Una pedana circolare e roteante domina la scena. Schermi attorno: piccoli, obliqui, storti, a replicare immagini e porzioni di mondo. Un secondo grande schermo orizzontale sormonta la quarta parete: si rivelerà un grande acquario (o un piccolo palco, dipende dal punto di vista), in cui i ricordi e le scene fuori dall’appartamento del protagonista della storia prenderanno forma fisica: Newton (Manuel Agnelli) è l’infelice migrante interstellare costretto a rimanere sulla Terra. Non può morire e nè invecchiare, si isola quindi nel suo appartamento: depresso e vittima di allucinazioni e dipendenze, Newton riceve segnali dal passato attraverso la TV, captando anche visioni del futuro, mescolando sogno e realtà, mentre altri personaggi (reali? fantasmi? proiezioni mentali?) si aggirano sul palco.

Ultimo capitolo della trilogia del romanzo di Walter Tevis L’uomo che cadde sulla Terra, pubblicato nel 1966 , e dell’omonimo film in cui Bowie ha impersonato l’alieno Newton uscito 40 anni fa, in Lazarus l’extraterrestre è ancora prigioniero sul nostro pianeta in una condizione di esilio volontario. Vorrebbe rimanere da solo a bere gin, ma le visite di Valentine (Roberto Latini), Elly (Michela Lucenti) e poi di una ragazza (Casadilego) “disturbano” la sua solitudine, dandogli anche però un’ultima speranza, quella di poterla far finita sulla Terra, fuggendo con un raggio spaziale verso l’ignoto del cielo.
In conferenza stampa Agnelli si racconta contento di questo ruolo per cui è stato scelto dal regista Valter Malosti: “Ascolto David Bowie sin da piccolo e prima di iniziare questa bellissima avventura l’ho risentito, perché avevo paura di dimenticarlo. Così non è stato. Ma attenzione: sul palco, quando verrete a vedere Lazarus, non ci sarà David Bowie. Lui ha scritto quest’opera rock perché lo recitasse un attore, ma anche canzoni che non avrebbe dovuto interpretare. Anche se non è stato difficile immedesimarmi nel ruolo, proprio perché i temi affrontati mi sono molto vicini”.

La perdita, il dolore, l’invecchiamento, l’isolamento e l’orrore del mondo: non proprio una passeggiata all’aria aperta di campagna, piuttosto spunti per riflettere sul presente e sul futuro, attraverso la poetica di Bowie, anche lui alieno, diverso, freak, geniale e perturbante nel suo essere così all’avanguardia in un secolo non ancora “pronto” a comprendere un artista del suo calibro.
Nella versione ora in scena al Piccolo le canzoni dell’opera, alcune originali di Bowie, altre 4 indediti, appositamente scritte per Lazarus, sono cantate in lingua originale, l’inglese, con sottotitoli in italiano, mentre le parti recitate sono in italiano. Agnelli canta Bowie e non rischia l’imitazione, ci mette soggettività e personalità, l’interpretazione di una Heroes finale rallentata è davvero bella, quando sussurra “we could be Heroes, just for one day”. Ma a stupire molto di più è Casadilego, vincitrice di X fact 2020, che con grazia e voce morbida interpreta una Life on Mars così toccante da farci essere davvero tra le stelle.

Lo spettacolo, in scena (e sold out) sarà a Milano fino al 28 maggio, per poi continuare la tournee a giugno a Torino e a Bari. Non si esclude però l’arrivo di nuove date nella stagione autunnale, con la remise degli spettacoli teatrali.
