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Reportage Live

IRON MAIDEN all’ippodromo SNAI di Milano: gli dei giocano con la follia

Foto di Davide Merli | Articolo di Giulio Taminelli

Il Return of the Gods Festival, inserito nella kermesse del Milano Summer Festival che vede come cornice l’Ippodromo SNAI meneghino, vede il ritorno degli Iron Maiden per l’unica tappa italiana del The Future Past Tour, dedicata all’ultima fatica Senjutsu e alla riproposizione di quella perla strepitosa di Somewhere in Time. L’apertura dei cancelli prevista per le 14.00 di un caldissimo 15 luglio non spaventa i fan che, sin dalla mattinata, si sono appostati all’ingresso in zona Lotto. Uniamoci a loro e vediamo com’è andata la giornata.

The Raven Age.

L’inaugurazione del palco per questa giornata di concerti spetta ai The Raven Age, gruppo inglese fondato nel 2009 e cresciuto con la chiara idea di dimostrare, al netto di una buona costruzione musicale, quanto heavy metal classico e moderno possano coesistere per ritmi e sonorità.
È la prima volta che li ascolto dal vivo e sono rimasto molto colpito dall’ottima tenuta di palco e dalla qualità esecutiva.
Batteria, cori e voce a livello di acustica sicuramente hanno spiccato, sfruttando spesso basso e chitarra come mero riempitivo salvo nei vari “solo” disseminati nelle canzoni, dove invece le corde alte si facevano decisamente sentire.
Purtroppo essere la quarta spalla degli Iron Maiden ed esibirsi alle 16.00 di uno dei giorno più caldi dell’anno non aiuta nel tentativo di esaltare il pubblico, ma non posso che confermare l’ottima impressione fatta su tutti i presenti che, anche in fila per la birra, muovevano la testa e commentavano positivamente.

Blind Channel

Foto di Davide Merli per www.rockon.it

Altra grande sorpresa live sono in Blind Channel, combo Finlandese spiccatamente legato alla cultura Nu e arrivati all’orecchio del grande pubblico grazie al sesto posto ottenuto all’Eurovision del 2021. In un concerto che ha come headliner il gruppo che rappresenta la storia della NWOBHM, fanno del proprio punto di forza breakdown, canto sporcato e basi elettroniche, dimostrando quanto il contrasto paghi in ogni frangente se ben studiato.

Pregevoli battute rappate e un’ottimo utilizzo della chitarra per dare il tempo nei momenti più concitati.

Batteria, basso e basi elettroniche vengono stupendamente utilizzati come ottimo “contorno sonoro”, fungendo da metronomo nei momenti lasciati alla (pronta) risposta del pubblico. Piccolo dettaglio sulla batteria: alcuni ritmi particolarmente pregni di groove penso provengano dalla bossa nova.
Ottima prova quindi per i Blind Channel, in grado di coinvolgere pubblico.
Menzione d’onore alla stupenda cover di Left Outside Alone di Anastacia . Nonostante non siano nella mia comfort zone musicale, non posso che commentare in un solo modo: semplicemente esaltanti.

Epica

Foto di Davide Merli per www.rockon.it

Quando salgono gli Epica sul palco è scontato che il periodo di riferimento non sia quello odierno. C’è stato un tempo, secoli fa (il 2003) in cui le voci bianche femminili imperversavano nel panorama metal che i media proponevano (propinavano?) al fandom.
Oggi è chiaro che le cose non vadano più così. Bravissimi, pulitissimi, contentissimi, levissimi ma è palese come la dimensione dei festival non li rappresenti più.
Il doppio pedale a tappeto e il dover rendere i suoni ovattati per rendere al meglio la voce della cantante Simone Simons è una struttura live che non regge più il passo con i tempi e non eguaglia la qualità audio raggiunta dai concerti in esterna. 
Spero che il lettore non mi fraintenda: la qualità esecutiva e la voglia di coinvolgere il pubblico c’erano. Il discorso è che le esibizioni degli Epica sono ormai chiaramente legate al circuito invernale dei club.

Foto di Davide Merli per www.rockon.it

The Final Lullaby è stata invece una piacevole sorpresa, con una batteria decisamente più al passo con i tempi e una costruzione generale più “solida” per i canoni del 2023. Insomma, è palese come gli Epica abbiano un problema con la ri-ottimizzazione delle proprie canzoni per l’esibizione in esterna. Non posso che limitarmi quindi ad apprezzare l’esecuzione generale e consigliare ai fan la fruizione al chiuso per questa band.

