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Reportage Live

La raffinata arte di essere (e far ballare) RÓISÍN MURPHY: il concerto di Milano

L’altra metà del cielo del leggendario progetto dance Moloko è stata di nuovo in Italia, in un’unica data e show artistico costruito ad hoc per ammaliarci, intrattenerci e farci capire senza mezzi termini che siamo le versioni migliori di noi stessi quando siamo in pista a scatenarci.

Articolo di Marzia Picciano | Foto di Marco Arici

Essere irlandesi pare sia un must della stagione culturale che viviamo e Róisín Murphy lo è, anche da parecchio, diciamo da sempre (!) ma soprattutto è stata tanto altro, e lo è ancora. Quando vedi un’artista come lei hai la percezione plastica di comprendere il termine polùmetis, che alla fine lo era Ulisse per Omero, dalle mille sfaccettature e arguzie. E nel live dell’Alcatraz del 19 marzo, unica data per l’artista in Italia, ovviamente a Milano, non ha dato motivo al suo pubblico altrettanto polimorfo di non crederlo.

Del resto di chi stiamo parlando: l’altra metà di Mark Brydon e dei Moloko, una pioniera (si, questo termine le si addice davvero) dell’elettronica e della dance, un’artista che si è presa anni per capire chi era e cosa voleva fare considerando le mille influenze raccolte e rielaborate sotto forma di hit, capace di mettere insieme il sound della Carrà a quello della minimal (ma del resto, le connessioni famigliari le sono di aiuto). Un soggetto incredibilmente affascinante, io sono qui per un buon 50% come richiamo al fascino di questa figura quasi senza tempo. L’altro 50% è per ballare.

Roisin Murphy in concerto all’Alcatraz di Milano, foto di Marco Arici per www.rockon.it

Cosa dire di Róisín? Se Pitchfork aveva detto di Robyn e del suo ballare da sola che l’elemento che determinava la bellezza della sua produzione era (ed è) la malinconia, quello che ci attanaglia nel sentire la Murphy e vederla muoversi sul palco, cos’è? Una future nostalgia di un electro-pop estremamente raffinato, con diversi innesti del repertorio del suo storico duo (si inizia e si chiude con Pure Pleasure Seeker), perchè il passato non si rinnega anzi si interpreta e valorizza; un sound mai scontato, condito di brazilian vibes e techno al limite del modernismo brutale, si, ma mai cacofonico, e come si potrebbe con quella voce roca e suadente? È l’ironia che Róisín porta sul palco, nei suoi album, nel suo sguardo cosi intensamente magnetico che lancia al pubblico, in camera, ovunque, nei suoi innumerevoli cambi d’abito, tutti rigorosamente quasi a ridosso del palco, sfondando buffescamente le pareti del metateatro.

L’ironia, ecco, è per me quello che sta dietro la Murphy e lo show di ieri sera, il leitmotiv dello European Tour che si è portata a casa diversi sold out in varie capitali. Lungi dal volersi porre come un momento da greatest hits collection (una marcia funebre, quasi), la Murphy ha messo su una commedia della dance che spazia dagli anni ’90 ai giorni post-moderni del sincretismo rock-elettronico sottolineando un grande punto di verità, spesso poco immediato, abituati come siamo a considerare un genere musicale adatto per qualcosa piuttosto che per altro: quando la gente balla è sicuramente, e onestamente, sincera. Hips don’t lie diceva qualcuno, e su questo assunto assoluto sono d’accordo: il modo in cui qualcuno si muove per ballare, quindi per rompere uno schema di rigidità in cui siamo ordinariamente reclusi, è un grande specchio della nostra anima e persona. È una risposta istintiva a un ritmo, su cui cerchiamo la nostra confort zone, che potrebbe benissimo essere anche “non ballare”. Ma è rivelatore.

Roisin Murphy in concerto all’Alcatraz di Milano, foto di Marco Arici per www.rockon.it

E quando Róisín balla e si scatena sui suoi stessi ritmi, scuotendo cappelli pelosi o mostrandosi in silhouette al pubblico a mo’ di diva, saltando sui vertiginosi tacchi mattone (senza perdere nemmeno una caviglia), non ci sta dicendo qualcosa? O essendo lei l’artista ci guida, ci intrattiene, e ci mette a pari della sua stessa verità – che siamo tutti lì per guardarci in faccia per come siamo, quando scuotiamo braccia gambe e testa? È una sorta di maitre-Pierrot, ora in cappa e ora in tunica, ora ricoperta di pelo, ora avvolta in doppi petti oversized anni 90; una sciamana conn l’appeal vocale di Donna Summer, ricca di fascino. E anche se nella grandiosità della sua opera omnia di spettacolo all’inizio si rimane un pó perplessi alla vista di una Róisín formato Donkey Kong (e il palco dell’Alcatraz sembra troppo minuto per ricevere una tale dose di creatività), bastano pochi pezzi per finire catapultati nell’ipnoticità di questa donna e del suo team di incantatori di serpenti.

