Articolo di Stefania Clerici – Foto di Roberto Finizio
Il secondo giorno del Pinkpop Festival vede splendere il sole sul prato di Megaland, preannunciando una giornata calda sotto tutti i punti di vista: musicale soprattutto, per una line up che già infervora gli animi con il dj set del rapper Pappie Tap che fa esplodere la folla sotto al sole, scatenandosi come nel miglior pomeriggio di agosto ad Ibiza. Poco dopo alle 13.45 aprono i live all’Iba stage i White Lies: habituè dei palchi del Pinkpop, quest’anno arrivano al festival sia per presentare il loro ultimo album, Five, il quinto prodotto, da cui ci regalano Time to Give e Tokio, ma anche per farci riascoltare i loro più famosi successi, con There Goes Our Love Again, Hold Back Your Love e Bigger Than Us.
Il tempo per rigenerarci dalla calura con un tè verde al limone e zenzero nella più bella area food truck che abbia mai visto ad un festival (abbandonate le piadine riscaldate e le salamelle al carbone in pane raffermo voi che entrate), ecco che sullo Stage 4 è in corso il concerto del duo australiano Confidence Man, che ce ne fa vedere (piu che ascoltare) delle belle, tra balletti sync e un look eccentrico e stravagante.
Intanto sul palco principale salgono The Kooks. Non certo a noi nuovi nè al pubblico del Pinkpop, l’adrenalinica band made in Brighton, propone i suoi più famosi successi alla platea danzereccia: da Jackie Big Tits a Do You Wanna, ci si scatena felici… con Junk of The Heart il coro si alza fino alle ultime file come in una festa.
Dai toni naive del brit rock, si passa alle note calde del soul di Jack Savoretti, anche lui habituè del festival, che sotto al tendone dell’Brightlands Stage regala un live che fa cantare l’appassionato pubblico del Pinkopop.
Torniamo in area british sempre sotto alla tenso struttura fucsia dal palco illuminato a sera con Sir Miles Kane: l’artista è super carico e non possiamo che riapprezzarlo dopo la tappa dello scorso mese alla Santeria di Milano.
Apertura con Silverscreen che anima il pubblico eterogeneo del Pinkpop al brit rock del cantante: tra le prime file partono cori su Inhaler e Colour of the Trap, tratti dallo stesso album del 2011. Nonostante sia dato spazio per metà della setlist a Coup de Grace, i pezzi più apprezzati e cantati sono quelli del passato: Rearrange, Don’t Forget Who You Are e Come Closer piacciono di più, apprezzatissima anche la cover di Donna Summer di Hot Stuff, in versione rock e schitarratissima che viene cantata a gran voce e applaudita anche dai non-fan.
La serata sta scendendo sull’arena del Pinkpop e nel main stage ci si prepara per lo show di Lenny Kravitz: lo abbiamo ascoltato qualche settimana fa in Italia in due show tutti suoi e ora ce lo rigodiamo in modalità festival: si inizia subito a ballare sui toni soul di Fly Away per poi saltare e scatenarci su Dig In, ma le perle dell’artista regalate in apertura non sono finite… ecco la sensuale American Woman cantata a gran voce da tutta la folla, che sul finale sfocia in una Get Up, Stand Up molleggiata e solare.
Spazio anche alla riflessione: sul finale di Who Really Are the Monsters? Lenny ci invita alla riflessione sui tempi moderni in cui siamo bombardati da news, informazioni, social media e realtà virtuali che ci distolgono dalla nostra missione primaria di essere “umani”. Dice Lanny “non è un caso che si chiami programming, ci vogliono omologati e ci programmano per questo, ma sta a noi rimanere integri e apprezzare la tranquillità del cuore” sulle cui parole parte una Stillness of Heart necessaria e appagante.
La parte più ballad del live raggiunge il suo apice con la bellissima I Belong to You sul cui finale cori e assoli di chitarra ci si abbraccia in una totalità emotiva e forte. Il live rock riprende subito le redini, con un gran finale tutto da ballare: Where Are We Runnin’? incendia gli ululati nel ritornello, Are You Gonna Go My Way chiama applausi tra il pubblico, Love Revolution è l’inno che chiude più di 1 ora e un quarto di un concerto apprezzatissimo e super coinvolgente.
All’IBA stage invece si sta mettendo in scena uno spettacolo totalmente diverso, con i Die Antwoord il pazzoide e visionario duo sud africano, Ninja and Yolandi Visser, che sui suoni distorti del rap elettronico incendiano la platea con uno show visionario e surreale. Yolandi, biondissima, androgina con voce effettata da cartone animato è la parte candy, Ninja è il cattivo tatuato del ghetto: il loro gioco sul palco è tutto un riferimento fiabesco e animato, che mischia la sfera erotica e ideal-sexy a testi che raccontano una realtà scarna e banale: da ascoltare almeno la loro playlist se ancora non si conoscono, da vivere live se e quando mai passerano dall’Italia!
Ma quando la luce del tramonto sta scendendo sul pratone del Pinkpop, ecco che arrivano gli headliner più attesi della 50esima edizione del Festival: The Cure!
Il live della band è un concentrato di perfezionismo e professionalità con una grande protagonista sul palco, la Musica. Niente viene lasciato al caso, ma nemmeno ad altro: non ci sono sorrisi, non ci sono parole (a parte qualche incomprensibile mormorio tra un pezzo e l’altro di Robert Smith), ci sono solo le canzoni dei Cure e i fan. Sì perchè un live così o lo ami in toto e ti immergi nel fluido che dal palco si espande, oppure finisci per annoiarti… soprattutto se non sei pronto ai voli pindarici in cui il basso di Simon Gallup ti trascina per minuti interminabili fin dagli inizi, con una Burn (colonna sonora del film Il corvo) “infiammabilissima”.
Tra brani più e meno noti, si canta su Pictures of You con una lunghissima intro, ci si emoziona su Love Song, si balla su Just Like Heaven, in un mix di suoni che ripercorrono sì i 30 anni da Disintegration, ma celebrano anche il percorso in crescendo della punk band che ha fatto la storia della musica.
Senza dubbio la parte del live più apprezzata è la seconda, dopo la fine di One Hundred Years che vede un buio totale sul palco, prima della sessione più mainstream con i brani famosi: la sensuale Lullaby, seguita da The Caterpillar e dalla ballatissima The Walk, in un sempre più coinvolgente mix che passa da Wish con Friday I’m in Love e da The Head Of The Door con l’accattivante Close to Me. Il moto di danza continua su Why Can’t I Be You e l’attesissima Boys Don’t Cry, che conclude più di 2 ore e mezza filate di concerto.
I Cure possono piacere o meno, ma dopo questo lungo e intenso live mi è chiaro che una band quando ha da dire tutto con la sua musica non ha bisogno di altre parole.
Clicca qui per vedere le foto della seconda giornata del Pinkpop Festival 2019 (o sfoglia la gallery qui sotto)
THE CURE – La setlist del concerto al Pinkpop Festival 2019
Shake Dog Shake
Burn
From the Edge of the Deep Green Sea
A Night Like This
Pictures of You
High
Just One Kiss
Love song
Just Like Heaven
Last Dance
Fascination Street
Wendy Time
Push
In Between Days
Play for Today
A Forest
Primary
Want
39
One Hundred Years
Encore:
Lullaby
The Caterpillar
The Walk
Doing the Unstuck
Friday I’m in Love
Close to Me
Why Can’t I Be You?
Boys Don’t Cry