Stratovarius

Foto di Davide Merli per www.rockon.it

Gli Stratovarius arrivano sul palco in ritardo. Stiamo parlando di circa quaranta minuti. Momenti di panico tra stage e pit poiché nessuno strumento amplificato emetteva rumori. Tra borbottii di pubblico e maldestri tentativi da parte di chitarrista e tastierista di “spegnere e riaccendere” gli strumenti, sembra muoversi qualcosa.
Parte Black Diamond, pezzo imprescindibile per le scalette degli Stratovarius e ben eseguito, salvo per la completa assenza di voce in cassa per il cantante.
Segue Hunting High and Low, finalmente eseguita senza problemi e che segna la chiusura dell’esibizione.
Tra stupore e grida del pubblico, un addetto ai lavori sale sul palco spiegando che problematiche legate ai voli hanno impedito agli Stratovarius di esibirsi a scaletta piena. Rimaniamo quindi soddisfatti e felici di avere più di un’ora libera per poter prendere birre in attesa del concerto dei Maiden (lascio l’interpretazione di questa frase al lettore)

IRON MAIDEN

Foto di Davide Merli per www.rockon.it

Ora io come vi parlo di questa band? Seriamente, come posso essere oggettivo e neutrale se durante Can I Play With Madness stavo piangendo come un bambino? Gli Iron Maiden sono il motivo per cui cerco, nei live la che recensisco, la componente di interazione con il pubblico. “Ogni volta che muovo un mignolo, questo gesto deve poter essere visibile anche all’ultimo spettatore in fondo alla sala”. Così Bruce Dickinson descriveva, in una delle centinaia di interviste rilasciate negli anni, il suo modo di muoversi sul palco. Non so citarvi la testata di pubblicazione e non so nemmeno se la frase fosse stata pronunciata in questo modo ma, con assoluta certezza, posso assicurarvi che nel 2023 degli animali da palcoscenico si stavano esibendo all’ippodromo SNAI. Esecuzione magistrale, visivamente eccezionali (vogliamo parlare della camminata sul palco dell’Eddie di Somewhere in Time?) e fuori da ogni logica nonostante gli anni di carriera superino ormai abbondantemente gli ‘anta.

Foto di Davide Merli per www.rockon.it

La scaletta, frutto della doppia dedica stilistica del tour, vedrà dieci dei quindici brani totali provenire dall’album Senjutsu (che avremmo dovuto sentire lo scorso anno nella sfortunata data di Bologna) e da Somewhere in Time. 

Parlando proprio dell’ultimo album citato, non posso che essere orgoglioso di aver sentito dal vivo Alexander the Great, brano meraviglioso che purtroppo non rientra quasi mai nelle playlist legate ai Maiden.
Spostandoci invece sulla gestione di palco, ho trovato splendido l’utilizzo da parte di Bruce Dickinson delle pedane rialzate laterali durante le fasi più concitate, in modo da rimanere in vista lasciando comunque spazio al basso di Steve Harris e alle tre chitarre di Murray, Smith e Gers.

Foto di Davide Merli per www.rockon.it

In conclusione, i Maiden a distanza di quasi cinquant’anni dalla loro fondazione sono ancora maestri indiscussi dell’intrattenimento. Certo, il tiro degli ultimi album è calato per via dell’età e le scalette dei concerti non possono contenere tutti i capolavori prodotti (sarebbero troppi) ma vi garantisco che, nella vita, un concerto dei Maiden va visto assolutamente.

Clicca qui per vedere le foto del concerto degli IRON MAIDEN al Milano Summer Festival o sfoglia la gallery qui sotto

Iron Maiden

IRON MAIDEN – la scaletta del concerto di Milano

Caught Somewhere in Time
Stranger in a Strange Land
The Writing on the Wall
Days of Future Past
The Time Machine
The Prisoner
Death of the Celts
Can I Play With Madness
Heaven Can Wait
Alexander the Great
Fear of the Dark
Iron Maiden

Encore:
Hell on Earth
The Trooper
Wasted Years

Blind Channel

HAPPY DOOMSDAY
We Are No Saints
Over My Dead Body
FLATLINE
Left Outside Alone
Balboa
Dark Side

Epica

Abyss of Time – Countdown to Singularity
Victims of Contingency
Unleashed
The Final Lullaby
The Skeleton Key
Beyond the Matrix
Consign to Oblivion

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