Articolo di Matteo Pirovano | Foto di Davide Merli
E bravi “merdallari”! Se Mike Patton avesse potuto tastare con mano il calore e la resistenza alle intemperie del pubblico milanese nella prima uscita rock “estiva” di questo 2019 si sarebbe sicuramente ripetuto nel suo neologismo, insultandoci simpaticamente come allora.
Sono passati quasi quattro anni dal mezzo disastro organizzativo del Sonisphere 2015, un’edizione che verrà ricordata ancora a lungo per la scelta infelice della location e per lo strascico di polemiche (più che giuste) che si sono susseguite nei mesi.
In questi quattro anni la band californiana ha sfornato il decimo capitolo in studio della propria ormai quasi quarantennale carriera, nonché un disco acustico a fine benefico, di recentissima pubblicazione, composto in gran parte da cover.
Quella dell’ippodromo, ennesima data del WorldWired Tour (con 170 date uno dei più lunghi della carriera), è stata quindi, per chi si fosse perso le date del 2018, un’occasione ghiotta per sentire la resa live delle “nuove” canzoni. Virgolettato obbligato visto che Hardwired…To Self-Destruct, disco di parziale riconciliazione col pubblico della prima era, di anni ne ha già ben due.
A scaldare il numerosissimo e infreddolito pubblico sono stati chiamati gli svedesi Bokassa (a quanto si dice in giro sono la nuova ossessione di Lars) e i Ghost di Tobias Forge che, tra una causa legale e l’altra, è qui per presentarci il nuovo Prequelle nelle vesti del suo ennesimo alter ego di scena, questa volta chiamato Cardinal Copia.
Inghiottiti dal traffico milanese di una tipica giornata uggiosa non riusciamo ad arrivare in tempo per il set dei Bokassa, ma arriviamo al momento giusto per gustarci buona parte di quello della band di Linkoping.
Ero davvero curioso di palpare con mano la reazione dei fan dei four horsemen, notoriamente intransigenti, alla proposta musicale dei Ghost che, a dispetto di un’immagine teatralmente molto dark, mischiano insieme elementi piuttosto distanti dall’ambiente prettamente metal.
Uno stile variegato che spazia da territori quasi doom ad altri decisamente pop. Contrariamente alle mie aspettative la band svedese rapisce convincendo l’esigente pubblico dei Metallica e la loro esibizione scivola via piacevole in un’ora circa.
Nel frattempo le nubi si sono addensate e sembrano sempre più minacciose e cariche di pioggia.
Lo strepitoso palco di questa sera, di fatto un gigantesco monitor led incorniciato ai lati dalle lettere M e A, è scoperto e il timore che lo show possa ad un certo punto interrompersi inizia a serpeggiare tra la folla. Ma così non andrà.
Sono le 20.45 quando dall’impianto audio escono le note dell’ormai classica cover di The Ecstasy of Gold di Ennio Morricone. Non c’è tempo per metabolizzare l’entusiasmo di quell’istante elettrico che anticipa ogni show che la band è già sul palco catapultata nell’esecuzione di Hardwired, per quanto mi riguarda uno dei singoli più semplici ma convincenti degli ultimi 25 anni. Tre funambolici minuti che, riff dopo riff, ci portano dritti in territorio ReLoad con l’ormai immancabile The Memory Remains. Purtroppo l’audio è al limite dell’accettabile ed è difficile trovare la posizione giusta per godersi al meglio un concerto di questa caratura. Probabilmente chi si trovava all’interno dell’area PIT non avrà avuto problemi ma vi assicuro che alla sinistra del palco, nella zona unica, l’audio arrivava come a ondate e il timore di non potersi godere a dovere l’evento ha spaventato me e chi mi stava a fianco.
Le cose tuttavia si sistemano leggermente pezzo dopo pezzo (senza mai arrivare comunque a un livello qualitativo accettabile), giusto in tempo per sentire cristallinamente James rivolgere al pubblico la seguente domanda dalla scontata risposta: “Volete sentire un po’ della vecchia roba?”
Tocca quindi a Ride The Lightning infiammare l’aria dell’ippodromo.
