Articolo di Umberto Scaramozzino
Ogni tanto in Italia i gruppi emergenti (o quasi) ci passano ancora. Ogni tanto questi gruppi fanno tappa anche in città che non siano Milano e quando lo fanno, tendenzialmente, lasciano il segno. Accade nell’area concerti Open Air dello sPAZIO211 di Torino, che per la prima volta non in dieci anni non sarà più teatro del Todays festival ma ha un fitto programma di eventi che risponde con passione al motto “eludiamo le convenzioni”. Chi troviamo nel parchetto in Barriera di Milano, in una delle pochissime serate del Nord Italia non compromesse dal maltempo? I bdrmm, freschissima band britannica che dalla pandemia a oggi ha pubblicato due album e un EP e che si configura come una chicca dello shoegaze.
In uno scenario in cui sembra che una band inglese per emergere debba necessariamente suonare post-punk, i bdrmm provano l’impresa di reinterpretare in chiave moderna un altro genere in pieno revival. Ve ne siete accorti, eh? Il mondo delle chitarre distorte, dei riverberi e delle voci eteree è tornato in auge ormai da qualche anno, trainato in particolar modo nell’ultimo biennio da un ritorno degli Slowdive che resta tra le cose migliori accadute di recente al mondo della musica.
L’aspetto più interessante di un concerto dei bdrmm è che fin dalle prime battute i giovanissimi musicisti di Hull, Yorkshire, sono in grado di edificare la loro dimensione suggestiva e malinconica, senza attendere i brani più rappresentativi. Pur avendo qualche pezzo particolarmente più riuscito della media – e, sapientemente, sono quasi tutti concentrati nel segmento finale della scaletta – la band riesce a creare omogeneità e a lavorare in modo eccellente sulle atmosfere e sul sound, guadagnandosi un imprinting pressoché immediato con il pubblico. Il livello di coinvolgimento è molto alto per essere un live con una platea ancora da fidelizzare, tant’è vero che l’entusiasmo della band dal palco è palpabile e genuino.
Ryan Smith è un frontman silenzioso che condivide il palco senza alcun protagonismo, laddove invece Jordan Smith – basso e synth, ma anche backing vocals tutt’altro che trascurabili – non manca di catalizzare l’attenzione. Anche la chitarra di Joe Vickers si prende la sua bella porzione di riflettori, con personalità e grande energia, la stessa che sprigiona Conor Murray con la sua esuberante batteria. Una bellissima formazione di giovani musicisti nel pieno della scoperta del loro talento, per questo vederli dal vivo è un toccasana. La sensazione in realtà è duplice e un po’ spaesante, perché sembrano una ventata d’aria fresca, ma sono a tutti gli effetti un ritorno al passato. Come ci riescono? Grazie all’approccio, con la cura dei suoni e con un modo di stare sul palco che risulta fresco e anche leggero, in perfetto contrasto con la straripante emotività della loro musica.
Forse un po’ di immaturità nella costruzione dei brani c’è ancora e meno male: vuol dire che ci sono i margini di miglioramento che garantiranno una crescita controllata, senza inutili – forse impossibili – exploit che in effetti mal si addicono al genere di riferimento. Già tra l’esordio Bedroom e il successivo I Don’t Know il songwriting dei ragazzi inglesi è sensibilmente migliorato, nelle strutture ma anche nell’efficacia dell’uso delle melodie sognanti. Non è un caso che la recente Standard Tuning, nuovo singolo, sia uno dei brani più belli e riusciti del lotto. Pochi fronzoli, com’è giusto che sia, ma anche un bel momento a fine concerto con i pochi rimasti a sfidare le zanzare che trovano la band disposta a fare foto, autografi, due parole e anche qualche improbabile balletto in celebrazione del bellissimo concerto appena conclusosi.
Non c’è dubbio: i bdrmm hanno tutte le carte in regola per diventare una di quelle solidissime band che reggono l’intera carriera sull’unico binomio che conta davvero: ottimi album, ottimi show.