Articolo di Serena Lotti | Foto di Andrea Ripamonti
Io, Patti Smith e Francesco Petrarca. Ma anche io, Patti Smith e l’amore. E ancora io, Patti Smith e Madre Natura. Oppure io, Patti Smith e la storia. Insomma quando si parla della sacerdotessa del rock viene facile avvicinare il suo nome a più concetti universali, quelli più profondi e assoluti e, come la storia della musica ha rivelato, una delle interpreti maggiormente convincenti quando si tratta di diffondere ideali, afflati politici e poesie sulla vita è proprio lei.
Ieri sera, cornice lo splendido teatro lirico Fraschini di Pavia, Patti Smith ha segnato l’ennesima tappa del suo viaggio italiano attraverso il tour Word and music accompagnata dal polistrumentista Tony Shanahan (chitarra acustica e basso) e dalla stessa figlia di Patti, Jesse Paris, al pianoforte e ci ha raccontato con parole e musica e una dose non indifferente di emozione il suo percorso artistico dentro quarantanni di una straordinaria carriera internazionale che l’ha resa una delle icone della rivoluzione del rock dagli anni 70 in poi. Maestra indiscussa, poetessa esistenzialista, idealista ribelle, ieri sera abbiamo assitito ad una dimensione live estremamente intima, totalmente in chiave acustica.
In total black , jeans, gilet, giacca e t-shirt un pò sgualcita, Patti arriva con i suoi musicisti senza mostrare alcuna nota di divismo ma, al contrario, è emozionata e commossa. Io sono in prima fila, se allungo un braccio la tocco. Pianto i miei occhi su di lei e spero di incrociarne lo sguardo distratto e ispirato. Intensa e struggente e dotata di un’espressività magnetica, Patti, attraverso la formula del reading-concerto, ha toccato piano le sue intime riflessioni sull’arte e sull’amore non solo attraverso contenuti musicali di incredibile poesia ma anche grazie a personali osservazioni dal valore socio-culturale importante.
La scelta di un live in acustica lascia a Patti lo spazio per l’improvvisazione come valido ausilio creativo ed espressivo e ci mostra il suo lato più esposto e le fragilità del tempo che passa, mutuato in modo evidente nei momenti in cui Patti sembra confusa, fa cadere gli oggetti attorno a sè o sbaglia per un attimo gli accordi intenerendoci con i suoi continui “Sorry…”
L’impegno sociale è inscindibile dalla musica della Smith e lei lo ricorda a più riprese, intonando un appello contro l’AIDS “Dobbiamo ricordarci che l’Aids è ancora con noi, dobbiamo continuare a educare le persone, specialmente i giovani”, ed ancora rinnovando l’invito necessario, urgente a lottare a favore dei diritti dei più deboli e oppressi, fino al messaggio di Mother Nature’s Son dei Beatles che sposa la causa ambientalista delle organizzazioni internazionali e chiama tutti all’appello della costruzione di uno mondo più sostenibile.
Un’altalena di emozioni dalle versione struggente di Pissing in a River, Grateful e Dancing Barefoot fine alla malinconica After the Gold Rush di Neil Young, un altro grande afflato ecologista, per arrivare ai momenti di reading che sublimano con una declamazione intima e calda di Solo e pensoso di Petrarca recitato in inglese. Patti è entrata in letterale simbiosi con pubblico, abbattendo le barriere distintive tra strumenti solisti e strumenti ritmici con un live acustico davvero raccolto dove il pubblico è stato irretito dai movimenti ipnotici della braccia di quella che sul palco è la sacerdotessa, la divinatrice che intona una versione ammaliante di Ghost Dance sussurrando “We shall live again; shake out the ghost dance”. La malia di Patti è straordinaria, io che sono a due metri da lei vedo la torsione di ogni suo muscolo, l’elettricità dei lunghi capelli bianchi, le rughe rapprese nella smorfia dell’interpretazione, le nocche che sbianchiscono ad ogni presa dell’asta. Non posso non notare tutti questi particolari così dannatamente fisici e tangibili su una donna che ho sempre considerato un’icona vivente capace di camminare sull acque.
Continuiamo in un viaggio dialogico che vive di musica, di arte, di sperimentazione e che eleva la parola come la forma espressiva più nobile e sublime e che Patti presta alla sua poetica narrativa e sonora che, talvolta, accarezza anche il ricordo di due delle persone più importanti della sua vita, ormai scomparse: suo fratello Todd di cui lei dirà “lui sorride dentro di me” e Fred Sonic Smith, l’amore della sua vita. Il delicato inno a quello che lei chiama il “dono della vita, che come ci viene dato, a volte, ci viene anche tolto” lascia lo spazio per una riflessione pacata ma pregna di rievocazione e di commozione.
A fine live i due brani più famosi e rappresentativi di Patti, Because the Night e People Have the Power la gente scende sotto il palco e si stringe a Patti che nel frattempo annienta le distanze fisiche dello stage e si avvicina a noi, ci tocca le mani, ci sorride e ci invoca a gridare quel manifesto di libertà, la dichiarazione per eccellenza; la gente ha il potere di liberare il mondo dall’azione dei folli, trascendendo la fragilità umana in attesa di un riscatto umano e sociale liberatorio e purificatorie. Ci punta quelle sue dita nodose “You are the power!!! You, you and you”, e per un momento mi guarda, sta dicendo a me Tu hai il potere, le stringo la mano, mi scoppia il cuore. Lo racconterò a mio figlio quando sarà grande, tua madre ha stretto la mano a Patti Smith una volta, e Patti Smith non ci sarà più allora, ma sono certa il che suo grido di libertà riecheggerà ancora tra le generazioni future. Patti you are the power.
Clicca qui per vedere le foto di PATTI SMITH a Pavia (o sfoglia la gallery qui sotto).
PATTI SMITH: la setlist del concerto di Pavia
Wing
Ghost Dance (Patti Smith Group song)
Grateful
My Blakean Year
Dancing Barefoot (Patti Smith Group song)
Beneath the Southern Cross
So this is Christmas (Tony Shanahan)
After the Gold Rush (Neil Young cover)
Solo e pensoso (Francesco Petrarca’s poem)
Mother Nature’s Son (The Beatles cover)
Pissing in a River (Patti Smith Group song)
Because The Night
Encore
People Have the Power
