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Back to GIOVANNI ALLEVI: il piano-solo tour arriva a Brescia a professare la gentile rivoluzione della vita

Cosa ci rende tutti simili è l’ignoranza del domani, e il compositore dottore in filosofia Maestro Giovanni Allevi lo ha capito affrontando un percorso difficile, non ancora finito. Ma ci dice una cosa importante: se qualcosa ci rende felici, andrebbe fatta. Almeno per battere la realtà.

Articolo di Marzia Picciano | Foto di Andrea Ripamonti

Esiste qualcosa di più sorprendente della vita. È qualcuno che torna alla vita. È il caso di Giovanni Allevi, e non solo perchè guarda caso ha deciso di intitolare una sua composizione proprio con questo rimando, e noi possiamo dire che lo speriamo, anzi, ci sbilanciamo e guardiamo all’oggi e ora: lo è già. Salire sul palco dell’Ariston di nuovo, dopo un’incredibile sofferenza, è stata una forma di liberazione, l’ha detto anche lui a Sanremo, una forma di accettazione di quello che si è quando si torna alla vita, a quel miscuglio cose belle e brutte o semplicementi indifferenti, ma che tanto ci manca quando ci accorgiamo che stiamo per perderla. Per Allevi, e questo non è un mistero, si tratta di tornare a suonare, su un palco, per delle persone.

Così va interpretato il tour Piano Solo che ha fatto la (terza) tappa a Brescia, al Gran Teatro Morato, questo 27 febbraio, in una delle migliori condizioni atmosferiche che caratterizzano da sempre l’ospitalità di queste terre quando si tratta di eventi (il diluvio). Ma questo non ha scoraggiato i moltissimi presenti dal fare code per entrare nel parcheggio e quindi riversarsi in sala, del resto, quando trovi un caso di vitalità cosi ben insediata nell’arte raramente te ne tieni lontano, che tu sia esperto o meno della musica in oggetto, o dello strumento che dà voce da sempre alle inquietudini cosi come alle euforiche schiarite del nostro compositore, ovvero il pianoforte.

Giovanni Allevi in concert at Gran Teatro Morato in Brescia photo by Andrea Ripamonti

Il pianoforte è uno strumento complesso. Un principe, grande, con uno standing importante, una serietà che trasla immediatamente su chi che lo deve suonare. Non lo maneggi, non lo trascini da una stanza all’altra, occupa un ruolo determinante nella disposizione dei mobili di casa. Infatti si impone e impone la sua presenza, è un tuo pari nel dialogo che avvii con lui non appena ti avvicini alla tastiera, puó darti parecchi malumori se non azzecchi il modo di trattarlo, di pigiare i tasti, di interpretare gli spartiti. E puó essere uno sparring partner meraviglioso per addentrarti in nuove emozioni. È totalizzante non solo rispetto a chi suona, ma anche a chi ascolta, e questa suggestione è quello che manda avanti un’industria musicale legata alle ballad del pop (e grazie a Dio, non solo).

Con questa visione in mente, parlando da assoluta profana della materia – la mia conoscenza del piano si limita a pomeriggi di scuola passati ad attendere la mia amica sul divano mentre provava per la terza volta la Patetica – ho assistito al concerto di Allevi con l’idea di voler scoprire come la combinazione di vita, morte e pianoforte si riscoprissero, a vicenda, legate dalla e alla storia di qualcuno che non ha rinunciato a cercare il bello solo perchè una “neoplasia dal suono dolce” è intervenuta a incrinare vertrebe e bloccare con tremori le mani di un compositore che in questo sforzo artistico vi ha trovato sin dall’inizio la propria missione. È questo è già un modo di battere il male.

Giovanni Allevi in concert at Gran Teatro Morato in Brescia photo by Andrea Ripamonti

Allevi ha l’euforia dei bambini quando scoprono un nuovo modo, ma questo lo era già prima, quando tornando per il bis saltava verso il palco (oggi si limita a una posa dell’angelo, quella che gli e’ permessa) e cosi si riferisce al pubblico, caloroso come non mai di ritrovare il suo Maestro. Ero curiosa di sentire dal vivo i brani che in un modo o nell’altro, come in toccanti pubblicità di automobili (eppure dirette da altri artisti, come Spike Lee) su cui comunque Allevi stesso ironizza, sono andati a toccare le corde di un larghissimo numero di persone, spesso mai e poi mai legate nelle proprie preferenze Spotify a un compositore da piano. Ma al di la’ delle critiche che hanno sempre caratterizzato la figura riccioluta di Giovanni Allevi è evidente che lui come altri compositori abbiano contribuito concretamente a rendere la musica strumentale qualcosa se non una chiave di lettura estremanente trasversale per tutti, e onestamente, in un quotidiano sempre più diviso, di stare sulle barricate oltre il necessario non se ne sente davvero il bisogno.

