Articolo di Adriana Panico (Napoli) | Foto di Giulia Troncon (Bologna)
Dargen D’amico con “Ciao America” e un tacito “Buonasera al mondo partenopeo” chiude il suo tour a teatro a Napoli tra patatine, sangue amaro e soprattutto dove si balla.
Nella Partenope così in voga negli ultimi tempi, vista e rivista in film, serie tv, clip musicali, spot pubblicitari e touristic-realtà, è arrivato Jacopo Matteo Luca D’Amico, il rapper e cantautore milanese con tanti nomi e tantissimi occhiali da sole noto al pubblico come Dargen D’Amico.
Appuntamento nei vicoli della città, al riparo dal caos folcloristico di Spaccanapoli, non lontano dalla casa natale di Totò, davanti a un teatro che da quasi venti anni ospita artisti e compagnie nazionali e internazionali. La temperatura della sala è bella calda forse anche per via del clima ancora decisamente estivo da queste parti.
Tempo una manciata di canzoni e, infatti, anche Dargen comincia ad asciugarsi la fronte. Nel suo caso deve aver contribuito l’outfit da camera, nel vero senso della parola, considerando che appare on stage praticamente in pigiama con tanto di vestaglia e pantofole. È in compagnia della band di fidati musicisti e collaboratori, tra cui Marilena Montarone al basso, Tommaso Ruggeri alla batteria, Giacomo Ruggeri alle chitarre, Giulia Monti al violoncello, Alberto Venturini al sax, clarinetto, percussioni, Priscilla Panseri alla viola, e il polistrumentista Diego Maggi, per chiudere con il sold out il tour che ha già fatto tappa a Milano, Roma e Bologna presentando l’ultimo progetto discografico “Ciao America”.
La scaletta propone un mix di canzoni vecchie e nuove attingendo da un repertorio che conta più di dieci album distinti dall’anno di pubblicazione, accomunati dai temi affrontati: amicizie e storie d’amore più o meno deluse, rapporti parentali irrisolti, questioni sociali, attualità e contraddizioni del nostro tempo. La vita di tutti noi, insomma. Perché Dargen è proprio uno di noi, noi che cantiamo con lui (e di fatti di tanto in tanto gira il microfono verso di noi per ascoltarci ancora meglio), noi che “mangiamo orientale per sognare qualche fuoriprogramma” e andiamo avanti a Patatine, noi soggetti a globalizzazioni che non risparmiano neppure le acconciature (come racconta nell’aneddoto di Home made cavei che ha a che fare con Napoli, Tirano e Aldo Coppola), noi che arriviamo alle 6 di sera anche senza parlare, con un Patto di fango all’orizzonte o alla nascita, noi che rimediamo qualcosa per il Sangue amaro.

Noi, in questa sala raccolta con le luci per la gran parte del tempo soffuse, vuol dire Generazione Y e Z, con punte di X e qualche boomer. Seguiamo le note con la voce, lanciamo qualche ”amò” (diminutivo di amore) e “sei bellissimo” per far sentire Jacopo al sicuro, a casa, e soprattutto adattiamo l’altezza dei corpi al ritmo che ci propone la gang sul palco.
Scattiamo dalle sedute e saltiamo sulle note di Dove si balla, il tormentone tutto pop Anni 90 ed eurodance presentato a Sanremo nel 2022 con l’auspicio di recuperare un po’ di leggerezza e di movimento portati via dalla pandemia, o di Energia electronica che fa di questo teatro un simil rave con tanto di lunghissimo momento strumentale al neon di luci verdi nell’oscurità.
Sprofondiamo nelle poltroncine rosse del teatro con Ama Noi, che riprende il tema della quarantena e dei rapporti umani in versione rap ballad con le note al pianoforte che infondono speranza (“nonostante tutto non c’è tristezza in questa stanza” ), ma anche sulle proposte dell’encore con tanto di cambio d’abito, un completo camicia e pantalone azzurro tenue con uno spicchio di pizza che fa capolinea dalla tasca, aperto dal rap di Come l’Italia e San Marino in cui afferma che non sarà un disco a correggere il mondo se non l’ha cambiato Dalla con Com’è profondo, o nelle rime solo voce senza musica di Io, quello che credo, il vero e proprio credo o testamento intimista del nostro eclettico rapper D’Argen(to) dal cuore e dalla penna d’oro, che ha fatto del suo cantautoratorap il veicolo del “tutto durerà in eterno perché nessun sogno termina”.
Questo live che ha tenuto insieme rap, hip hop, funky, bluebeat e una bella cover di un grande classico del panorama musicale italiano quale La Bambola, si chiude con il ritmo coinvolgente (tutti in piedi!) dell’altro e più recente brano sanremese, Onda alta, un’altra fotografia della realtà, nello specifico quella che riguarda i migranti, le vite di chi sfida il mare, spesso perdendo, perché in fuga dalla guerra. Dal pubblico spontaneamente in prima fila, uno striscione che recita “non siamo solo salvagenti su una barca” viene aperto proprio davanti al palco richiamando una strofa della canzone appena suonata. La solidarietà abita in questo teatro. E via con l’ultimissimo brano in scaletta, Modigliani, un momento di raccoglimento sulla transitorietà della felicità, sull’ingannevole realizzazione nella superficialità della vita quotidiana, sul desiderio di connessioni profonde. Dargen esce di scena e resta solo la band sul palco che abbandona gli strumenti, fa un passo avanti e si prende il meritatissimo applauso. E ora? Per dirla con parole sue: “Cosa ci manca? Bella domanda!”
DARGEN D’AMICO – La scaletta del concerto di NAPOLI
Arrivi stai scomodo e te ne vai
La chiave
Patto di fango
Ubriaco di te
Ama noi
La bambola
Sangue amaro
Patatine
L’amore è quell’intertempo
Odio volare
Il ritorno delle stelle
È già
Maleducata
Amo Milano
Home made cavei
6 di sera
Dove si balla
Energia Electronica
ENCORE
Come l’Italia e San Marino
È troppo facile innamorarsi
Sei cannibale ma non sei cattiva
Io, quello che credo
Malpensandoti
Onda alta
Modigliani