La band macina note su note alternando cose ottime a altre meno buone (non mi dilungherò troppo sulla prova di Lars che, come al solito, si perde in più di un’occasione). Lo show si è diviso fondamentalmente in due parti, la prima dall’imprinting più rock durante la quale sono stati eseguiti pezzi più recenti e qualche chicca (The God that Failed) e una seconda parte sotto l’acqua battente nella quale si sono concentrati i cavalli di battaglia della band. Da segnalare a metà show (al termine di Halo on Fire) l’ormai consueto siparietto tra Robert (ennesima prova MOSTRUOSA) e Kirk durante il quale i due si sono lanciati in una frettolosa rivisitazione di El Diablo dei Litfiba, scelta decisamente più apprezzata dal pubblico rispetto alla cover di Vasco proposta a Torino lo scorso anno. Da One in poi (con il suo suggestivo spettacolo di laser, fiamme e fuochi d’artificio) lo show si è trasformato in un vero e proprio greatest hits con le esecuzioni a catena di Master of Puppets, un’epica For Whom the Bell Tolls (con James intento a scrollarsi dal viso l’acqua in più di un’occasione), l’anthemica Creeping Death e una monumentale Seek & Destroy, durante la quale è apparsa sullo schermo l’immagine del mitico biglietto del concerto che i Metallica tennero a Milano al Teatro Tenda nell’ormai lontanissimo 1984, tra le grida entusiaste del mio pelato vicino over 50 che ha ripetuto incessantemente per quattro minuti “Io c’ero!”.
C’è stato ancora il tempo per un bis di tre pezzi composto dalla nuova Lords of Summer e le scontate Nothing Else Matters e Enter Sandman durante le quali, purtroppo, gran parte del pubblico ha iniziato a dirigersi frettolosamente verso l’uscita a causa della quantità di pioggia a quel punto diventata davvero insostenibile.
Una prova generosa da parte di una band che non si è risparmiata nonostante il diluvio e qualche contrattempo da essa causato (Hammett vola letteralmente per terra scivolando sulla pedaliera durante l’assolo di Moth Into Flame), contrariamente a tanti esimi colleghi che se la sarebbero data a gambe dopo le prime due gocce. Generosità ricompensata alla grande dal solito folle amore che i fan italiani riversano su di loro da quasi quarant’anni, stabilendo per l’occasione il nuovo record di affluenza all’ippodromo con 47427 presenze accertate nonostante un clima ampiamente annunciato come non favorevole.
Mentre sto correndo verso la metro noto un bambino piccolo sulle spalle del padre accompagnato da una terza persona più anziana. Hanno tutti e 3 la stessa identica t-shirt di Kill ‘em All. Capisco che sono padre, figlio e nipote e che i Metallica sono riusciti nella difficile impresa di unire tre differenti generazioni. Mi scrollo l’acqua (?) dalla faccia, sorrido e li saluto.
Clicca qui per vedere le foto dei Metallica a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
METALLICA – La scaletta del concerto di Milano
The Ecstasy of Gold(Ennio Morricone)
Hardwired
The Memory Remains
Ride the Lightning
The God that Failed
The Unforgiven
Here Comes Revenge
Moth Into Flame
Sad but True
Halo on Fire
St. Anger
One
Master of Puppets
For Whom the Bell Tolls
Creeping Death
Seek & Destroy
Encore:
Lords of Summer
Nothing Else Matters
Enter Sandman

Stefano
09/05/2019 at 18:28
LA GENTE STAVA USCENDO PRIMA DELL AFINE DEL CONCERTO PURE INCAZZATA PER AVER SPESO 86 EURO PER SCOLTARE DEL RUMORE. QUELLO ERA. ALTOPARLANTI MARCI IN PIENA DISTORSIONE CHE GRACCHIAVANO. NULLA A CHE VEDERE CON I LORO CONCERTI A ROMA A UDINE E BOLOGNA . MANCO HANNO FATTO IL SOLITO CHECK SOUND! UNA PENA PROPRIO. MONITOR CHE ANDAVANO A SCATTI. QUALITA SOTTO LE SCARPE. EFFETTI SPECIALI RIDOTTI AI MINIMI TERMINI. UNS PRESS X I FONDELLI. L ULTIMO DEI PROBLEMI È STATO IL TEMPO.
Giuseppe
09/05/2019 at 21:11
Stefano, hai totalmente ragione.
A volte non si sentiva la voce, a volte il basso.
Un organizzazione pessima che ha rovinato un evento fantastico.
Dovrebbero ridarci i soldi.
VERGOGNOSO!!!!!!
Endy Prandini
10/05/2019 at 21:38
Mezzo disastro organizzativo??? Ventiquattro anni di concerti e festival e quello me lo ricordo come una porcilaia maledetta. Per il resto bravo.