Articolo di Simona Ventrella | Foto di Lara Bordoni
Dal suo album di debutto del 2016, We Fucked a Flame Into Being, il sound del cantautore belga Warhaus si è annidato nei nebbiosi regni della malinconia romantica. I suoi primi due album, il già citato e il successivo omonimo Warhaus del 2017, sono innegabilmente per i romantici notturni: lenti, sentimentali e cinematografici. Tuttavia, anche se i suoi primi due dischi si crogiolavano nella presenza inebriante dell’amore, la separazione dalla partner Sylvie Kreusch, la cui voce noir ha illuminato i passaggi oscuri dei primi due album come una presenza lunare, ha costretto Maarten a far fronte alla sua assenza, sia emotivamente che musicalmente. E così nell’ultimo il registro prova a trovare nuove alternative e libertà in cui si insinuano le influenze rock belghe di gruppi come i dEus di cui ritroviamo somiglianze stilistiche sparse qua e là, sia nuove le nuove sonorità che lo stesso Maarten ha scoperto insieme ai Balthazar.

Un percorso articolato che la band ha ben rappresentato sul palco del Circolo Magnolia in una performance irresistibilmente dreamy. Impossibile negare che la sola presenza scenica della band sia improntata ad esaltare questa attitudine glam e una certa sfrontatezza da dandy, che condisce con una giusta carica di sex appeal. La formazione a cinque sul palco determina una ricchezza di suoni che crea una rotondità del suono e il giusto equilibrio tra i brani passati e quelli del presente. La scaletta infatti è un palleggio tra l’omonimo disco del 2017 e il nuovo Ha Ha Heartbreack in una sorta di gioco a due. Control, Love’s a Stranger, Fall In Love With Me sono liriche dolci e melodiche che cullano l’ascoltatore dall’inizio alla fine e che coinvolgono il pubblico in facili ondeggiamenti e grandi abbracci al ritmo incalzante, caldo e avvolgente della sezione ritmica. Le potremmo immaginare come piccole cattedrali nella nebbia costruite su accordi di chitarra che tracciano il percorso per un’infusione di archi, pianoforte e voci, e soprattutto fiati. Un’enormità di strumenti suonati, non sempre con grande precisione stilistica, e forse a volte anche con qualche sequenza, che però riesce a scaldare il pubblico e infiammare gli animi. D’altronde Marteen sa come giocarsi bene le sue carte in termini di presenza sul palco e come coinvolgere il pubblico, ammiccando, avvicinandosi e scendendo tra di noi per raccogliere il calore e assorbire le vibrazioni positive che aleggiava in tutto il parterre.

Eravamo in purgatorio, un attimo pronti pronti per la redenzione e il minuto dopo di nuovo peccatori e travolti dalle nuove canzoni e da quel movimento verso un nuovo equilibrio quel senso di transizione ricreato da lunghe code strumentali di Time Bomb o dagli assoli di chitarra sbilenca di Shadow. Un live che si chiude con Open Window e un lungo momento di interazione finale in cui cantare all’unisono il motivo della canzone e chiudere con un culmine di gratitudine e affetto.
Forse non sono la band più precisa e stilisticamente definita, hanno un suono molto omogeneo ma sono riusciti tenere incollate le persone, a farle sentire amate, lasciate, coccolate e a pezzi il tutto con una grande energia sia fisica, che emotiva.
Aspettiamo con ansia il futuro e le prossime evoluzione di questo piccolo e prezioso gioellino belga.
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WARHAUS: la scaletta del concerto al Circolo Magnolia di Milano
Control
Desire – Ha Ha Heartbreak
The Good Lie
Beaches
When I Am With You
Love’s a Stranger
Shadow
Fall In Love With Me
Machinery
Time Bomb
It Had To Be You
Mad World
ENCORE
Best I Ever Had
Open Window
