I Maisie dopo nove anni. I Maisie dopo nove, lunghissimi, interminabili anni. Il travaglio. Il lungo travaglio. Il travaglio più lungo di sempre. Mamma, ho le voglie da nove anni, ho “le voglie di cosce e sigaretta”. Mamma sono incinta ma partorisco tra nove anni perché la creatura deve crescere sana, forte e bellissima. Mio figlio sarà alto, biondo, rosso e moro, con gli occhi azzurri, verdi e neri. Avrà la pelle bianchissima. Anzi no, avrà la pelle scurissima. Sarà un tuareg. O forse no. Sarà un normanno. Si, sarà uno splendido normanno siculo. E sarà muscoloso, molto muscoloso. Sarà totale. E da grande farà il tronista in TV, sarà un opinionista alla corte di sua Maestà Barbara D’Urso. E poi farà l’attore. Anzi no, ho deciso, sarà una famosa rockstar con capelli lunghi e sporchi stile Povia, o forse avrà i capelli corti e grigi stile Ligabue, o forse avrà la brillantina, un giubbetto di pelle, le borchie, le spille e dei pesantissimi anfibi chiodati neri. Come Pippo Franco. Si, proprio come Pippo Franco quando celebrava il suo ego. Che fico! Si, che fico! Un bronzo di Riace, solo che si è trasferito da cinque anni a Busto Arsizio. Tutto torna, come sempre. Tutto come prima. Repetita iuvant. Vasco ti voglio talmente bene che se ti incontrassi a Zocca potrei abbracciarti per un giorno intero, ma che dico un giorno intero, per una vita intera! Modena Park ieri e oggi. I Maisie fuori dal contesto nazionale, la modernità ci piace ma non troppo, ci fa talmente schifo che la facciamo a pezzi, “facciamo un po’ il cazzo che ci pare” (Corrado Guzzanti dixit), un tempo suonavamo la no-wave, ora cantiamo l’Italia a modo nostro, come nessun altro, perché siamo anticonformisti, perché vogliamo sfidare il mondo intero, perché siamo estemporanei, perché siamo talmente contemporanei e provocatori che raccontiamo tutto e niente che neanche Beppe Grillo nei suoi show autoreferenziali.
“Maledette Rockstar”, il secondo doppio album, trentuno brani, due ore e ventotto miunuti, il settimo album firmato Maisie, il settimo sigillo di una band che oggi si presenta come un vero e proprio collettivo di quattordici artisti, tra nuovi volti e vecchie reminiscenze di casa Snowdonia (in ordine rigorosamente alfabetico Alberto Scotti, Alberto De Benedetti, Andrea Tich, Carmen D’Onofrio, Cinzia La Fauci, Donato Epiro, Emiliano Rubbi, Eugenio Vicedomini, Luigi Porto, Massimo Palermo, Michele Alessi, Nico Sambo, Serena Tringali e Walter Sguazzin).
“Maledette Rockstar”, la cui produzione è affidata al romano Emiliano Rubbi, è l’enciclopedia musicale italiana rivisitata e aggiornata al 2018, è la Treccani stilata e redatta nel 2018, è il potere del sapere, è il potere della musica, è la nuova Bibbia, il nuovo Testamento che consacra definitivamente Alberto Scotti (autore della maggior parte dei testi) come l’Ivan Graziani versione 2.0 perché, come il cantautore abruzzese, non scrive semplici testi, ma racconti, storie di vita vissuta, di vita immaginata, di paradossi umoristici racchiusi in una modernità farcita da fisici anoressici, false propagande elettorali, visioni mistiche, false credenze nostrane, falsi eroi, falsi ideali, false dichiarazioni d’amore, false rockstar, falsi miti, fantasie porno-amatoriali e satira d’antan. “Maledette Rockstar” è oltre il limite, l’Opera mastodontica, emozioni su emozioni, flashback su flashback, la storia della musica italiana come solo i Maisie sanno fare, l’album più strutturato e complesso, la Magnum Opus in cui si racchiudono piccole bordate grindcore-noise (“Un programma politico sintetico, inefficace ma divertente”), in cui la canzone popolare e il folk vanno a braccetto tra i mercati popolari siciliani, in cui il rock italiano di “Ozzy ha un nuovo pantalone” diventa il nuovo inno al pacco, la nuova religione proclamata dal Vaticano, e ancora un’isterica Loredana Bertè (vedi Carmen D’Onofrio nella title-track), Rita Pavone che sbeffeggia i Rokes (“Io sono una rockstar”), la marcia propagandistica di Nico Sambo (“Saggio breve di straordinaria sagacia sul rapporto tra la “sinistra” italiana e i suoi elettori tra il 1994 e il 2013”), il modus operandi di Lucio Battisti in “Amore E Non Amore” con il prog (folk) strumentale di “Dottor Marchionne, mi dispiace comunicare che il suo tumore è maligno: le restano al massimo due settimane di vita”, i morbidi intrecci chitarristici in chiave “Sonic Nurse”, l’hip-hop italico (prima Cinzia La Fauci in “Sono sempre i migliori che se ne vanno”, poi il Piotta nel finale “Hyperbaric rendez-vous”), la cover di “Che fico!” (Pippo Franco riletto ancora una volta da Cinzia La Fauci) e più di settanta ospiti (Diego Palazzo – Egokid, Le Forbici di Manitù, Vittorio Nistri – Deadburger, Andrea Tich, Bruno Dorella, Piotta, Dino Draghen e Nicola Mazzocca – Klippa Kloppa, Massimiliano Raffa – Johann Sebastian Punk, Daniele Ferrante – Zweisamkeit, Claudio Milano, Ance e via dicendo) che intessano tutte le ragnatele musicali dell’ennesimo capolavoro discografico firmato Maisie che, come nove anni fa, si ripresentano al pubblico con un album totale, enorme, il gigante buono che racconta e canta l’Italia di oggi come solo pochi sanno fare.
