I Kings Of Convenience sono stati dannatamente assenti dalle nostre vite per troppo tempo, ma credo che l’attesa si una prerogativa del loro modo di definirsi artisti.
Si fanno attendere anche per il concerto al Teatro degli Arcimboldi, dal pubblico così come dai fotografi al mattino per lo shooting. Atteggiamento che reputo poco zen considerando che Milano vive da giorni sotto una cappa di nebbia e nell’aria c’è un’umidità capace di elettrizzare anche il pelo sintetico delle pellicce camouflage che vedo in coda alla biglietteria.
Il teatro è comunque pieno al secondo giro di spettacolo della giornata, ciò mi rincuora perché probabilmente non sono l’unica insofferente.

Finalmente Erlend Øye e Eirik Glambek Bøe compaiono sul palco, lo spettacolo si preannuncia come una serata di riconnessione, sia tra di loro che con il pubblico, e queste intenzioni sono chiarissime dalla messa in scena: sul palco solo due sedie e quattro chitarre acustiche. I kings of conveience non hanno previsto altri cantanti o musicisti di supporto ma una scenografia minimale, quasi inesistente per un set che vuole rivendicare i suoi decibel estremi in un’atmosfera dal silenzio assordante.
L’amore resta come al solito il loro soggetto preferito che si traduce in “Peace Or Love” ultimo disco dal songwriting così disadorno che richiede forza melodica e fiducia, nonostante la coppia non si allontani mai dalle sue chitarre acustiche e dal violino occasionale.
Ciò che emerge con più forza da questo spettacolo è sicuramente l’alchimia disinvolta del duo che non ha mai subito il tempo passato – come viene ribadito scherzosamente da Øye sul palco “La cosa più bella di lavorare da tanto tempo insieme è che abbiamo un sacco di belle canzoni da proporvi” – i due sono completamente a loro agio l’uno con l’altro, anche se l ’uno è più comunicativo e i suoi deliziosi aneddoti intervallano le canzoni. C’è qualcosa di così simile ma distinto nelle loro voci, che arrivano a completarsi perfettamente.
Lo spettacolo rivela una scaletta curiosa, che elimina i favoriti di lunga data – come il primo singolo “Toxic Girl” – in modo da permettere al nuovo progetto di respirare a pieni polmoni. Segno di una meritevole testardaggine a mio parere – dal vivo, il materiale di “Peace Or Love” sembra connettersi immediatamente con la folla, trascinata dalla graziosa musicalità e dall’asciutto umorismo nordico.

In questo contesto “Comb My Hair” diventa una delicata apertura con cui Glambek Bøe saluta il pubblico scimmiottando qualche parola di italiano. “Fever” diventa un momento di simpatica interazione con i presenti che vengono chiamati a tenere il ritmo con le mani – “keep funking” – chiedono entrambi aggiungendo al termine del pezzo – “Thank you for be our Drummers”.
Le voci di Øye e Bøe , accoppiate e timbricamente simili, rimangono una parte fondamentale del fascino del live. La delicatezza e la cura sono date dalle diverse tonalità vocali che esprimono perfettamente e allo stesso tempo l’innocenza e l’esperienza della band. Ci sono anche momenti di semplice tristezza che raccontano la complessità dell’amore come in “Rocky Trail” e “Killers”.
A parte gli strani tuffi nel catalogo – una formidabile ripresa di “24-25” per esempio – il set rimane fissato sul nuovo album, un segno della fiducia della coppia nel loro materiale.
Tornando per un bis gioviale, i Kings Of Convenience si sono sciolti con un viaggio nel passato; Erlend canta “Mrs. Cold” dall’oscurità del lato del palco, prima di scuotere allegramente alcuni passi di danza in un esuberante “I’d Rather Dance With You”, e nonostante la troppa attesa è bello concludere una serata così.
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Scopri la Setlist del concerto di Milano
- Comb My Hair
- Ask for Help
- Cayman Islands
- Rocky Trail
- Rumours
- Angel
- I Don’t Know What I Can Save You From
- 24-25
- Killers
- Love Is a Lonely Thing
- Fever
- Catholic Country
- Misread
- Homesick
- Cold
- I’d Rather Dance With You
