La musica è una questione di incontri. A volte l’appuntamento è concordato e deciso, altre volte invece basta camminare lungo una qualsiasi strada del mondo e riconoscersi o, meglio, riconoscere. Così è successo che per una delle strade di un quartiere di Londra, io abbia riconosciuto George Vjestica, musicista e chitarrista di Nick Cave & Bad Seeds. In quel preciso momento tra una chiacchera e l’altra, l’uscita imminente ( il 14 febbraio) del suo nuovo lavoro dal titolo Major/Minor e la collaborazione con Dan Donovan, musicista, fotografo, compositore, fondatore dei Big Audio Dynamite e Dreadzone che hanno deciso di chiamare ANDROMEDÆ. L’album è di quella che chiameremo musica sperimentale, ma forse è anche un album dove bisogna prendere del tempo, dove l’attenzione all’ascolto è fondamentale, ed oggi, per quanto sembrerebbe banale, non abbiamo più attenzione nemmeno verso l’ascolto, non solo degli altri ma anche l’ascolto musicale. In un mondo dove tutto va di fretta, in un mondo dove ci “par d’esser mangiati e vomitati” come nell’Ulisse di Joyce, Major/Minor diventa una piccola navicella spaziale verso una pausa, un sospiro profondissimo, che ti riporta dalle stelle alla terra e dalla terra alle stelle. Poi c’è Nick Cave, c’è Marianne Faithfull, c’è Dylan, c’è la musica che a proposito di strade sembra stare andando in una di quelle che sembra conosciuta e rassicurante, poiché nuova ma che non ha luce, perché non ha umanità, e che forse alla fine ci farà ritrovare in un burrone…
-Come mai il titolo Major / Minor? Hai anche un gruppo che si chiama Bandante, di che gruppo si tratta?
ANDROMEDÆ è il nome che Dan Donovan e io abbiamo deciso di dare alla nostra collaborazione. Bandante è il mio gruppo rock n roll, ‘Bang Bang’ e ‘My Friend’… amo molto quelle canzoni! Conosco Dan da oltre 30 anni, siamo buoni amici e l’ho visto suonare dal vivo con i Big Audio Dynamite, i Dreadzone e non molti sanno che era anche nei Sisters Of Mercy. È un musicista brillante. Per anni ho continuato a dire che avremmo dovuto registrare della musica insieme. L’abbiamo fatto e il risultato è “Major Minor”. Mi piace l’immagine che la parola Andromeda evoca, la galassia spaziale a spirale e il suo legame con la mitologia greca, la dualità, due musicisti. Major” e ‘Minor’ è un termine musicale e un gioco di parole con Ursa Major e Ursa Minor. Quando abbiamo ascoltato la musica che avevamo registrato una volta finito, l’immagine che dipingeva era quella della terra e dello spazio; quindi, è per questo che abbiamo scelto ANDROMEDÆ e ‘Major Minor’. Sono nato il 2 maggio, quindi il numero 2 è una cosa importante nella mia vita!
-Non è un genere facile, almeno non al primo ascolto. Perché l’idea di fare un album così sofisticato e particolare? In Italia, oggi, un album del genere sarebbe impensabile.
La vita come la conosciamo ora è così veloce e quando si tratta di musica sembra che la nostra capacità di attenzione sia diminuita fino a ridursi letteralmente a dei bocconi sonori. La prima volta che ho ascoltato i Nirvana o John Coltrane, non è stato un ascolto facile. La priorità mia e di Dan, in termini puramente egoistici, era quella di suonare e basta, senza limitarci in alcun modo dal punto di vista compositivo o strutturale. Abbiamo registrato ore e ore di musica, che poi abbiamo lavorato con il cesello e alla fine siamo arrivati a qualcosa di coerente, emozionante e bello per le nostre orecchie. È un ascolto impegnativo, ma non è male fermarsi, sedersi per un’ora e ascoltare l’intero album come un pezzo unico, se lo fate, vedrete che ha un senso totale. Quanto al fatto che un album del genere in Italia sia impensabile, ascoltate gli Agorà degli anni ’70, sono italiani e sono stati fantastici!
