Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Andrea Ripamonti
Meno male che nel 2001 in quel dell’Hertfordshire, in Inghilterra, il piccolo James si è messo a frugare nell’armadio del padre, dove ha trovato una chitarra arrugginita e impolverata. Meno male che, nello stesso periodo, ascoltare Eric Clapton gli ha fatto nascere il desiderio di imparare a suonarla. Perché, se tutto questo non fosse successo, oggi non saremmo qui a parlare di un artista pluripremiato che dal 2014 ad oggi ha scalato le classifiche mondiali. Sono passati già dieci anni dall’uscita di Let It Go, canzone degli esordi che lo ha fatto esplodere agli occhi del mondo, oggi membro ufficiale del Billions Club di Spotify grazie a ben tre miliardi di streaming.
James Bay è tornato per presentare il suo quarto album, Changes All The Time, uscito nell’ottobre scorso, co-prodotto con Gabe Simons. Quella all’Alcatraz di Milano è stata la seconda data del tour europeo, dopo il kick off a Parigi, nonché l’unica tappa italiana dell’Up All Night Tour. Palco piccolo per il bardo del pop folk inglese ma un pubblico che ha riempito ogni centimetro di spazio disponibile, arrivando fino alle porte. Uomini e donne, giovani ma anche meno giovani, che per un’ora e venti hanno subito il fascino di questo trentenne simpatico e ammiccante, dal fisico esile sotto il caratteristico cappello a tesa larga che lo accompagna sempre, e dalle indimenticabili abilità strumentali e artistiche.

Ad aprire la serata è stata la connazionale Àine Deane (“si pronuncia Onya” come precisa sul suo profilo Instagram), giovane cantautrice inglese che si è fatta notare postando cover e canzoni originali su Tik Tok nel periodo della pandemia. Sale sul palco con un abito a frange luccicanti, un sorriso dolce e la sua chitarra: il modo naturale di interagire, quasi una chiacchiera tra amici, e canzoni che raccontano il suo mondo interiore con leggerezza – come Gut Feeling, Handmedowns o World’s Most Famous Mistake – conquistano sin da subito il pubblico dell’Alcatraz, che la sostiene con applausi convinti.
Bisognerà attendere il canonico quarto d’ora accademico dopo il previsto orario di inizio (le nove), per sentire le prime note di Up All Night, la canzone del nuovo album che dà il titolo al tour 2025. Non poteva esserci scelta migliore per dare il via di questo brano realizzato in collaborazione (come sarà per altri titoli di Changes All The Time) con The Lumineers e Noah Kahan. L’intro di chitarra è potente, anche grazie agli effetti di luce sparati dal triangolo composto da rettangoli luminosi sistemato sullo sfondo del palco. La canzone è vivace e contagiosa, e la reazione del pubblico è immediata. Si canta tutti.
Give Me The Reason segue immediatamente con il primo dei tanti meravigliosi (non ci sono altri termini per definirli) assoli di chitarra che accompagneranno l’esibizione di Bay per tutta la sera. Sembra quasi che le canzoni siano messe lì proprio per questi momenti. Per quasi ogni brano c’è un cambio di chitarra ma, qualunque esso sia, appena viene messo al collo lo strumento diventa parte del suo corpo e con naturalezza si muove insieme a tutto il resto, dando vita a un ritmo musicale e fisico che cattura occhi e orecchie.

If You Ever Want to Be in Love è riconosciuta dalla prima nota e risuona nelle voci di tutto il parterre come Drunk Sugar High, che lascia tutti a bocca aperta con un infinito e vertiginoso assolo, e Us, che la segue subito dopo. Let It Go non ha bisogno di presentazioni ma il cantante lo fa lo stesso annunciandola come una canzone che ha quindici anni, per poi correggersi precisando che ne ha undici. James, proprio questa non la dovevi sbagliare. Comunque, che tutti la cantassero a squarciagola era il minimo che potesse succedere.
Scars resta struggente come nell’originale e ci cattura con le sue armonie dolorose. Tutti abbiamo qualche cicatrice che fa male in quel momento. La triade Peer Pressure / Craving / Pink Lemonade scatena gli animi ed è sicuramente il momento più divertente di tutto il concerto.

Arriva Easy Distraction ed è impossibile non amarla anche in versione live. Scritta con Brandon Flowers dei The Killers, ha quella allegria malinconica che da sempre caratterizza la band americana. Il ritmo della canzone è incalzante e coinvolgente mentre racconta come si cerca (inutilmente) di raggiungere una persona quando ormai è troppo tardi. Hope rallenta il ritmo con le sue armonie dolci e inevitabilmente si alzano le torce dei cellulari. Per Wanderlust Bay toglie il cappello e da lì in poi non lo rimetterà più.
Best Fake Smile la cantano tutti, ma il momento di Dogfight è da brivido con il pubblico immobile, quasi congelato, ad ascoltare la chitarra di Bay per poi scatenarsi cantando tutti insieme “it’s gonna be alright” con una voglia di speranza che riempie il locale milanese e i cuori di tutti.

Tempo di una finta pausa, con i tecnici che sembrano cominciare a smontare le attrezzature, e il rientro è più carico che mai. Cosa ci aspetti è facile da indovinare perché manca una delle hit che hanno reso famoso questo 34enne inglese.
Hold Back The River è la degna chiusura di questa serata, sin da quell’indimenticabile fingerpicking iniziale che l’ha resa così famosa.
Il saluto finale è corale, il cantante abbraccia la band e si inchinano tutti insieme. Nei suoi interventi tra una canzone e l’altra, Bay ha scherzato e ringraziato più volte il pubblico, promettendo di tornare presto. Ci contiamo, James, dobbiamo recuperare i pezzi di cuore rimasti attaccati alla tua chitarra.
Clicca qui per vedere le foto di James Bay + Áine Deane all’Alcatraz di Milano (o scorri la gallery qui sotto)
JAMES BAY – la scaletta del concerto di Milano
- Up All Night
- Give Me The Reason
- If You Ever Want To Be In Love
- Sugar Drunk High
- Us
- Let It Go
- Wild Love
- Some People
- Scars
- Peer Pressure
- Craving
- Pink Lemonade
- Easy Distraction
- Hope
- Wanderlust
- Best Fake Smile
- Dogfight
Encore:
- Hold Back The River