Si inizia con un pezzo storico, si passa ai synth ritmatissimi di Dear Miami (oltre al look da Tubbs e Crockett) e si muore nel groove di Simulation e Overpowered che spalancano la porta alla voglia di portarsi via il dancefloor. Da lì è un loop di energia e di cerchi magnetici che si allargano e restringono in un movimento respiratorio di un’aura potentissima su uno schermo che spesso porta la camera direttamente sul pubblico – dicevamo sullo specchio dell’anima? La Murphy e lo sa e ci vuole o fregare o aiutare. Come non pensarlo in Can’t Replicate, dove Róisín punta la telecamera su un primo piano facciale di lei, spalle al pubblico, il pubblico anche lui dietro, in obiettivo, sullo schermo, insieme ai suoi occhi, e con questa immagine quasi disperatamente ci indica e dice: “But, baby, you found me, before I found you/I let you see/But I can’t replicate you”?

Roisin Murphy in concerto all’Alcatraz di Milano, foto di Marco Arici per www.rockon.it

Impossibile tener conto di tutti i passaggi, studiati, di questa sibilla della dance. Una figura che sicuramente non si è fermata a una interpretazione unica di cosa vuol dire “far ballare” le persone (ricordiamoci che nel 2014 si è messa a cantare in italiano con il Mi Senti EP e tutt’ora mi ossessiona con la sua Ancora Tu). Si è presentata ieri con un bambolotto attaccato a collana e l’ha cullato su You Knew mentre la folla ondeggiava. È passata a una sorta di Dumbo dance su quel mantra malato che spinge Ramalama (Bang Bang). Ha abbracciato tutta la prima fila del pit in The Universe. È stata un Milord velato carico di ambiguità tra Incapable e Something More. Ha donato una versione alla Ninos du Brazil di Say It Back che mi ha portata mentalmente al mio chioschetto preferito in spiaggia.

E tutto, sempre, mai smettendo di evidenziare l’altra grande verità dietro la sincerità del ballo: l’istinto animale che lo guida, la ricerca del piacere, del bello. Siamo tutti Platoni che guardano a delle bellissime idee mentre balliamo, o mettiamo in pratica quello che fanno gli animali quando inscenano un corteggiamento? Arruffiamo le piume, ci parliamo con voce suadente? Il mondo di Róisín Murphy non è una asettica stanza da ballo con luci epilettiche, ma un pudico soft porn che allevia questo nostro esistere brutale e automatico: non si concretizza in un atto, si realizza in sguardi, atmosfere sincopate e palette di colori caldi e freddi, in sguardi teatrali (e ancora, magnifici doppio-petto). Niente di più irreale, soffuso e perfetto, niente di più raffinato.

Roisin Murphy in concerto all’Alcatraz di Milano, foto di Marco Arici per www.rockon.it

Chissà se mentre siamo persi nelle nostre dancefloor quelle (poche, per me) volte che siamo su una pista con un drink di troppo o di meno del corpo ci fermiamo a pensare alla perfetta armonia che rappresentiamo muovendoci nel nostro personale modo. Che poi ci fa sentire speciali. Terza grande verità: ci vuole altro per essere speciali, Róisín lo è e lo abbiamo visto ieri perche fare quello che ha fatto rimanendo assolutamente credibile è da persone speciali. Ma non è un problema, nè un fallimento, sarebbe molto meglio capire la bellezza di essere semplicemente umani e apprezzare una serata, un momento di assoluto movimento e libertà piuttosto che inventarci motivi per spaccare uno schermo o sbancare il lunario della nostra capacità di auto-accettazione. Come lo avrebbe detto lei: divertiamoci a essere chi siamo, finchè possiamo. Anche se è solo per due ore.

Clicca qui per vedere le foto del concerto di ROISIN MURPHY a Milano o sfoglia la gallery qui sotto

Roisin Murphy

RÓISÍN MURPHY – La Scaletta del Concerto

Pure Pleasure Seeker (Moloko song)

Dear Miami

Simulation

Overpowered

CooCool

The Universe

Crazy Ants Reprise

You Knew

The Time Is Now (Moloko song)

Incapable

Something More

Let Me Know

Sing It Back

(Moloko song) (with snippet of Murphy’s Law)

Can’t Replicate

Ramalama (Bang Bang)

Encore:

Forever More (Moloko song)

Hit Parade

Pure Pleasure Seeker (outro) (Moloko song)

Written By

Dall’Adriatico centrale (quello forte e gentile), trapiantata a Milano passando per anni di casa spirituale, a Roma. Di giorno mi occupo di relazioni e istituzioni, la sera dormo poco, nel frattempo ascolto un sacco di musica. Da fan scatenata della trasparenza a tutti i costi, ho accettato da tempo il fatto di essere prolissa, chiacchierona e soprattutto una pessima interprete della sintassi italiana. Se potessi sposerei Bill Murray.

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