-La chitarra non è presente?
La chitarra è presente in tutto l’album, è presente in ogni brano, solo che non suona come una chitarra e questo era il mio progetto. L’unico momento in cui si può definire il suono di una chitarra è l’intro di “Parallax”, il resto è tutto pesantemente processato; quindi, quando senti un coro è la chitarra o qualcosa che sembra un organo è la chitarra. Ho usato tonnellate di effetti e ho suonato la chitarra attraverso di essi, e ancora oggi quando ascolto l’album chiedo sempre a Dan: “Sei tu o io?”.
– Questi progetti paralleli a Nick Cave & Bad Seeds vi aiutano a rimanere più vicini in un certo modo?
Mi sento sempre vicino a Nick Cave & The Bad Seeds, è una parte enorme della mia vita, ma credo che personalmente sia molto importante essere creativi ed esprimersi musicalmente e avere progetti paralleli a Nick Cave & The Bad Seeds mi permette di farlo. Sono molto fortunato ad avere entrambe le cose.
– Captured e The Thought ricordano molto l’album di Ghosteen… le atmosfere sono simili?
In un certo senso c’è questa connessione, credo per il fatto che in entrambi i dischi non c’è la batteria, ma per quanto riguarda l’atmosfera c’è anche l’elemento elettronico, quella cosa dark ambient. In realtà trovo sia “Major Minor” che “Ghosteen” molto positivi ed edificanti!

-La copertina dell’album è molto bella: di che immagine si tratta e ha un significato particolare?
La copertina dell’album è tutta opera di Dan. È un fotografo straordinario e prima di diventare un musicista era l’assistente di Oliviero Toscani nei primi anni ’80. Ha girato Londra per una settimana e ha trovato la scala. Ha girato per Londra per una settimana e ha trovato la scala in un noto edificio brutalista, ha scattato ed è stato magico. La luce e l’atmosfera, un’immagine perfetta che trasmette il senso della musica in un modo astratto e meraviglioso.
-Avete intenzione di suonare questo album dal vivo qui? Magari nei club?
Vogliamo davvero suonare questo album dal vivo, da qualche parte all’aperto in Italia, sarebbe un sogno, ma sì, anche nei club sarebbe bello.
-Sei d’accordo con l’uso dell’intelligenza artificiale anche nel mondo della musica o pensa che l’AI debba stare lontana da questo mondo?
Non sono d’accordo con l’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo della musica, siamo già sul punto di essere disumanizzati. Potrebbe essere utile in certi ambiti, ma nella musica no, grazie.
-Da quando hai iniziato a farne parte, pensi che il mondo della musica sia cambiato, in che modo? E se sì, in peggio o in meglio?
È cambiato moltissimo da quando ho iniziato, puoi fare un disco e pubblicarlo dal tuo computer o telefono, cosa che sarebbe stata inimmaginabile quando ho iniziato. In meglio o in peggio, è un po’ entrambe le cose: è più facile fare musica, ma per farla arrivare alle persone su larga scala è necessario che il business e le sue infrastrutture supportino il tuo lavoro e questo, al giorno d’oggi, è molto più difficile da ottenere. Quando ho iniziato c’era musica dal vivo ovunque, nei pub e nei bar, e ci si poteva guadagnare da vivere facendo questo, oggi non c’è modo di farlo, semplicemente non esiste, ma se vuoi farlo devi solo concentrarti, avere fede, tenacia, impegno totale e un po’ di talento.
-Conoscevi Marianne Faithfull? qual è il suo ricordo più bello e cosa ti ha lasciato?
Non conoscevo Marianne personalmente, anche se l’ho vista molte volte dal vivo e adoro i suoi dischi. Warren Ellis le era molto vicino e quando Nick e Warren realizzarono “This Much I Know To Be True” lei venne a leggere la poesia “Prayer Before Work” di May Sarton. È stato incredibile vederla lì, così fragile ma con una presenza enorme. L’ho salutata quando ha lasciato le riprese a Battersea quel giorno, che sorriso, ero completamente sopraffatto. Era così “cool”.
