione live è ancora più bello, una ballabilissima It’s Alright, it’s OK con tanto di video in bianco e nero con protagonisti gli stessi attori che si muovono sul palco, Suicide Bomb accompagnata da stralci di film simil horror degli anni ’70 e la trascinante Country Girl, che ha fatto muovere anche i più riluttanti. A Rocks il compito di chiudere la scaletta. Il mood portato all’Ippodromo dalla band scozzese è ottimo, il che è di grande aiuto visto che la serata è ancora lunga.

SKUNK ANANSIE

Skin entra in scena come una furia, ma a questo siamo abituati. La sua pelle d’ebano è resa ancora più scura dal giubbottone con punte chiodate e cappuccio sopra pantaloni neri, calzettoni bianchi e sneaker oversize, anche loro bianche. Annunciati da un forte suono di tromba e dalla frase orwelliana “All animals are equal but some animals are more equal than others”, gli Skunk Anansie arrivano agli I-Days con il loro immancabile carico di energia e attivismo.

E Skin di energia sembra averne anche più del solito, mentre scende dal palco e viene catturata dal pubblico per un fugace crowd diving subito interrotto dalla sicurezza, mentre finge ancora una volta di voler saltare di sotto, mentre corre da una parte all’altra o abbraccia il cameraman di turno. A correrle dietro ci pensa Erika Footman, fidata vocalist che la accompagna e supporta nei tour, mentre Cass Lewis, Ace e Mark Richardson fanno il loro dovere rispettivamente al basso, alla chitarra e alla batteria.

La tappa milanese del 2023 è una corsa tra i pezzi che hanno reso famoso il quartetto anglosassone e questo si capisce perché a ondeggiare a ritmo e a cantare ci si mettono tutti, o quasi. Difficile restare fermi se intorno echeggiano pezzi come This Means War, I believed in You, Piggy, o Charlie Big Potato. E non si può non saltare con Tear the Place Up. Così come non si può non cantare con Skin sulle note di Because of You, Hedonism o Secretly, hit che non hanno certo bisogno di presentazioni.

Su Weak e Ugly Boy Skin prende fiato, imbraccia la chitarra e si ferma al microfono. E God Loves Only You le dà l’occasione per una breve riflessione sull’importanza dei diritti e le conseguenze che può avere la religione quando li dimentica. Tutto esattamente come ce lo aspettavamo, come hanno fatto gli Skunk nei loro trent’anni di carriera che cadono proprio l’anno prossimo.

RED HOT CHILI PEPPERS

Non avevano certo bisogno di essere caricati i fan dei RHCP, in fedele attesa da ore sotto il sole e con un entusiasmo che aumentava con l’avvicinarsi delle 21.30, con il nome di “Frusciante” ciclicamente gridato a gran voce. Ma i quattro californiani si sono dati maledettamente da fare all’orario previsto, al momento del crepuscolo e spaccando il secondo, quando hanno lanciato una delle loro entusiasmanti intro jam. La sensazione dal pit è stata quella di una esplosione, partita con l’accensione delle luci e le prime note del basso di Flea. La chitarra di Frusciante lo ha raggiunto subito dopo, fino a quando non è arrivata la batteria di Chad Smith a completare il tutto, tenendo il passo dei due e dando ulteriore ritmo al loro dialogo. Cinque minuti di puro, godurioso sound “redhotchilipeppersiano”, che ha lanciato la volata all’arrivo di Anthony Kiedis sul palco.

E bum, nuova esplosione a base di urla, gridolini, applausi, c’è persino una bionda straniera poco avanti che si commuove fino alle lacrime. Canotta bianca traforata, bermuda nero con il profilo del coniglio di Playboy, quei baffetti che lo accompagnano ormai da un po’, il buon Kiedis arriva di corsa sul palco nonostante un tutore a stivale che gli chiude il piede sinistro e un altro al ginocchio destro, per la serie “niente mi fermerà”. E infatti attacca subito con Around the World e tutti di botto iniziano a cantarla, come se non aspettassero altro da tempo. Le emozioni sono palpabili giù sotto il palco e lo diventano ancora di più quando parte Scar Tissue, che rallenta immediatamente il battito con il suo ritmo lento e scandito. Le cicatrici le abbiamo tutti, a partire proprio da Anthony che ha dato lo stesso titolo alla sua autobiografia, con il racconto di una vita in cui i momenti difficili non sono certo mancati.

