Articolo di Serena Lotti | Foto di Oriana Spadaro
Quando il Divino stava distribuendo lodi e capacità al genere umano, i Giuda arrivarono al desk di accoglienza dove veniva dato l’ambito skill presenza scenica e si presero le meglio cose perchè avevano staccato il numeretto prima degli altri. Questo anche perchè il Divino, nonostante i Giuda avessero con il loro nome fatto un eloquente endorsement al suo più acerrimo nemico, era grande e generoso e non lesinò un’ampia dose di cazzim a nostri glamrockettari made in Lazio.
Parafrasando in modo estremamente onesto e senza scomodare metafore religiose, possiamo senza dubbio dire che i Giuda hanno un’incredibile e vigorosa potenza scenica mista ad un’inesauribile energia che consente loro, in modo assolutamente naturale e ficcante, di prendere il pubblico e farlo letteralmente cappottare e girarlo a 360 gradi, offendo uno spettacolo dal ritmo incessante, divertente e dannatamente coinvolgente.
E tanto per scomodare anche i luoghi comuni e parlare di fuga di cervelli, questa considerazione ormai tristemente attuale non ha risparmiato nemmeno il mondo della musica. Con la voglia di allargare la piazza ai confini transnazionali i Giuda in pochi anni si sono conquistati consensi e plausi entusiastici da tutto il mondo, in particolare Francia, Inghilterra, Spagna e Stati Uniti. Sono partiti dall’ambiente underground romano e sono cresciuti esponenzialmente all’estero fino a macinare sold out e una lista sterminata di tour e date in tutto il mondo.
The Guardian dirà di loro: “They sound fantastic: taut and punchy and anthemic. Intriguingly, for music rooted in the past, it never feels ironic or knowing: it feels weirdly potent” e Joe Elliot, cantante dei Def Leppard affermerà che Number 10 deve stare assolutamente nella lista delle “200 canzoni da sentire assolutamente prima di morire”.
Torniamo a Milano. Il live al Serraglio è stato tanto atteso, il locale è pieno. I Giuda si stanno conquistando popolarità anche in Italia e l’attesa di sentire dal vivo il loro ultimo lavoro, E.V.A. (che sta per Extra Vehicular Activity in riferimento agli astronauti e allo spazio) verrà ampiamente ripagato.
Partono asciutti e diretti aprendo con uno dei pezzi di E.V.A. appunto, Overdrive. La grassa potenza. L’adiposa forza. Un cantato feroce, dinamico, potentissimo dove si incastra perfettamente un tessuto melodico ricco e d’impatto e dove l’immediatezza del ritornello ci farà cantare a squarciagola sotto le transenne. Siamo partiti a bomba e i Giuda riprendono subito, senza spazi a nè cesure nè pause con Tartan Pants, Back Home e la glam-rock Coming Back To You tratte dal primo disco, Racey Roller. Suoni naturalmente caldi e confortevoli, una potenza brutale nel cantato e la cattiveria con la quale i Giuda letteralmente fustigano gli strumenti, creano una sinestesia perfetta e lasciano spazio una bella fusione di elementi visivi e auditivi. Tenda si dimena con movimenti sempre eleganti e da frontman d’assalto, lui sì che se magna il palco e il sound virulento di batteria e chitarre non fanno che creare una cornice perfetta di follia ordinata e clima festaiolo.
La sicurezza dei Giuda è disarmante, non fanno che correre a perdifiato dentro riff semplici ma dannatamente aperti e diretti, dentro dinamiche sonore che sono la loro comfort zone e all’interno della quale si muovono con assoluta naturalezza e credibilità.
Sento qualcuno affianco a me che dice “Mo je parte a’ valvola”…ma altro che valvola. Tenda & Soci (Lorenzo Moretti, Michele Malagnini, Danilo Valerii e Alex Cataldo) devono avere motori TwinAir inpiantati nel petto, sembrano posseduti da qualche demone pazzo che li rende invincibili, animaleschi, credibilissimi, instancabili. I vichinghi del del glam-punk.
Un salto all’indietro e ci propongono You got the power e Get on the line tratti dal secondo disco Let’s Do It Again ed arriva subito Number 10 dedicata a Francesco Totti, Er Pupone, per i ragazzi il più grande calciatore di sempre. La stupenda Hold me tight dove aleggia il fantasma dei T.Rex e la chitarra psichedelica di Marc Bolan e torniamo veloci ancora su E.V.A. e sulle strofe magiche di Interplanetary Craft.
Su Wild tiger woman ci arriva in faccia una lancia acuminata di proto punk, con ritmi perennemente in crescita e chitarre infiammate.
Giungiamo sulla metallozza 60’s Bonehead Waltz tratta da Speaks Evil che si ascrive perfettamente nel periodo storico che i Giuda hanno a riferimento.
Chiudono il live con un ritmo speedy punk dal sound lucidamente glam rock, la ramonesiana Roll On.
Una setlist lunghissima quella del quintetto romano ma sparata a raffica e composta da pezzi che non superano i 5 minuti; veloci boogie che arrivano senza preavviso e un sound sanguigno che ci fa sentire maledettamente a nostro agio.
Tributi glam-punk rock accattivanti e crudi a fiumi portati in scena da una verve vigorosa e magnetica ma mai trash, mai troppo caricata, una brutalità di gran classe in pratica. Una trivialità passionale e contagiosa che fa tanto panza e core e che li rende perfetti nella rievocazione di un rétro glam dove trova spazio anche l’ironia e una grandissima personalità.
Chi si aspettava di andare ad un party revival del glam rock targato 70’s è stato ampiamente soddisfatto: stiamo stati colpiti letteralmente da un impatto travolgente e danzereccio e da una potenza scenica muscolare. Un genere musicale specifico quello che propongono i Giuda e che li identifica in maniera netta ma che non li soffoca e non li sovrasta. Strizzando l’occhio alle loro icone di riferimento come The Glitter Band, Sweet, Damned, Bay City Rollers, Hector, Third World War, Slaughter & The Dogs e Slade i Giuda fanno di questo polposo background culturale una loro personalissima trasformazione musicale e stilistica riuscendo nel perfetto esperimento di essere originali dentro uno stile sentito e risentito e dal quale in tantissimi hanno attinto, spesso con risultati non troppo felici.
Hanno suonato magistralmente con l’urgenza di chi ha molto di da dire e dimostrare e ci hanno regalato un party popolare, una festa powerful rock che abbiamo trascorso a battere i piedi e a tenere i pugni in alto, cantando abbestia e sudando come pazzi.
Un viaggio nel tempo dove i Giuda ci hanno consegnato l’essenza della chitarra rock trascinandola senza peso dal passato e scaraventandola direttamente nel 2019 attraverso un approccio tanto anti convenzionale quando rispettoso e attento.
Penso che l’Italia abbia bisogno di loro. E ora di metter radici qui a casa e di gridare a pieni polmoni ‘Mo ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost!!’
Clicca qui per vedere le foto dei Guida a Milano (o sfoglia la fotogallery qui sotto).
GIUDA – La setlist del concerto di Milano
Overdrive
Tartan Pants
Back Home
Coming back to you
Maybe it’s all over now
Medley
Born under a bad sign
You got the power
Get on the line
No place to hide
Number 10
Racey Roller
Hey Hey
Hold me tight
ENCORE
Interplanetary craft
Wild tiger woman
Bonehead Waltz
Roll on