-5 album che consideri fondamentali come musicista?
‘In A Silent Way’ – Miles Davis
‘Berlin’ – Lou Reed
Pink Floyd- Animals’.
‘Never Mind The Bollocks’ – Sex Pistols
‘What’s Going On’ – Marvin Gaye
-Come musicista, cosa non sopporta durante un concerto dal vivo?
Il cattivo suono.
-Come ha conosciuto Nick Cave e Warren Ellis?
Nick è un vecchio amico che ho incontrato a West London molti anni fa e ovviamente ho conosciuto Warren tramite Nick. Sono ragazzi fantastici, musicisti fantastici ed entrambi incredibilmente divertenti!
– Ti faccio una domanda da spettatore, avendo visto il concerto a Roma di qualche anno fa. Da quel concerto, che è stato il primo che ho visto di voi, sono uscito completamente scioccato, ma anche gli altri, scioccati come se fossimo stati su un altro pianeta a svuotare la nostra anima, cioè sembrava un altro posto in un altro mondo, tra l’altro all’inizio avevo quasi paura, poi invece mi sono sentita protetta: sei consapevole che i vostri live non sono live qualsiasi ma diventano un’esperienza talmente subumana che passano giorni per riprendersi?
Nick Cave è un performer unico e molto potente. È un frontman nato, ha quella caratteristica magica, molto affascinante e terrificante allo stesso tempo. I Bad Seeds dal vivo sono un’esperienza incredibilmente coinvolgente, ne sono consapevole. Li avevo visti molte volte nel corso degli anni prima di unirmi a loro e l’unica cosa che posso dire onestamente dell’esibizione con loro è che ogni sera ogni membro della band dà il massimo, non c’è il 99%, è un impegno totale al 100% per due ore e mezza e l’empatia tra i musicisti sul palco è molto speciale, così come le canzoni, e credo davvero che questo si estenda al pubblico…
– Ho visto Bob Dylan alla Royal Albert Hall il 12 novembre, e posso assicurarvi che Dylan ha cambiato il mio cuore, non l’ha riparato, me ne ha dato uno nuovo, durante quel concerto. Un’esperienza inimmaginabile. E sono rimasta sorpresa quando Dylan ha twittato quel pensiero dedicato al vostro concerto visto a Parigi: Dylan ha parlato di gioia, come nella vostra canzone Joy, dopo tanta tristezza: cosa significa per te gioia? Trovi delle somiglianze tra Dylan e Nick Cave?
È stato un post meraviglioso quello di Bob Dylan. La gioia è un sentimento e un’emozione profonda che tutti sperimentano, alcuni più di altri. Dobbiamo ricordare che la vita è preziosa e non dobbiamo farci prendere troppo da cose che alla lunga non hanno importanza. Possiamo solo fare del nostro meglio ed essere gentili. So che Nick ama Bob Dylan e sono sicuro che, come Leonard Cohen, ne è stato influenzato. Un bell’uso del linguaggio è il terreno comune, così come la musica, per tutti loro.
-Come funziona: prima i testi e poi la musica o dipende da molti fattori?
Per me quando lavoro sul mio materiale la musica viene prima, crea l’atmosfera e la sensazione che poi tende a evocare le parole.
-Con quale artista ti piacerebbe suonare?
Tyler The Creator
-Qual è il suo rapporto con l’Italia?
Vengo in Italia da quasi quarant’anni. Ho vissuto a Genova per un periodo e porto la mia famiglia in Italia ogni anno. Mio cognato, l’attore Alessandro Nivola, ha origini italiane e mio padre ha visto eruttare il Vesuvio quando era in un campo profughi a Napoli nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi piacerebbe finire a Roma. Potrei essere seppellito nel Cimitero degli Inglesi vicino alla Piramide di Cestio con Shelley e Keats!