L’onda emotiva del concerto non si ferma perché la terza canzone è l’attesissima Snow (Hey Oh), e qui ancora più di prima si canta tutti insieme quasi in un unico abbraccio. Le immagini sugli schermi ai lati del palco e sul fondo si fanno coloratissime, mentre Anthony in primo piano canta Eddie e i suoi colleghi compaiono alternativamente coi loro profili disegnati da grossi tratti bianchi.

Tempo di una pausa e riprende la chiacchierata iniziale tra basso e chitarra, stavolta lasciati soli: le mani di Flea si muovono magiche e veloci sulle corde, come quelle di un folletto (che poi tra crestina bionda, maglia traforata viola e gonna blu elettrico lo sembra se possibile ancor di più: d’altronde sul suo basso c’è pure scritto “Support your local freak”) e Frusciante lo segue, la sua meravigliosa chitarra canta con lui, balla con lui, mentre noi li guardiamo inebriati.

Si riparte con Otherside, l’occasione è ancora buona per cantare tutti insieme. Flea ogni tanto chiacchiera con il pubblico, indica la luna piena che splende alta sopra l’ippodromo (esattamente come aveva fatto Liam Gallagher il giorno prima dallo stesso punto). La musica riparte, i quattro – non esattamente ragazzini, ormai – si muovono con agilità attraverso il palco, Anthony e i suoi tutori compresi. Qualche canzone più avanti, un assolo di Frusciante durante il quale tutti si tacciono e arriva la botta di Californication, con braccia alzate e singalong inevitabile.

Altro momento inevitabilmente hit è quello di By the Way, ma è anche quello in cui Anthony sembra più affaticato nel cantare. In fondo, il concerto sta per finire e lui non si è certo risparmiato. Il tempo di una rapida sparizione e subito il rientro per gli encore, che partono con la struggente ballata su un amore non ricambiato, I could have lied, e chiudono con una delle canzoni più RHCP che ci sia, Give it Away, con il suo ritornello arrotolato così difficile da dimenticare. Tanto che, in coda per uscire dall’ippodromo, è ancora lì che gira in testa.

Grazie di esistere, grazie di suonare, ragazzi.

Clicca qui per vedere le foto del concerto degli I-Days Milano (o scorri la gallery qui sotto)

Red Hot Chili Peppers

RED HOT CHILI PEPPERS: la scaletta del concerto degli I-Days Milano

Around the World
Scar Tissue
Snow (Hey Oh)
Eddie
I Like Dirt
Otherside
Me & My Friends
Wet Sand
Watchu Thinkin’
Carry Me Home
Californication
Black Summer
By the Way

Encore:
I could Have Lied
Give It Away

SKUNK ANANSIE: la scaletta del concerto degli I-Days Milano

This Means War
Because of You
I Believed in You
Twisted (Everyday Hurts)
Weak
My Ugly Boy
God Loves Only You
Hedonism
Secretly
Piggy
Tear the Place Up
Charlie Big Potato

PRIMAL SCREAM: la scaletta del concerto degli I-Days Milano

Come Together
2013
Skull X
Sideman
Deep Hit of Morning Sun
Big Jet Plane
Free
It’s Alright, It’s OK
Suicide Bomb
Jailbird
Loaded
Movin’on Up
Country Girl
Rocks

STUDIO MURENA: la scaletta del concerto degli I-Days Milano

Psycore
Butterbean
Illusioni e astrattismi
Eclissi
Wadirum
Long John Silver
Mon Ami

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