Non sbaglia chi vede in Allevi un grande divulgatore del pop-olare, e del bello, soprattutto. Perchè non è possibile dire che un pezzo come Aria non lo sia, bello, come lo è uno sprint da Galleria Borghese al Pincio di sabato mattina, e fermarsi a prendere fiato, aria appunto, non appena si raggiunge la distanza mentale programmata. E con questo sprint Allevi ha aperto il concerto, alzandosi, a ogni pezzo, seguendo un copione, con grande commozione sempre, spiegando con poche parole (spesso ironiche) sè stesso e i brani che porta al pubblico. Ad esempio, contempla lo stoicismo ma ironizza sul rischio fregatura che vi è nell’accettare uno status quo, che forse non è davvero quello che il signor Zenone di Cizio aveva inizialmente pensato, ma comunque risuona in Go With The Flow che, al contrario, è un fast forward cinematografico, quando saltiamo di anno in anno ma la camera non ci tiene a raccontarci tutto.

Giovanni Allevi in concert at Gran Teatro Morato in Brescia photo by Andrea Ripamonti

Pensa alle macchine, Giovanni, che ora vede costantemente su uno dei suoi brani più fortunati, Come Sei Veramente, e io mi chiedo, sempre da brava ignorante dello spartito (perdonami Maestro), perchè non si pensi all’oscurità a cui il pezzo si aggrappa costantemente mentre si dipana in delicatezza. Il Maestro dice: quando ami davvero, vedi davvero l’altro e allora ne sono certa, vedi l’oscurità, o come mi disse qualcuno tempo fa, il grigio, che forse da innamorati non si vede, soprattutto quando si è preda dell’estatica e inutilmente esagerata fase dell’ innamoramento che è tutta in Kiss Me Again. Forse è per questo che la sala era piena ieri e oltre alle frondose ricciolute teste di probabili sopravvissuti da Conservatorio (si, è cosi, ci si sopravvive e siete al 90% dotati di romantico-ottecenteschi ricci) c’erano anche quelle di chi come me si presenta perchè nauseata dalle parole e da interpretazioni di testi che ci fanno sentire stupidi (il dilemma della tuta di Mahmood è decisamente emblematico).

Interpretare il suono è più giusto, si puo’ parlare a tutti e in modo diverso, e per quanto i veri esperti ci tengano sempre a ricordarci che l’arte non è democratica, noi timidi coraggiosi ci appelliamo al diritto di pagare per sedere al tavolo di chi fa cose più alte, un compositore-filosofo. Come in Prendimi, mi chiedevo, ma nel senso di essere inseguito o trascinato? E il brano a me diceva: ovvio essere trascinato, c’è una corsa presa per mano, e io sono quella che segue, per quanto l’esercizio mi sembri via via più simile alla questione del vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto e meno male che venerdì c’è l’analista cosi passo la matassa a lei. Quante cose si pensano in un concerto come questo! C’è piu attenzione, se vuoi, soprattutto se sul palco c’è un folletto in Converse perso in una nuvola oggi grigia, un pó affaticato, uno spiritello che non ha problemi a definirsi dinanzi a centinaia di persone come un disadattato a 17 anni che prendeva spunti per il ritmo dalle signore in caduta libera in metro, eppure capace di scrivere qualcosa come Japan, e io a quell’età al massimo copiavo i codici per le scritte glitterate su MySpace ed ero capace solo di adorare tantissimo, o di ignorare.

Giovanni Allevi in concert at Gran Teatro Morato in Brescia photo by Andrea Ripamonti

La standing ovation, meritatissima, mossa da commozione e urla sparse di incoraggiamento, ha fatto persino spazio a un siparietto con tanto di (fantastica) signora appollaiata coi gomiti sul palco per chiedere la canzone che piace ai bambini. È questo il fine ultimo della musica? Appassionare grandi e piccini, smuovere i grandi spiriti o i grandi sonni, quello del signore giusto dietro di me (si rilassava, del resto)? E chi siamo noi per giudicare? Anche perchè, Allevi l’aveva intuito già, quando ha deciso che il suo brano della rinascita si doveva chiamare Tomorrow, la risposta è semplice. Siamo tutti uguali davanti a domani, all’ignoto. Meglio essere gentili. E su questa falsa riga avrà deciso di scomodare per il grand finale il signor Marc-Antoine Charpentier con una rivisitazione del Te Deum (Eurovision anyone?) in chiave jazz che a me non è dispiaciuta affatto, ma non mi azzardo a chiedere agli addetti del mestiere. In ogni caso, anche per loro: siate magnanimi.

Clicca qui per vedere le foto del concerto di GIOVANNI ALLEVI a Brescia o sfoglia la gallery qui sotto

Giovanni Allevi

GIOVANNI ALLEVI – La scaletta del concerto di Brescia

Aria
Go With The Flow
Come Sei Veramente
No More Tears
Kiss Me Again
Tomorrow
Our Future
Japan
Ti Scrivo
Luna
L’Idea
My Angel
Panic
Elena
Prendimi
Encore
Back To Life
Te Deum

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Dall’Adriatico centrale (quello forte e gentile), trapiantata a Milano passando per anni di casa spirituale, a Roma. Di giorno mi occupo di relazioni e istituzioni, la sera dormo poco, nel frattempo ascolto un sacco di musica. Da fan scatenata della trasparenza a tutti i costi, ho accettato da tempo il fatto di essere prolissa, chiacchierona e soprattutto una pessima interprete della sintassi italiana. Se potessi sposerei Bill Murray.

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