Foto di Rossella Mele | Articolo di Silvia Cravotta
Ci sono quarantenni che ammettono di provare un brivido di nostalgia ogni volta che sentono partire della musica elettronica. E poi ci sono quelli che mentono. Infatti erano tanti gli ex ragazzi degli anni Novanta ieri al Milano Summer Festival per i Chemical Brothers, tornati dopo quattro anni per riportare un po’ del loro Big Beat in città. Ma c’erano anche tanti trentenni, tanti ventenni e pure intere famiglie.
Ippodromo al gran completo per la prima data italiana del tour nato dall’album “No geography”, uscito ovviamente in era pre-Covid. Un pubblico variegato che ha riempito lo sterrato davanti al palco, cominciando a ballare già un’ora prima del concerto al ritmo della musica – ovviamente elettronica – generosamente distribuita da un deejay brizzolato. Indispensabile caricare gli animi per il momento in cui – al crepuscolo e con il quarto d’ora accademico di ritardo, introdotti dal corale “Come with us” – Tom Rowlands e Ed Simon sono comparsi sul palco, affacciandosi prima per salutare e rifugiandosi poi nella loro isola privata fatta di mixer, tastiere e strumentazioni di ogni sorta.
È da lì che si è irradiata un’onda di musica che ha travolto il pubblico al ritmo di “Block Rockin’ Beats” e non si è mai interrotta per oltre un’ora e mezza. Così come non si è mai fermato lo spettacolo di luci, video e computer grafica che è parte integrante dello show e che ha accompagnato l’esibizione al ritmo del sound messo su dal duo di Manchester. Un meccanismo curatissimo nei dettagli e dall’esecuzione perfetta. L’effetto è adrenalinico, mentre in prima fila senti il pavimento tremare e lo stomaco battere al ritmo delle casse, sensazioni un po’ old fashioned che ti riportano direttamente ai tuoi vent’anni.

Ma è solo un momento perché non ci si riesce a distrarre in questo fiume ininterrotto di musica elettronica, mentre sullo schermo gigante alle spalle di Ed e Tom scorrono visi e corpi fatti di linee luminose e colorate, macchie e figure geometriche dai colori psichedelici, personaggi improponibili e ipnotici con maschere, costumi da supereroi o da mostri poco paurosi impegnati in fantomatici combattimenti che alla fine sono dei balletti. Così come ballano, a modo loro, i due robot giganti che dal buio fanno la loro comparsa sul palco e catturano la scena, innalzandosi ai lati del palco e tenendo bene il ritmo degli umani che si agitano sotto di loro. C’è posto anche per mirror ball, esplosioni di coriandoli bianchi e palloncini giganti gialli, che dovrebbero passare di mano in mano tra la folla ma vengono spazzati via dal vento comparso improvvisamente al momento sbagliato.
Ma poco importa perché sotto il palco si pensa solo a ballare sulle canzoni che hanno segnato la storia quasi trentennale dei Fratelli Chimici, che per la loro setlist hanno spaziato lungo tutto l’arco della loro carriera. Da canzoni anni Novanta come “Three little birdies down beats”, “Chemical beats”, la già citata “Block Rockin’ Beats” e “Dig your own hole”, hit riempipista come “Hey Boy, hey girl”, classe ’99 – esiste qualcuno che non la conosce? – fino agli anni Duemila e oltre con canzoni come “Come with us”, “Galvanize” su cui è impossibile stare fermi, “Escape velocity”, “Swoon”, “Go”, fino alle tracce del nono e ultimo album che dà la spinta al tour, “No geography”, “Mah”, e “Eve of destruction”.
Il live milanese si sussegue senza mai sentire la voce di Tom e Ed, che comunicano solo con i visi e i movimenti delle braccia. Solo ogni tanto Ed abbandona l’isola per affacciarsi a bordo palco e caricare il suo pubblico. Un messaggio però lo vogliono mandare e lo fanno comparire sullo schermo con una scritta (ovviamente) luminosa e in movimento che recita “Hold tight Milano”, un incoraggiamento che fa bene leggere dopo questi ultimi difficili anni, non solo per questa città.
Dopo “Galvanize”, il duo saluta e va via ma rientra poco dopo a suon di “fuori, fuori” per una performance mistica tra immagini religiose e mostri medievali. Spente infine le luci, i Chemical Brothers salutano Milano. Prossime tappe Roma, Bologna e Bari. Here we go.
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